Di seguito il comunicato diffuso da Coldiretti Puglia:
“L’intesa sottoscritta da Coldiretti, Unaprol, Federolio e Fai (Filiera Agricola Italiana) è il più grande accordo mai siglato per dare stabilità reale al mercato dell’olio extravergine di oliva italiano e le notizie diffuse negli ultimi giorni sono solo fake news messe in giro ad arte per screditare un contratto di filiera pluriennale mai realizzato prima che taglia intermediazioni, speculazioni e faccendieri”. E’ stato perentorio il Presidente di Unaprol, David Granieri, a Bari per spiegare alle alle OP di Puglia i termini dell’accordo sottoscritto.
“L’accordo coinvolge le principali aziende di confezionamento italiane – ha continuato Granieri – che acquisteranno dai nostri olivicoltori un quantitativo di 100mila quintali di olio extravergine di oliva 100% italiano per un valore di oltre 50 milioni di euro e la Puglia farà la parte da leone, perché in questa regione si produce oltre il 50% dell’olio italiano”. Previste da contratto specifiche maggiorazioni che “variano da 0,30 a 0,60 euro – ha precisato Granieri – sulla base di parametri legati alla sostenibilità e l’olio extravergine 100% italiano e biologico sarà pagato il 20% in più rispetto al convenzionale. Il prezzo minimo, calcolato sulla scorta di dati Ismea e Borsa Merci di Bari, sarà di euro 4,30 ivato, al di sotto del quale non si potrà scendere a prescindere dall’andamento del mercato, a cui si aggiungeranno le percentuali di maggiorazione”.
Nel primo trimestre 2018 la Puglia ha importato 43,3 milioni di euro di olio extravergine da Grecia e Tunisia e i protagonisti del contratto di filiera hanno aderito al progetto promosso da Coldiretti di realizzare una filiera agricola italiana per riconquistare quote di mercato, difendere la produzione, garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore tra tutte le parti della filiera, ricostruire un’identità del sistema Paese.
Il Presidente Granieri ha spiegato che l’accordo di filiera è nato “dall’esigenza di recuperare il deficit commerciale italiano, con una programmazione che prevede di aumentare nei prossimi 4 anni la superficie coltivata da poco più di un milione di ettari a 1,8 milioni di ettari anche con l’aumento delle aree irrigue con tecniche innovative di risparmio idrico. Si tratta di potenziare una filiera che coinvolge in Italia oltre 400 mila aziende agricole specializzate con una produzione localizzata per metà in Puglia”.
La Puglia detiene un patrimonio di 60 milioni di ulivi – aggiunge Coldiretti Puglia – su una superficie di 383.650 ettari, con una PLV (Produzione Lorda Vendibile) del comparto olivicolo-oleario pari al 20% della totale PLV del settore agricolo, per un valore di 600 milioni di euro, così come il comparto partecipa alla composizione del Prodotto Interno Lordo dell’intera ricchezza regionale per il 3%.
Nel mondo sono stati consumati nel 2017 complessivamente 2,95 miliardi di chili – sottolinea Coldiretti Puglia – la metà dei quali nei Paesi dell’Unione Europea con la vetta della classifica conquistata dall’Italia con 557 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 470 milioni di chili.
“L’accordo è una risposta concreta alla storica carenza di un vero sistema di filiera che Coldiretti è riuscita a colmare, dove la parte agricola è sempre stata forte nella produzione e debole sul mercato – ha precisato ilPresidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – e che ha visto nel corso dell’ultimo decennio le importazioni complessive di oli di oliva in Puglia crescere rapidamente, nonostante la Puglia sia la regione più olivicola d’Europa. Gli oli stranieri vengono importati principalmente da Spagna, Grecia e Tunisia, acquistati a prezzi più bassi rispetto al prodotto regionale e utilizzati per ‘costruire’ blend con oli regionali. Gli oli di oliva stranieri percorrono centinaia di chilometri in nave e/o in autobotti che non solo contribuiscono all’emissione di CO2 nell’atmosfera, ma proprio per le condizioni di trasporto si degradano”.
“Nei primi mesi del 2018 la Puglia ha visto crescere le esportazioni di olio dell’11,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – ha concluso Cantele – dove a sostenere la domanda mondiale sono certamente gli effetti positivi sulla salute, associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione. Gli oli d’importazione vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri”.
In Italia – spiega la Coldiretti sulla base di un’indagine Ismea – 9 famiglie su 10 consumano olio d’oliva tutti i giorni secondo uno stile alimentare fondato sulla dieta mediterranea che ha consentito al Belpaese di conquistare primati mondiali di longevità, tanto che la speranza di vita degli italiani è salita a 82,8 anni, 85 per le donne e 80,6 per gli uomini.
Oltre ai cambiamenti climatici, a incidere pesantemente sullo stato di salute del settore sono l’aumento delle contraffazioni a scapito del made in Italy; la prepotenza sul mercato di potenti multinazionali straniere che dettano politiche dei prezzi a scapito della qualità e della distintività, l’invasione di olio tunisino a seguito della decisione dell’Ue di porre il dazio zero sulle importazioni nel 2016 e 2017.
Di seguito un comunicato diffuso da Confagricoltura Bari:
“In un momento in cui la Xylella e le calamità atmosferiche, verificatesi negli scorsi mesi, minano profondamente la produzione di olive da olio extravergine, non si sentiva la necessità di ingenerare nuova confusione nel consumatore traghettando improbabili miscele di olio comunitario e denominandolo `Italico`”.
È questo il commento del presidente di Confagricoltura Bari, Michele Lacenere, sulla questione della denominazione di `italico` lanciata dall’accordo firmato da Federolio – Coldiretti- Unaprol.
“Dopo tante battaglie contro l’italian sounding e in difesa del made in Italy, sorprende la volontà da parte delle Organizzazioni firmatarie di evocare un’origine che non c’è” – ha dichiarato infatti Agrinsieme, il Coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.
Confagricoltura Bari rafforza, pertanto, le perplessità già espresse da Agrinsieme, contestando questo modo di esprimersi ambiguo, tipico di Organizzazioni che fanno dell’ambiguità il proprio cavallo di battaglia politico.
Per anni abbiamo invitato i consumatori a leggere l’etichetta e scegliere in modo trasparente e consapevole olio 100% italiano a tutela del consumatore, del nostro territorio e dei nostri produttori ed è quello che vogliamo continuare a fare con chiarezza e trasparenza: ‘Italico’ non è italiano!
Senza entrare nel merito dell’accordo, il nome ‘Italico’ potrebbe designare, infatti, un blend di oli di qualsivoglia origine, purché almeno la metà sia Made in Italy. Calcolando che il consumatore medio legittimamente identifica l’attributo Italico con l’italianità, verrebbe indotto in errore sulla effettiva origine delle materie prime. E c’è il rischio che questo aggettivo possa in futuro essere utilizzato anche per altre filiere agroalimentari.
Dunque, ben vengano nuove proposte di rilancio per il settore ma che siano chiare e trasparenti per i consumatori e che tutelino realmente il prodotto italiano e i nostri produttori che
ancora fanno fatica a comunicare e a vendere l’altissima qualità dell’olio prodotto con varietà autoctone.
Di seguito un comunicato diffuso dal deputato Giampaolo Cassese:
“La proposta dell'”Italico”, miscela di olio italiano con oli comunitari ed extracomunitari, di cui abbiamo appreso in questi giorni sulla stampa, se si concretizzasse così come viene presentata, vedrà la mia ferma contrarietà. Dobbiamo impedire che l’extravergine italiano, uno dei fiori all’occhiello del nostro agroalimentare, eccellenza della Puglia, venga sacrificato in nome di interessi mercantili di parte.”
È quanto dichiara il deputato Gianpaolo Cassese (M5S), componente della Commissione Agricoltura della Camera, in merito al progetto “Italico”, contro cui si sta schierando gran parte della filiera degli olivicoltori.
“Abbiamo impiegato anni di duro lavoro per ottenere prodotti di altissima qualità come i nostri oli monovarietali, Dop, Bio, Igp, e perché si diffondesse una cultura del consumo consapevole orientato verso il Made in Italy. Dobbiamo impedire che questo patrimonio condiviso vada disperso.” Prosegue Cassese.
“In ambito parlamentare ho proposto al mio gruppo in Commissione di approfondire i contenuti di questo progetto anche attraverso audizioni con le parti interessate, per dotarci di tutte le informazioni utili ad intervenire sul piano legislativo.” Precisa il deputato.
“Di sicuro mi batterò in una duplice direzione: perché le normative in vigore, in particolare sulla etichettatura e sulla corretta informazione, siano rigorosamente rispettate, affinchè il consumatore in nessun modo venga confuso o tratto in inganno dall’impiego di nomi o simboli utilizzati strumentalmente, e perché le stesse normative, in ambito Europeo, vengano migliorate là dove presentano limiti e criticità” Conclude il pentastellato.