Di seguito un comunicato diffuso dalla Regione Puglia:
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano dichiara: “Oggi la Corte costituzionale ha depositato la sentenza sulla “legge Calderoli” (sent. n. 192/2024), confermando e anzi rafforzando il duro giudizio già desumibile dal suo Comunicato del 14 novembre. Si può ben dire che dalle affermazioni della sentenza l’impianto della “legge Calderoli” esce sostanzialmente demolito. Le censure formulate dalle Regioni ricorrenti e in particolare dalla Regione Puglia sono state largamente accolte. E laddove sono state respinte lo si deve solo al fatto che la Corte ha dato un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme superstiti. È una sentenza che non si limita ad affrontare la specifica questione del processo di differenziazione dell’autonomia delle Regioni a statuto ordinario, ma va molto oltre, rileggendo l’intero Titolo V della Carta costituzionale e tracciando le coordinate fondamentali del regionalismo italiano, tra le quali spiccano i princìpi di solidarietà e di sussidiarietà, alla cui luce deve essere letto l’art. 116, terzo comma, della Costituzione. La sentenza ricorda le basi solidaristiche e cooperative del nostro regionalismo e si sofferma sulla complessità dei suoi elementi, sostanziali e istituzionali, che «spetta solo al Parlamento di comporre». Ricorda, inoltre, il rapporto strettissimo fra diritti costituzionali e regime delle autonomie: «l’attribuzione alle diverse regioni di funzioni pubbliche che implicano prestazioni a favore dei cittadini, con cui si garantiscono i loro diritti civili e sociali, può avere conseguenze diverse sul piano dell’equità e risente del modo diverso di intendere quest’ultima» e, pertanto, «esiste un trade-off tra autonomia regionale e eguaglianza nel godimento dei diritti, rispetto al quale deve essere trovato un ragionevole punto di equilibrio, attraverso un’adeguata allocazione delle funzioni e idonei meccanismi correttivi delle disparità, evitando conseguenze negative in termini di diseguaglianze». Forte è un duplice ammonimento: non è possibile devolvere alle Regioni che chiedono la differenziazione intere materie o blocchi di materie, perché la devoluzione può riguardare solo singole funzioni; vi sono materie particolarmente delicate alle quali afferiscono funzioni «il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà». A tal proposito, vengono elencate nell’ordine: commercio con l’estero, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, professioni, ordinamento delle comunicazioni, norme generali sull’istruzione. Per le funzioni afferenti a queste materie particolarmente delicate è necessario dimostrare con specifica precisione le ragioni della devoluzione, mentre quanto alla scelta di differenziare la Corte promette di esercitare uno “scrutinio” stretto di costituzionalità sulle singole leggi di differenziazione che in futuro dovessero sopravvenire. Anche per tutte le altre funzioni, però, è indispensabile un’attenta istruttoria, che chiarisca sia le esigenze regionali sia la mancanza di pregiudizi per l’unità nazionale e per i diritti di tutti i cittadini italiani. La Consulta ribadisce, poi, sia che i livelli “essenziali”delle prestazioni non sono semplici livelli “minimi”, ma devono coincidere con il contenuto essenziale dei diritti cui sono ancorati, sia che la loro determinazione è premessa necessaria per l’avvio del processo di differenziazione. Quanto ai profili finanziari, la sentenza chiarisce che è necessario che le risorse occorrenti per l’esercizio delle funzioni eventualmente devolute «siano individuate con un criterio che assuma come parametro la gestione efficiente. Questo criterio, in linea di principio, esclude il riferimento alla spesa storica per il finanziamento delle funzioni trasferite, richiedendo la rimozione delle eventuali inefficienze che si annidano nella stessa, e costituisce il parametro per valutare oggettivamente se la devoluzione realizzi la migliore allocazione delle funzioni interessate, assicurando i vantaggi in termini di efficienza, che costituiscono un aspetto significativo del principio di sussidiarietà». La sentenza, accogliendo una specifica censura della Regione Puglia, definisce ingiustificato un meccanismo che consenta alle Regioni beneficiarie della devoluzione di ottenere sempre le risorse necessarie per la copertura dei costi derivanti dall’esercizio delle nuove funzioni, avvalendosi di una sorta di “paracadute” finanziario annuale a carico dello Stato. «Appare quindi congruo che, se una regione chieda ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia rispetto alle altre regioni ordinarie, diventi responsabile, anche sotto il profilo finanziario, delle risorse che l’intesa e la legge rinforzata individuano come modalità di finanziamento delle funzioni attribuite». Le Regioni beneficiarie della differenziazione, infine, non possono ritenersi esonerate dal principio dell’equilibrio di bilancio e dalle obbligazioni solidaristiche concernenti il concorso agli obiettivi di finanza pubblica”.