Ieri il responsabile del call center aveva detto che la sede di Taranto, continuando così, dovrà essere chiusa. Perché a Taranto, dice quel responsabile, Teleperformance, la multinazionale del call center, ottiene i risultati peggiori in Italia. Di seguito la risposta di Andrea Lumino, responsabile del sindacato Slc-Cgil il quale in un’altra sede ha anche detto essere stata, la sede tarantina di Teleperformance, quella migliore in termini di risultati ottenuti, secondo il riconoscimento di un importante committente del settore energia:
“Lascia francamente interdetti il contenuto della conferenza stampa che la dirigenza di Teleperformance Italia ha rilasciato oggi a Taranto – dichiara Riccardo Saccone, di Slc Cgil.
“Dopo aver usufruito in passato di circa 36 mesi di ammortizzatori sociali in deroga, dopo la sottoscrizione di un importante accordo sindacale che ha permesso all’azienda di abbattere del 12% il costo del lavoro, dandole un innegabile vantaggio competitivo nel settore e consentendole di recuperare importanti fette di mercato tanto da dover riaprire la filiale di Roma, oggi il massimo dirigente aziendale minaccia la chiusura di Taranto e il riposizionamento in Italia a vantaggio diretto della filiale in Albania, dove evidentemente i profitti sono di maggior gradimento.”
“E suonano surreali le varie “motivazioni” proposte: un sindacato che, banalmente, assolve al proprio dovere di tutela dei lavoratori; una regione, la Puglia, che non eroga i fondi nella quantità desiderata dall’azienda; la malattia dei lavoratori, la loro scarsa flessibilità. Tutto questo è inaccettabile e dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che non sia più rinviabile in Italia una norma che garantisca i lavoratori nei cambi di appalto e che, una buona volta, tolga i lavoratori dalla tenaglia del costante gioco a ribasso dei committenti e dalla sfrenata ricerca di profitti di certi imprenditori.”
“Sarà opportuno – conclude Saccone – che il Ministero del Lavoro e quello dello Sviluppo Economico, di cui si attende ancora la nuova convocazione del tavolo di crisi sui call center convocato ormai più di un mese fa, battano un colpo e mettano definitivamente fine a questo gioco al massacro sulla pelle di migliaia di cittadine e cittadini di questo Paese. In caso contrario di questi ricatti ne vedremo ancora molti. Per parte nostra simili atteggiamenti non fanno che rafforzare la nostra caparbia convinzione che nulla deve essere lasciato di intentato per evitare che 80.000 donne e uomini lavoratori nei call center continuino ad essere ostaggio di questa condizione.”