Di Pietro Andrea Annicelli:
Il presidente della Puglia gongola. A fine febbraio, Michele Emiliano era in ritardo rispetto al suo avversario annunciato, Raffaele Fitto. L’ha rimesso in partita, oltre alla gestione autorevole dell’emergenza, l’annuncio della candidatura di Nuccio Altieri da parte della Lega, con mortaretti e tricchettracche prima tutti interni al Carroccio, poi sparati sul tavolo nazionale del Centrodestra.
I sondaggi di marzo erano contraddittori. Mg Research, per conto del gruppo consiliare regionale del M5s, dava Michelone in testa (35-39%) nelle intenzioni di voto tra i candidati presidente. Lo seguivano a pari merito la pentastellata Antonella Laricchia e Fitto (27,5-31,5%). Una rilevazione della Troisi Ricerche per l’associazione Piazza d’Italia, a lui vicina, lo vedeva invece in testa tra i candidati presidente, ma con il Centrodestra unito in lieve vantaggio di consensi. A preoccupare era il sondaggio commissionato dal Partito Democratico nazionale: Fitto 47,8%, Emiliano 32,7%, Teresa Bellanova (Italia Viva) al 10,1%, Laricchia 8%.
Emiliano e i suoi erano soprattutto allarmati dal senso di stanchezza e di sfiducia percepito distintamente nell’area di centrosinistra. «La Lega e Fratelli d’Italia entrambi oltre il 20% significa che Michele farà il consigliere di opposizione» pronosticava convinto un importante referente dell’economia a lui vicino. Né erano servite le giravolte del governatore, accusato d’imbarcare a scopo elettorale del personale politico talvolta discutibile e di destra
Oggi Michelone tira il fiato. I sondaggi lo danno in risalita di almeno sette punti percentuali anche se Fitto mantiene un vantaggio dai tre agli otto. In più ha trovato un insospettato alleato in Matteo Salvini. Ovvero Tafazzi in Puglia secondo “Il Foglio” diretto da Claudio Cerasa: per quei due o tre che non lo sanno, Tafazzi è quella macchietta la cui caratteristica essenziale è il masochismo. E ce ne vuole tanto, oltre al dilettantismo politico, per trasformare i leghisti pugliesi nell’asso nella manica del presidente.
La Lega è un partito identitario del nord Italia, peraltro il più vetusto e trasformista d’un panorama politico italiano in cerca di ridefinizione. Vuole la presidenza d’una regione meridionale per accreditarsi indebitamente come partito nazionale. Perciò da settimane tenta di ridiscutere l’accordo intercorso a ottobre con le altre due forze del Centrodestra: la riconferma di Luca Zaia in Veneto e di Giovanni Toti in Liguria, candidati in Puglia e nelle Marche scelti da Fratelli d¬’Italia (Raffaele Fitto e Francesco Acquaroli), candidatura leghista in Toscana (Susanna Ceccardi). Contestualmente, per le regionali dell’11 novembre scorso, Forza Italia aveva espresso l’attuale presidente della Calabria, Jole Santelli. La Lega aveva invece ottenuto le candidature vincente in Umbria, Donatella Tesei, e perdente in Emilia Romagna, Lucia Borgonzoni.
Proprio la sconfitta di quest’ultima è stata esiziale. Soprattutto dopo che ad assicurarne il trionfo sull’attuale presidente Stefano Bonaccini era stato l’eurodeputato romagnolo Massimo Casanova, proprietario del Papeete Beach di Milano Marittima dove Salvini l’estate scorsa faceva politica in vacanza arringando dalla postazione del deejay. Come rifarsi? Prendendosi la Puglia, dove un manipolo di ex fittiani (Roberto Marti, Gianfranco Chiarelli, lo stesso Altieri) immaginava che una marea leghista avrebbe riconquistato la Regione.
La realtà, finora, è stata diversa. Non soltanto Giorgia Meloni pretende il rispetto del patto, ma la Lega in Puglia è finita in pezzi. Il no ad Altieri dell’eurodeputato Andrea Caroppo (108 tra amministratori ed ex dirigenti), motivato dal fatto che sarebbe politicamente un peso mosca rispetto a Emiliano, pluridecorato supermassimo, riceveva da Salvini una replica puerile: chi è contro Altieri è fuori dal partito. Un leghista della prima ora, Angelo Gianfrate, estrazione politica cristiano sociale, tra i primi pugliesi a Pontida tanti anni fa, dice: «Ho portato Salvini a Martina Franca e l’ho presentato ai miei concittadini: ero orgoglioso di lui. Mi ha insegnato che in politica è meglio perdere che mancare alla parola data. Come faccio a votare Altieri?». Intelligenti pauca.
La verità è che mentre la Lega nazionale ha espresso, durante le sue tante stagioni dal 1991 a oggi, un costante elemento identitario forte nelle realtà del nord Italia dove ha formato nel tempo una classe di governo, i leghisti meridionali sono in larga parte riciclati della vecchia politica di centrodestra utili a organizzare un cartello elettorale, molto meno a elaborare una proposta politica. Non possono quindi rappresentare un’alternativa nuova e credibile al Centrosinistra. Paradossalmente lo è di più Fitto, che perse per pochi voti con Nichi Vendola quindici anni fa ma che esprime una tradizione e una cultura politica radicate nelle realtà pugliesi.
Insomma, la Lega in Puglia è superflua. E lo è di più dopo che la gestione disastrosa della sanità lombarda ha reso imbarazzante il principale modello di governo che avrebbe voluto importare. La ragione principale, però, è un’altra. E ha un nome e un cognome: Michele Emiliano.
Il governatore, esponente della società civile progressista barese quando entrò in politica, poi per anni referente quasi monarchico del Partito Democratico, ha manifestato nel tempo la notevole capacità di caratterizzare e di caratterizzarsi. Sindaco di Bari per due mandati, Michelone è (stato) l’arcibarese per antonomasia. E da presidente della Puglia, naturalmente è l’arcipugliese.
Non è troppo lontano dal vero Carlo Calenda quando strepita: «È il peggior populista che c’è in Italia. Peggio anche dei Cinque Stelle». Quella che però per Calenda è una colpa grave, in Emiliano è una qualità politica almeno finché gli riuscirà d’interpretare più di chiunque altro i valori, le frustrazioni, le aspirazioni e i sentimenti della sua gente. Mettetelo a confronto con Altieri: come dice Caroppo, non c’è partita. E tanto meno ce ne sarebbe con Casanova, di cui si parlava come candidato gradito a Salvini. Emiliano ha competenze, statura istituzionale, sincera capacità di relazione con l’elettorato, pancia compresa, anche quando ci litiga: Casanova è un gestore di stabilimenti balneari premiato dal suo capo con un seggio a Bruxelles.
Insomma, per battere l’arcipugliese ci vuole un candidato all’altezza. E nell’attuale Centrodestra, solo Fitto lo sembra. Lo stesso governatore l’ha subito riconosciuto: «È il migliore dei suoi».
Un barese e un salentino rappresentano poi il derby classico tra i principali territori della Puglia, dettaglio da non sottovalutare nella corsa al consenso ma che Salvini probabilmente ignora. Per ora gli è riuscita un’impresa impossibile per i suoi avversari: dividere il suo partito e terremotare il suo schieramento in Puglia con onde sismiche che si riverberano fino a Roma. Neppure in sogno Michelone si sarebbe aspettato tanto.