Di Silvia Quero:
Bentornato a casa, Orfeo. Dopo circa cinquanta anni torna a Taranto il gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, trafugato illegalmente negli anni ’70 da un’area archeologica della zona tarantina e poi esportato illecitamente negli Stati Uniti d’America e successivamente acquistato dal The Paul Getty Museum di Malibu. Il prezioso reperto è rientrato in Italia lo scorso settembre in un’operazione condotta dai Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale coordinati dalla Procura di Taranto, insieme al New York county district attorney’s office. E dopo una breve tournée in alcuni prestigiosi musei della Capitale, ora questo spettacolare e unico ritrovamento archeologico ritona definitivamente a Taranto e farà parte della collezione permanente del MarTa, il Museo Archeologico Nazionale del capoluogo jonico.
Data l’eccezionalità dell’evento, lo stesso Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano ha voluto presenziare questa mattina alla cerimonia di svelamento delle opere:
dopo i saluti istituzionali di Rinaldo Melucci, Sindaco di Taranto, e l’introduzione di Luca Mercuri, Direttore Regionale Musei Puglia, la cerimonia ha visto la presenza del Direttore Generale Musei, Massimo Osanna del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, Eugenia Pontassuglia, del Comandante dei Carabinieri TPC, Gen. B. Vincenzo Molinese.
Cosa rende questo reperto tanto importante? Innanzitutto il pregiato stato di conservazione, trattandosi di una gruppo scultoreo in terracotta (quasi a grandezza naturale) di epoca magnogreca e risalente al IV sec. a.C., poi l’insolita scena rappresentata: Orfeo e le Sirene, appunto.
Racconta Apollonio Rodio, nelle Argonautiche, che, di ritorno dalla missione del Vello d’Oro, gli Argonauti giungono presso l’isola delle Sirene, che incantano e uccidono chiunque approdi. Qui gli eroi sono tratti in salvo grazie all’intervento del cantore tracio Orfeo, che, tendendo la cetra e intonando un canto vivace, riempie le orecchie dei marinai, salvandoli dalla voce delle fanciulle. Secondo alcuni, le Sirene, attonite per la sconfitta, si gettano dagli scogli. Questo gruppo scultoreo, posto originariamente con tutta probabilità all’ingresso di una romba, racconta proprio questa scena mitologica.
Un piccolo dettaglio va però ricordato: le sirene in questione sono ben lontane dalle sirene come le immaginiamo oggi, metà donna e metà pesce, perché quest’ultima è un’immagine medievale che ha soppiantato la più antica raffigurazione delle sirene, così come possiamo ammirare in questo prezioso reperto, metà donna e metà uccello. A rendere strabiliante questo ritrovamento, quasi da farlo sembrare ad alcuni addirittura un falso, non è solo la scena raccontata e la maestria da parte dell’autore nel rendere le espressioni ed il pathos del momento, ma anche il non trascurabile dettaglio che si tratterebbe di un monumento funebre che faceva parte di una tomba di un adepto della dottrina e dei misteri orfici, colui che facendo una vita in purezza e giusta dal punto di vista sociale assicurava poi all’anima una sopravvivenza.
E quindi dobbiamo immaginare questa statua di Orfeo (ovviamente “a colori” così come erano dipinte tutte le statue antiche ed i monumenti) con una lira in mano e, di fronte, le sirene (anch’esse colorate) che sono già meste perché sanno di aver perso e si suicideranno. La morte delle sirene, che sono degli esseri ibridi, di passaggio tra la vita e la morte, sono ancora una volta, un simbolo funerario che ci rimanda appunto verso rituali del mondo dei morti.
Raramente un gruppo di terracotta rappresenta una scena mitica come questa. Non abbiamo paralleli in antico ed è proprio per questo motivo che si è pensato a dei falsi. Da oggi i tarantini e i numerosi turisti, gli appassionati di archeologia, gli addetti del settore, e i neofiti, potranno ammirare in qualsiasi momento questo sorprendente scultoreo, in esposizione permanente al MarTa, il Museo Arcehologico di Taranto.