Di seguito un comunicato diffuso dallo studio Vitale di Ceglie Messapica:
L’Agenzia delle Entrata è stata condannata dal Tribunale di Brindisi con la sentenza n. 1045/2021 al risarcimento del danno per responsabilità aggravata avendo resistito in giudizio nella consapevolezza che gran parte delle somme pretese con la cartella di pagamento non erano più dovute.
La pronuncia viene emessa in una fattispecie in cui l’Agenzia aveva notificato un preavviso di fermo amministrativo in relazione ad un preteso credito che sussisteva solo per una residua parte.
FATTO
L’agenzia delle Entrate notificava al contribuente un preavviso di fermo amministrativo sulla base di una cartella di pagamento, già precedentemente notificata dall’Agenzia delle Entrate e Riscossione al contribuente, il cui credito preteso risultava inesistente per la quasi la totalità.
Il Tribunale di Brindisi, sulla base dell’opposizione proposta dal contribuente, veniva chiamato a stabilire se, stante l’accertata inesistenza parziale del credito, il preavviso di fermo amministrativo conservasse la sua validità in relazione all’unica voce di credito ancora dovuta dal contribuente ovvero se l’atto fosse da ritenere del tutto invalido. L’opponente chiedeva anche accertarsi la responsabilità aggravata dell’ente, essendo consapevole che gran parte del preteso credito era stato estinto e comunque, non era dovuto.
DIRITTO
Il Giudice, esaminate le eccezioni di controparte, ha ritenuto che “inconfutabilmente l’opponente non è debitore delle somme portate dalla cartella di pagamento” ad eccezione di un residuo importo.
Perciò, accogliendo la tesi del contribuente, ha affermato: “il vizio parziale dell’atto di preavviso di fermo amministrativo, conseguenziale all’inesistenza di parte del credito portato dalla cartella di pagamento posto alla sua base, può interessare l’atto nella sua interezza”.
Tale pronuncia ha condiviso quanto già espresso dal Tribunale di Frosinone nella sentenza n. 111/2020 secondo cui “...Il provvedimento di fermo amministrativo è per sua natura analogo all’atto di precetto nell’ambito del processo di esecuzione civile e come tale deve essere considerato nella sua interezza, sicché il vizio, anche parziale dello stesso, travolge l’intero atto. Ciò anche alla luce di quanto statuito dalla giurisprudenza dei giudici tributari, richiamata anche dal Giudice di prime cure, secondo i quali “considerata la unitarietà dell’atto di preavviso di fermo e la circostanza che, con lo stesso, è richiesto il pagamento di una somma complessiva costituita dalla sommatoria di quelle portate dalle tre menzionate cartelle esattoriali, oltre ad accessori, la invalidità di una delle cartelle sulle quali è fondato l’atto non può che invalidarlo nella sua interezza” (cfr. Comm. Trib.Milano sent. n. 3958/35/2016)”.
Il Tribunale di Brindisi ha pure ritenuto che la condotta dell’Agenzia delle Entrate fosse “una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo” per avere resistito pretestuosamente, essendo acclarato che gran parte delle somme richieste con la cartella di pagamento non erano più dovute dal contribuente.
Infatti dagli atti di causa risultava che l’Agenzia era stata edotta dallo stesso attore che le somme non erano dovute e pur invitata a provvedere bonariamente all’annullamento della cartella non vi aveva provveduto
Sul punto, il Giudice ha evidenziato che l’Agenzia delle Entrate nell’espletamento di quelle che sono le sue funzioni ed in particolare nell’attività di riscossione “è tenuta ad operare secondo i principi di correttezza e buona fede, nonché di prudenza e di imparzialità, si da poter subire l’imputazione della responsabilità qualora adotti o dia esecuzione ad un atto illegittimo”.
LA DECISIONE
Su queste basi, il Tribunale di Brindisi, ha accolto l’opposizione formulata dal contribuente, dichiarando la nullità del preavviso di fermo amministrativo e condannando l’Agenzia delle Entrate Riscossione al risarcimento da responsabilità aggravata ex art. 93 co. 3 c.p.c. in favore dell’attore opponente liquidando il danno in via equitativa nella misura di € 2.000,00 oltre interessi dalla pronuncia. L’ Agenzia delle Entrate è stata condannata anche al pagamento delle spese di lite.