Speriamo in Paolo Gentiloni, sembra dire Lucio Marani (Gal) in un’intervista a “L’Espresso”. Speriamo in Gentiloni perché la Mogherini, nel caso di Daniele Bosio, non ha manco risposto all’interrogazione di Marani. Il quale chiedeva, e ora continua a chiedere, all’attuale ministro degli Esteri dopo averci provato invano con quella di prima, che ne sarà di Daniele Bosio.
Il diplomatico, 47enne di Taranto, ex ambasciatore in Turkmenistan, venne arrestato molti mesi fa nelle Filippine, accusato di pedofilia, trovato in camera d’albergo con tre bambini, secondo la denuncia di un’attivista australiana la quale fece partire l’inchiesta. Bosio ha sempre professato la sua innocenza. Comunque, si è fatto un bel po’di carcere nelle Filippine, poi le condizioni di salute che erano peggiorate notevolmente indussero le autorità a scarcerarlo. Ma sempre lì, in quel Paese asiatico, resta, in attesa del processo.
Appunto, il processo. La petition for review, ricorso (come una sorta di ricorso amministrativo) al giudice, se fosse stata accolta il 31 ottobre, avrebbe anche chiuso il caso. Invece è stata respinta. Così, ora, non si sa quando inizierà e, di questo passo, chissà quando finirà. Bosio, la replica del caso-marò, e ancora per un pugliese. Che, sia chiaro, se colpevole dovrà assumersi le responsabilità di un reato talmente ignobile. La sua legale italiana, Daniela Busisio, dice che Bosio annovera vent’anni di volontariato a favore dell’infanzia e che i tre bambini erano stati avvicinati dal diplomatico colpito dalle loro tragiche esistenze.