Due milioni 366mila euro di incasso in Puglia e Basilicata. Ventidue milioni di euro in Italia, tre in più rispetto al precedente Sole a catinelle. I numeri del film-fenomeno del momento Quo Vado sono da far paura, e stupiscono anche gli addetti ai lavori e i loro rappresentanti. Giulio Dilonardo (foto: premia Checco Zalone per Che bella giornata) è entrambe le cose, vicepresidente dell’associazione nazionale esercenti cinema e presidente per Puglia e Basilicata, nonché gestore delle due sale di Martina Franca, cinema Verdi e cinema Nuovo, dove il film ha registrato diecimila presenze nel primo weekend di proiezione, tre giorni. Sole a catinelle ci era arrivato in dieci giorni.
Ci aspettavamo questo successo, ma è andato al di là delle più rosee aspettative – ammette Dilonardo – Tutti gli esercenti di Puglia e Basilicata sono stati chiamati ad un impegno straordinario e si sono attrezzati sia nella promozione del film che nell’accoglienza di un numero così elevato di presenze.
Il successo di Zalone è agevolato dal declino dei cinepanettoni?
Zalone ha chiuso definitivamente il ciclo dei cinepanettoni, che si sono moltiplicati senza ottenere mai questi risultati. Il pubblico ha deciso di cambiare genere. Checco Zalone è il volto del film, ma dietro c’è un grosso lavoro svolto da Gennaro Nunziante, suo partner storico, a cui si deve molto del successo del film.
Un film comico che racconta vizi e virtù degli italiani non è una novità. Dov’è il segreto di Checco Zalone secondo lei?
Il segreto di Luca Medici è che non le manda a dire. E’ l’uomo qualunque della porta accanto e la notorietà del personaggio rappresenta come un familiare per ognuno di noi. Sa arrivare alle persone, sa parlare dei problemi e della quotidianità e quindi la gente si riflette in quell’italiano medio.
Disprezzato dalla critica radical-chic; adorato dalle masse. Manna dal cielo per gli esercenti dei cinema. Luca Medici, in arte Checco Zalone, fu in grado con Sole a catinelle, di mettere a posto i conti dei distributori.
Sole a catinelle in alcune situazioni rappresentò il 50 per cento del lavoro di anno. Vediamo tornare al cinema gente che non vedevamo da anni o addirittura persone mai viste. Ce ne accorgiamo dalle loro richieste. Ma è bello soprattutto che siano tantissimi i biglietti venduti a gruppi. Ciò dimostra che c’è la voglia di vedere il film, ma soprattutto la voglia di condividerlo. E’ un fenomeno che va al di là delle generazioni e delle classi sociali. C’è pubblico di ogni tipo. Ma c’è un fenomeno nuovo: la voglia di vederlo prima degli altri, per dire io c’ero
Eppure una certa parte di pubblico non apprezza. Dice che finisce per egemonizzare l’offerta cinematografica, a discapito degli altri.
Ci sta questo tipo di critica di una certa parte del pubblico, ma è altrettanto vero che il pubblico vuole questo prodotto. A chi critica la qualità di questo prodotto bisogna ricordare che lo scorso anno, si è avuta una quota di mercato dei film italiani molto bassa, a fronte di un aumento generale del mercato cinematografico. Sicuramente un prodotto del genere serve ad invertire la tendenza del prodotto nazionale rispetto alle major statunitensi. Questo comunque avrà un onda lunga sul cinema italiano e ne beneficerà anche la qualità di altri tipi di prodotto.
L’italiano medio appunto: quaranta anni fa Fantozzi raccontava la routine dell’impiegato e la sua vita quotidiana. Oggi Zalone fa il verso ad un italiano che quel posto da impiegato lo rimpiange. Si chiude una parabola?
La parabola non si chiuderà. Ci saranno nel tempo altri che sapranno interpretare al meglio le caratteristiche degli italiani, a seconda delle epoche e dei periodi.
Il titolo, Quo vado, è la risposta di Zalone a quell’Italia che va osannata da Renzi?
(ride) No, non credo. E’ un titolo raffinato, che esprime in maniera sottile il senso del film. Questo film ha le ragion d’essere proprio nelle monosale tradizionali, perché esalta il concetto di luogo di aggregazione e socialità che il cinema rappresenta e che gli esercenti cercano di interpretare.