Secondo Legambiente, quel decreto è carente. Non è l’unica voce critica a levarsi, a dire la verità. Per Legambiente, il decreto per Taranto e l’Ilva non dà certezze sui tempi dell’attuazione dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) né, più complessivamente, sull’attuazione del piano ambientale Ilva.
In un articolato comunicato, l’associazione di tutela ambientale rileva che nella sostanza non è cambiato molto rispetto alle incertezze (anche sulla tempistica degli interventi) legate a precedenti provvedimenti governativi.
Di seguito uno stralcio del comunicato di Legambiente:
Noi chiediamo da subito che, in sede di conversione, venga introdotta nel testo del decreto una esplicita indicazione dei tempi di ultimazione del Piano Ambientale ILVA che, perlomeno, ripristini le precedenti scadenze (già differite rispetto alle originarie): in caso contrario la divaricazione tra esigenze produttive e rischi per la salute sarebbe lacerante rendendo poco credibili gli impegni assunti dallo Stato nei confronti di Taranto. Gli impegni per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto costituiscono la seconda parte del decreto e ne rappresentano la significativa novità rispetto ai precedenti, di fatto centrati esclusivamente sullo stabilimento siderurgico. Di assoluto rilievo è la assunzione di responsabilità da parte dello Stato che, pur nella indeterminatezza delle disponibilità finanziarie, segna -almeno nelle intenzioni espresse- una svolta stabilendo “la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per l’attuazione di interventi di bonifica, nonché di riqualificazione e rilancio della città e dell’area di Taranto, anche mediante la realizzazione di progetti infrastrutturali e di valorizzazione culturale e turistica”. Se appaiono condivisibili l’unificazione dei diversi tavoli tecnici in un unico tavolo istituzionale presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la fissazione di procedure di silenzio-assenso capaci di incidere sui tempi di rilascio di pareri e autorizzazioni, a partire da quelle relative agli interventi infrastrutturali necessari per l’adeguamento e l’ampliamento del porto di Taranto, è evidente che il giudizio di merito attiene la qualità degli interventi che verranno proposti sia dal Commissario straordinario per la bonifica per il Programma di misure per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’intera area di Taranto, che dal Comune di Taranto per il recupero, riqualificazione e valorizzazione della città vecchia, che dai Ministeri della Difesa e dei Beni e delle attività culturali e del turismo per la valorizzazione culturale e turistica dell’Arsenale. A tale proposito, a nostro avviso, è in primo luogo necessario che ognuno dei soggetti coinvolti coniughi la necessaria urgenza nel proporre alla altrettanto necessaria condivisione e partecipazione dei cittadini di Taranto alle scelte. Sia per l’Ilva che per Taranto, in ogni caso, il vero nodo resta quello – al di là delle parole – delle risorse che effettivamente verranno rese disponibili ed impegnate per il risanamento e rilancio sia della città che della fabbrica. In questo senso il decreto aggiunge pochi elementi definiti al già preventivato utilizzo per l’attuazione del Piano Ambientale Ilva delle risorse sequestrate dalla magistratura milanese (sulla cui effettiva disponibilità pende l’esito del ricorso della famiglia Riva) e alle somme già stanziate per il porto e per la bonifica dei Tamburi e del mar Piccolo. Non solo: non vi è traccia né di risorse finanziarie aggiuntive per le strutture sanitarie tarantine né di deroghe alle assunzioni per ARPA Puglia a Taranto.