di Angela Maria Centrone
L’identità dell’informatore dietro la fuga di un’enorme cache di documenti di Facebook al Wall Street Journal, Frances Haugen, è diventata pubblica già domenica scorsa durante 60 Minutes, programma televisivo della CBS, rivelando molti dei meccanismi interni della piattaforma di social media più potente al mondo. Durante la puntata, Haugen ha descritto un’azienda fortemente impegnata nell’ottimizzazione del prodotto, tanto da abbracciare algoritmi che amplificano l’incitamento all’odio.
“Sta pagando i suoi profitti con la nostra sicurezza”, ha detto Haugen al conduttore di 60 Minutes Scott Pelley.
Secondo il suo profilo LinkedIn, al momento cancellato, Haugen era un product manager di Facebook assegnato al gruppo Civic Integrity. Ha scelto di lasciare l’azienda nel 2021 dopo lo scioglimento del gruppo. Ha dichiarato che non “si fidava del fatto che non fossero disposti a investire ciò che effettivamente andava investito per impedire a Facebook di essere pericoloso”.
“C’era un evidente conflitto tra ciò che era a favore del pubblico e ciò che era vantaggioso per Facebook”, ha detto Haugen a Pelley, “e Facebook ha scelto ripetutamente di tutelare i propri interessi per guadagnare più soldi”.
Mentre la società afferma pubblicamente che sta adottando pratiche volte a fermare l’incitamento all’odio, un documento interno di Facebook trapelato da Haugen afferma: “Stimiamo di poter agire fino al 3-5% dell’odio e ~ 0,6% di V&I [Violenza e incitamento] su Facebook.”
Haugen afferma che la radice del problema sono gli algoritmi lanciati nel 2018 che regolano ciò che si visualizza sulla piattaforma, i quali sono pensati per guidare il coinvolgimento e l’azienda. “The whistleblower” avrebbe scoperto che le migliori performance di coinvolgimento si otterrebbero instillando paura e odio negli utenti. “È più facile ispirare le persone alla rabbia che ad altre emozioni”, ha detto Haugen.
All’epoca, Mark Zuckerberg ha presentato le modifiche all’algoritmo come positive. “Sentiamo la responsabilità di assicurarci che i nostri servizi non siano solo divertenti da usare, ma anche utili per il benessere delle persone”.
Ma secondo il rapporto del Wall Street Journal sulle preoccupazioni di Haugen, il risultato è stato una brusca svolta verso la rabbia e l’odio. “Disinformazione, tossicità e contenuti violenti sono eccessivamente prevalenti tra le ricondivisioni”, ha affermato una nota interna citata dal Journal, valutando gli effetti del cambiamento.
Il Wall Street Journal ha iniziato a pubblicare i suoi risultati dalla cache con il nome “The Facebook Files” a settembre. Un rapporto secondo cui Facebook aveva una ricerca che dimostrava che Instagram ha danneggiato le ragazze adolescenti da allora ha portato a un’udienza del Congresso.
Nel frattempo, proprio all’indomani del blackout durato circa 7 ore di Facebook – ma anche di Instagram e Whatsapp – Frances Haugen si espressa, lo scorso martedì 5 ottobre, presso il Senato degli USA per chiedere una regolamentazione più dura: “Quando il governo si è reso conto che il fumo è nocivo per la salute è intervenuto. Quando è stato chiaro che le cinture di sicurezza salvano vite umane il governo ha obbligato l’industria dell’auto ad adottarle. Quando si è visto che i farmaci oppioidi creano dipendenza la politica è intervenuta. Vi supplico di farlo anche ora davanti ai danni sociali provocati da Facebook”.
Si vedrà cosa deciderà la politica ed i legislatori in merito.