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Santa Maria Capua Vetere: il ruolo del tarantino dirigente del sistema delle carceri campane, le denunce di pestaggi da parte di detenuti Violenze nei penitenziari: sedici inchieste aperte, caso anche a Melfi? Le condanne di cinque carabinieri in servizio nella caserma di Piacenza. Ovvero, abbiamo un problema nazionale

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Melfi come Santa Maria Capua Vetere? Si susseguono le notizie riguardanti denunce per un pestaggio di detenuti nel carcere lucano. Sedici inchieste aperte in tutta Italia per ipotesi di maltrattamenti.

Intanto è di ieri la notizia delle condanne per cinque che erano in servizio come carabinieri in una caserma di Piacenza. Tortura e droga, fra le accuse a vario titolo. La condanna più pesante, nel processo di primo grado, nei confronti dell’appunto Montella: dodici anni di reclusione.

Santa Maria Capua Vetere, Melfi, Piacenza, denunce riguardanti Modena. Eccetera. L’Italia ha un (altro) problema.

Di Martino Abbracciavento:

Tutto, stando alle accuse, ha inizio il 6 aprile 2020, quando diversi agenti di polizia penitenziaria della struttura ed esterni ad essa, stando alle accuse violentano i detenuti di alcune sezioni del “reparto Nilo” del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Questo carcere, negli anni è stato varie volte descritto, dalle associazioni che si occupano dei diritti delle persone detenute, come un carcere mal tenuto, con scarse condizioni igieniche e infestato da insetti, a causa della vicinanza con una discarica.

Venendo ai fatti, ad inizio aprile dell’anno scorso, in alcune sezioni di uno dei reparti del carcere di Santa Maria Capua Vetere precisamente il “reparto Nilo” vi furono proteste e manifestazioni da parte dei detenuti, che in quell’occasione chiedevano la possibilità di avere mascherine e igienizzanti per le mani, al fine di ridurre il rischio di diffusione del covid nella struttura e nella stessa occasione contestavano la sospensione delle visite. La protesta aveva avuto inizio, dopo il diffondersi della notizia che un addetto alla distribuzione della spesa fosse risultato positivo al covid.

Il 5 aprile la protesta si era fatta sempre più intensa, infatti, in quella giornata, un centinaio di persone detenute avevano iniziato a protestare battendo contro le sbarre delle celle, e avevano continuato a chiedere che fossero distribuiti dispositivi di protezione individuale contro il covid. In quel periodo si erano inoltre registrate proteste simili anche in altre carceri come ad esempio quello di Foggia. Ed è proprio dopo quelle proteste, che diversi detenuti erano stati trasferiti dal carcere di Foggia a quello di Santa Maria Capua Vetere.

Il giorno dopo la protesta, il 6 aprile 2020, in un clima di relativa tranquillità, un nutrito gruppo tra agenti di polizia penitenziaria del carcere ed esterni, in particolare sovrintendenti, ispettori, commissari e appartenenti al Gruppo di supporto agli interventi, aveva dato luogo, secondo l’ipotesi di accusa, a perquisizioni personali arbitrarie e abusi di autorità, allo scopo di dare una risposta alle proteste del giorno precedente nel “reparto Nilo”.
L’iniziativa definita come una “perquisizione straordinaria generale”,  ora è denunciata come violenza nei confronti delle persone detenute. Nelle registrazioni video, si notano agenti con manganelli, che prendono a schiaffi, pugni e calci i detenuti che a loro volta, si vede chiaramente, provano a ripararsi dai colpi cercando di proteggersi la testa.

Secondo i magistrati dell’accusa, gli scopi dell’intervento al carcere sono evidenti, soprattutto leggendo alcuni messaggi che si scambiarono gli agenti coinvolti e ascoltando alcune intercettazioni telefoniche. In alcune conversazioni intercettate, infatti, si ritrovano espressioni come “li abbattiamo come i vitelli”, “domate il bestiame” e “domani chiave e piccone in mano” riferite alle persone detenute.
Nelle settimane successive alle violenze del 6 aprile, diversi detenuti ed ex detenuti usciti da poco dal carcere avevano denunciato quanto avvenuto nel reparto “Nilo”. Seguirono denunce ed esposti anche da parte di alcune associazioni, mentre diversi ospiti del carcere vennero trasferiti in altre strutture.

La procura di Santa Maria Capua Vetere, a tal proposito, ha emesso un’ordinanza a carico di 52 persone, che ha previsto l’arresto in carcere per 8 persone, 18 ai domiciliari e 23 misure interdittive con sospensione dal pubblico ufficio.
Tra i coinvolti anche il tarantino Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania, già vice direttore della casa circondariale di Taranto. Ad Antonio Fullone è stata notificata una misura di interdizione dalla funzione.

Secondo la magistratura, ai fatti del 6 aprile 2020 parteciparono 283 agenti, 144 dei quali provenivano dal carcere di Secondigliano, a Napoli, e per i quali è ancora in corso l’identificazione, in quanto avevano il volto coperto o indossavano un casco.

A seguito dei video pubblicati dei fatti del 6 aprile 2020, la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha definito la situazione come “un tradimento della Costituzione”, aggiungendo: “È un’offesa e un oltraggio alla dignità della persona dei detenuti e anche a quella divisa che ogni donna e ogni uomo della Polizia Penitenziaria deve portare con onore, per il difficile, fondamentale e delicato compito che è chiamato a svolgere”.

Vincenzo Cacace, ex detenuto sulla sedia a rotelle nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ricorda il pestaggio da parte della polizia penitenziaria avvenuto lo scorso aprile: “Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme con il mio piantone perché sono sulla sedia a rotelle. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità ma l’abbiamo mantenuta. Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali”. E aggiunge: “Non posso ripensarci, vado al manicomio. Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli”. Dichiarazioni riportate dall’Ansa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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