L’11 agosto sarà discussa l’impugnazione al tribunale del riesame di Taranto. Uno dei condannati in primo grado per la morte di Marianna Brigida (foto) vuole uscire dal carcere. Del resto, Mattia Cardone era l’unico a piede libero fra i condannati per la morte della 91enne che, secondo i giudici di primo grado, fu uccisa la notte fra il 6 e il 7 maggio 2013, in casa sua ne centro storico di Martina Franca, durante un tentativo di derubarla. Cardone era a piede libero in quanto il suo legale, Gaetano Cimaglia, aveva contestato le modalità di arrivo a quell’arresto, ovvero un errore nella procedura da parte della polizia.
Appena al termine del processo di primo grado a Taranto, sentenza il 21 luglio, su disposizione della procura tarantina Cardone venne arrestato di nuovo dalla polizia: ordinanza di custodia cautelare motivata, secondo l’accusa, dai motivi “classici”, ovvero il pericolo di fuga, l’occultamento delle prove e la reiterazione del reato. Nell’impugnare questa ordinanza di custodia cautelare, la difesa di Cardone, dunque, vuole smontare il meccanismo dell’accusa per arrivare ai gravi indizi di colpevolezza e quelle tre caratteristiche all’origine del provvedimento che per ora tiene in carcere Mattia Cardone come altri condannati in primo grado per il caso Brigida e/o altri reati: Nico D’Aversa (23 anni di reclusione) Giuseppe Montanaro (21) Andrea Luprano (20) Pierpaolo Calella (16). Nello stesso processo, sentenza di condanna in primo grado, ma solo per altri reati, anche a carico di Luigi Luprano (tre anni) e Fabiana De Vito (un anno e multa di 400 euro, pena sospesa) e di assoluzione per Francesco Scarcia.