Tra le recentissime pubblicazioni che arricchiscono il variegato mondo letterario spicca Il parco degli angeli ( Editrice Kimerik, ottobre 2015, E. 16.80), di Angela Nardella, pugliese di San Severo, ma, come tanti giovani talenti pugliesi, all’estero per realizzare i suoi sogni di psicologa e psicoterapeuta nonché quella di scrittrice, passione che coltiva fin dall’età adolescenziale.
Il racconto, che si compone di 267 pagine, è architettato in modo originale, con interruzioni frequenti del flusso narrativo, introdotti da titoli, date, giorni, ore ed arricchito da riproduzioni fotografiche ed immagini che sintetizzano contenuti, fissando immagini e frasi, quasi a scolpire nella mente quello che le parole da sole,nella forma prosaica o in quella poetica, non riescono ad evocare.
Il lettore si trova verosimilmente in uno studio psicoanalitico dove tra l’analista e il suo paziente si stabilisce quella relazione particolare che porta a rimuovere le pulsioni malefiche e far emergere le energie vitali , compresse o represse.
Come in una sorta di suggestiva magia. Senza confini tra Bene e Male.
La scrittura di Angela Nardella, dunque, si compone in modo variegato, come un diario di bordo, ed è scandita su un doppio piano: quello delle quotidiane vicende dei protagonisti che vivono, lavorano, amano,fanno politica, viaggiano, tradiscono e muoiono come le persone della porta accanto e quello surreale della Terra di mezzo, senza tempo, senza spazio, senza fisicità, come la porta che conduce al Cielo.
Da una parte le città odierne come sono. Dall’altra il parco degli angeli.
Originali sono alcuni dialoghi o intermezzi surreali, come quello tra Angelica e la leucemia, tra Angelica e la politica.
Il filo conduttore del romanzo non è una protagonista o un protagonista, pur sempre presenti attivamente sulla scena, come Lorena, Angelica, traumatizzata dalla morte del padre Emanuele, narrata in modo secco senza dovizie di particolari.
Al contrario, la trama si radica nella Terra di mezzo, a cui si accede attraverso inconsci desideri, sospesi tra il mitologico e freudiano principio di vita e il corrispettivo istinto di morte, dal quale Angelica intende liberarsi non con un normale processo di elaborazione del lutto del padre, quanto, invece, con una struggente quanto suggestiva proiezione in un mondo che non è né la materna Terra né il paterno Cielo.
“Il tempo porta un solo nome: il passaggio.
La vita è un imbarco verso l’oriente. L’oriente è il profumo della guerra, della vita, dell’incertezza. L’oriente è filosofia di vita e di morte, di guerra e pace, di amore e odio. Il contrario di tutto.
Ciò che l’uomo definisce sogno in oriente è realtà; ciò di cui si ha paura è verità”(p.52)
I volti degli abitanti della Terra di mezzo sono ombre orientaleggianti, come quello di suo padre che vuole riportarla sulla Terra, in bilico tra luce e ombra, bianco e nero, creazione e distruzione, il tutto e il nulla.
L’esistenza perla scrittrice è duale. Densa di ossimori.
Naturalmente, l’ombra ispiratrice di vicissitudini quotidiane e surreali, di felicità e dolore, di eros e thanatos, è il grande psicoanalista esoterico, l’Archetipo degli Archetipi, con la sua postura altezzosa e sorriso suadente e beffardo: Carl Gustav Jung.
Angela Nardella legge l’esistenza, la sua fine e il passaggio alla orientale Terra di mezzo attraverso i canoni interprativi della psicoanalisi junghiana, indicando nel Parco degli Angeli un metapsichico “non luogo” dal quale si sprigionano energie per risollevare la Terra-madre dal male che cova nel suo seno.
Un sogno.
Pensabile al maschile e realizzabile al femminile.
Angela Nardella, Il Parco degli Angeli, Editrice Kimerik, ottobre 2015, E. 16.80