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Volo da Brindisi partito con sette ore di ritardo, Ryanair condannata dal giudice di pace Consumatori: commento alla sentenza di Appello che condanna la banca a pagare a un correntista oltre 131mila euro

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I genitori avevano organizzato per i loro bambini una vacanza a Eurodisney. Ma il volo Ryanair partì sette ore dopo il previsto, da Brindisi alla volta di Parigi. Così per genitori e i due figli fu un giorno di vacanza perso. Con queste motivazioni il giudice di pace di Brindisi ha condannato Ryanair a un risarcimento da 1642 euro.

Di seguito un comunicato diffuso da Codacons-Ceglie Messapica:

La Corte di Appello di Lecce, prima sezione civile, con la sentenza n. 262/2018 ha confermato la sentenza n. 84/13 del 18 luglio 2013, della sezione distaccata di Fasano del Tribunale di Brindisi che aveva condannato la Banca a pagare la somma di € 131.664,65, per avere addebitato interessi, commissioni spese e oneri non dovuti per effetto della nullità delle clausole del contratto di conto corrente. Ciò, nonostante il CTU nominato dalla Corte avesse accertato che le rimesse prescritte ammontassero a € 91.912,09 e che conseguentemente il credito del correntista fosse pari € 39.752,56.
A tale conclusione la Corte è giunta osservando che “l’eccezione di prescrizione è nulla perché la banca non si è fatta carico dell’onere di indicare, neanche nell’atto di citazione in appello (e cioè ben dopo la pronuncia della sentenza 24418/2010), gli elementi essenziali dell’eccezione e cioè i singoli versamenti effettuati in un momento in cui il conto era scoperto (per assenza o per superamento del fido) e le date dei versamenti stessi”.
La Corte ha osservato che “avendo il primo giudice respinto l’eccezione di prescrizione, condannando la banca a pagare (al correntista) l’intero credito di € 131.664,65, essa avrebbe dovuto riproporla nell’atto di appello indicando analiticamente le rimesse ultradecennali ritenute irripetibili.
La banca invece si è limitata a contestare il metodo di calcolo (assumendo,
come già detto, che le rimesse di natura solutoria dovevano essere individuate sulla base degli estratti conto originari e non su quelli risultanti dal calcolo diretto ad elidere gli effetti delle clausole negoziali nulle) ma non ha indicato analiticamente le rimesse effettuate su un conto scoperto (cioè senza fido o con saldo negativo, superiore al fido)”.
Il principio è dunque, afferma l’avv. Vincenzo Vitale, che ha patrocinato la causa insieme all’avv. Francesco Conti, che compete alla banca che eccepisce la prescrizione di allegare e di provare quali sono i versamenti prescritti, con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell’eccezione, indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla data di proposizione della domanda, il giudice non può supplire all’omesso assolvimento di tali oneri, individuando d’ufficio i versamenti solutori con una consulenza tecnica.
Per il Codacons
(avv. Vincenzo Vitale)

Come anticipato, la Corte ritiene che meriti accoglimento l’appello incidentale
con cui il (omissis, ndr.) ha chiesto di dichiarare la nullità dell’eccezione di
prescrizione perché generica.
Invero, avendo il primo giudice respinto l’eccezione di prescrizione,
condannando la banca a pagare al (…) l’intero credito di € 131.664,65,
essa avrebbe dovuto riproporla nell’atto di appello indicando analiticamente le
rimesse ultradecennali ritenute irripetibili.
La banca invece si è limitata a contestare il metodo di calcolo (assumendo,
come già detto, che le rimesse di natura solutoria dovevano essere individuate
sulla base degli estratti conto originari e non su quelli risultanti dal calcolo
diretto ad elidere gli effetti delle clausole negoziali nulle) ma non ha indicato
analiticamente le rimesse effettuate su un conto scoperto (cioè senza fido o
con saldo negativo, superiore al fido).
In materia di azione di ripetizione di rimesse solutorie indebitamente
effettuate, la specificità dell’eccezione di prescrizione è una diretta
conseguenza del fatto che si presume che le rimesse abbiano natura
ripristinatoria e, quindi, spetta alla banca superare la predetta presunzione,
allegando e dimostrando la sussistenza degli elementi di fatto indispensabili
per far ritenere che si tratti di rimesse solutorie (Cass. 20933/17).
Non è quindi sufficiente allegare la mera inerzia del creditore (cioè del
correntista), perchè occorre invece individuare il momento iniziale del termine
(Cass. 28819/2017) e, cioè, la data in cui ciascuna rimessa solutoria è stata
effettuata.
In conclusione, l’eccezione di prescrizione è nulla perché la banca non si è
fatta carico dell’onere di indicare, neanche nell’atto di citazione in appello (e
cioè ben dopo la pronuncia della sentenza 24418/2010), gli elementi essenziali
dell’eccezione e cioè i singoli versamenti effettuati in un momento in cui il
conto era scoperto (per assenza o per superamento del fido) e le date dei
versamenti stessi.
E’ noto che con pronuncia recente (sentenza 4372/2018) la Corte di
Cassazione ha posto in dubbio la necessità di una indicazione analitica
dell’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione delle rimesse
solutorie. La Corte si è occupata, però, di una fattispecie in cui si trattava di un
conto corrente non affidato.
Invece, nel caso di specie il conto era affidato, come risulta dalla relazione
integrativa del ctu depositata il 23.04.13 (cfr. p. 8). Pertanto, viene in rilievo il
principio per cui, in caso di affidamento, si presume che tutte le rimesse hanno
natura ripristinatoria della provvista. Conseguentemente, era onere della banca
indicare in modo specifico i versamenti che ritiene effettuati in una situazione
di superamento del fido.
L’appello incidentale va quindi accolto, perché la banca non ha assolto l’onere
di specifica allegazione delle rimesse solutorie.

Dall’accoglimento dell’appello incidentale consegue che resta assorbito il
motivo di impugnazione principale, incentrato dalla banca sul metodo di
individuazione delle rimesse solutorie (se, cioè, deve avere riguardo agli
estratti conto elaborati dalla banca o, invece, ai dati elaborati dal ctu, dopo
l’espunzione degli importi indebitamente addebitati in forza di clausole nulle o
inesistenti).
9. Nullità della consulenza tecnica per aver utilizzato documentazione
prodotta irritualmente:
La Banca appellante ha sostenuto, col secondo motivo di appello, che la
consulenza tecnica svolta in primo grado dal dott. Di Marco era nulla, perché è
stata utilizzata documentazione che non era stata ritualmente prodotta in
giudizio.
La documentazione oggetto del motivo di reclamo (che, cioè, è stata acquisita
irritualmente dal ctu) riguarda gli estratti conto.
In effetti, alla prima riunione tenuta il 21.04.2010 dal ctu dott. Di Marco con il
difensore del (…) (nessuno è comparso per la banca) il consulente si è
riservato di “richiedere ulteriore documentazione necessaria per il corretto
espletamento dell’incarico peritale”.
Con fax del 23.04.2010 il ctu ha richiesto ai difensori delle parti la
documentazione mancante e cioè:
– contrattualistica completa
– gli estratti conto mancanti.
Dal verbale in data 28.04.2010 risulta che l’avv. Conti ha consegnato al ctu gli
estratti conto dal 01.01.2001 al 07.10.2004.
La relazione del consulente tecnico reca la data del 16.06.2010.
Alla prima udienza immediatamente successiva al deposito (il 23.06.2010) i
difensori si sono limitati a chiedere “un termine per l’esame della ctu” senza
nulla eccepire in ordine alla documentazione acquisita dal consulente tecnico
in mancanza del consenso delle parti (richiesto dall’art. 198 cpc).
Inoltre, alla successiva udienza del 03.02.2011 il difensore della Banca ha
contestato la consulenza tecnica, ma sotto profili del tutto diversi rispetto a
quello della documentazione acquisita ed esaminata in violazione dell’art. 198
cpc (in particolare, le contestazioni mosse all’elaborato peritale riguardavano
la mancata individuazione delle rimesse irripetibili perché prescritte; alla
mancata applicazione della capitalizzazione annuale e, infine, al fatto che le
rimesse dovevano essere imputate prima agli interessi e poi al capitale).
Si può quindi certamente concludere che il motivo di appello con cui la Banca
ha fatto valere la nullità della consulenza tecnica per essersi basata su
documentazione acquisita senza il consenso delle parti è infondato, perché la
nullità della relazione avrebbe dovuto essere eccepita entro la prima udienza, a
norma dell’art. 157, secondo comma, cpc.

Quanto al terzo motivo di appello, con cui la banca ha dedotto la nullità della
sentenza di primo grado per la sua “eccessiva stringatezza”, esso è
manifestamente infondato perché nessuna norma processuale prevede tale
sanzione.
10. Spese
Dal rigetto consegue la condanna alla rifusione delle spese.
P.T.M.
La Corte
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da
BANCA CARIME S.P.A.
con atto di citazione notificato il 10.10.2013
avverso la sentenza n. 84/13 del 18 luglio 2013, il giudice della sezione
distaccata di Fasano del Tribunale di Brindisi
in contraddittorio con
(…)
così provvede:
a) respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
b) condanna BANCA CARIME S.P.A. a pagare all’avv. Vincenzo Vitale e
all’avv. Francesco Conti, difensori distrattari di Cardone Giuseppe, le spese
processuali del presente grado, liquidate in:
– € 5.500,00 per compenso
– il rimborso forfettario del 15% ex DM 55/2014
– il c.p.a. del 4% (art. 11 legge 20.09.80 n. 576);
– l’i.v.a. sugli importi imponibili
Pone definitivamente a carico della banca il compenso liquidato al ctu dott. F.
Angelelli.
c) dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della banca,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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