I lavoratori della Semat hanno incrociato le braccia stamani. Con la possibilità, peraltro, di tornare all’opera in caso di un documento aziendale, con impegni specifici e concreti, afferma un sindacalista Feneal Uil. Ovvero: pagamento regolare degli stipendi. I circa cinquecento lavoratori di quell’azienda dell’indotto Ilva, da un paio di anni in qua, percepiscono le retribuzioni molto a singhiozzo. Di sicuro c’entra il problema complessivo dell’appalto Ilva, con decine di milioni di euro arrivati con grave ritardo alle aziende impegnate dell’indotto. E cifre tuttora considerevoli che tardano ad essere saldate. Ma non può certo essere l’operaio Semat, o di qualsiasi altra impresa, a pagarne le conseguenze.
C’è poi una questione di prospettiva ed è legata ai tipi di contratti. Si fa sempre più strada il contratto della categoria multiservizi, meno oneroso per le imprese. Così chi mantiene in organico lavoratori con contratti per appartenenti a categorie specifiche, vedi edili, è svantaggiato al momento, ad esempio, di formulare offerte in sede di appalto. Ciò inevitabilmente condiziona l’acquisizione di commesse, a questo si aggiunga lo stop agli ammortizzatori sociali nel giro di qualche settimana e il quadro a tinte fosche è servito. Insomma una stretta sugli ingaggi da multiservizi è quanto dovrebbe avvenire in generale, per riportare a un minimo di normalità la situazione. Ovviamente, la gestione commissariale Ilva deve mettersi in pari con i pagamenti, resta quello il problema prioritario e impellente.
Aggiornamento qui:
Nessuno si illuda che la vendita a Mittal possa risolvere questo problema. I soldi degli indiani sono gia destinati a saldare le banche.