Candidandosi alle scorse elezioni, Stefania Bsldassari avrebbe dovuto rinunciare ad alcune cose del suo lavoro. Un impiego da dirigente pubblica. Lei ha fatto ricorso, il tribunale amministrativo regionale, sezione di Lecce, le ha dato ragione.
Di seguito il testo della sentenza:
SENTENZA
Sul ricorso r.g. n. 400 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
– Stefania Baldassari, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pietro e Luigi Quinto, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Lecce alla via Garibaldi 43;
contro
– il Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso, ope legis, dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce e presso la medesima domiciliato;
per l’annullamento
A) ricorso introduttivo:
– del provvedimento n. 0090206 del 15 marzo 2017 del Ministero della Giustizia – D.A.P. – Direzione Generale del Personale e delle Risorse;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
B) motivi aggiunti:
– del provvedimento prot. n. 17177/AAGG del 13 aprile 2017 del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato Regionale per la Puglia e la Basilicata;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia.
Visti gli atti della causa.
Relatore all’udienza pubblica del 10 ottobre 2017 il Cons. Ettore Manca e uditi gli Avv.ti Pietro Quinto, Luigi Quinto e Simona Libertini -per la p.a..
Osservato quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Premesso che:
– la dr.ssa Baldassari è dirigente penitenziario, attualmente in servizio presso la Casa Circondariale di Taranto in qualità di Direttore d’Istituto.
– con nota inviata al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ella comunicava l’intenzione, pur non ancora definitiva, di candidarsi a Sindaco della Città di Taranto.
– con provvedimento n. 0090206 del 15 marzo 2017, il Ministero della Giustizia – D.A.P. – Direzione Generale del Personale e delle Risorse riscontrava la nota della ricorrente “in ordine alla volontà di esercitare il diritto garantito dall’art. 51 della Costituzione con particolare riferimento alla carica elettiva di sindaco di Taranto”, e, in specie, evidenziava che “i dirigenti penitenziari sono stati riconosciuti destinatari del medesimo trattamento economico e giuridico spettante ai corrispondenti dirigenti della Polizia di Stato”; e, inoltre, che “è in questo sistema di equiparazione che trova fondamento l’applicazione dell’art. 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in tema di cause di ineleggibilità ed in tal senso va anche intesa l’efficacia del comma 3 […] Quindi, nel caso di specie, trova applicazione l’art. 81, comma 3 [in realtà la norma è suddivisa in due commi e non in tre e l’Amministrazione fa riferimento al disposto del secondo comma, ndr], della legge primo aprile 1981, n. 121, secondo cui anche i dirigenti, per estensione operata dal d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, alle forze di Polizia di Stato, candidati ad elezioni politiche o amministrative, sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento dell’accettazione della candidatura […]. Gli stessi non possono prestare servizio nell’ambito della circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati alle elezioni, per un periodo di tre anni dalla data delle elezioni stesse”.
2.- Rilevato che la Baldassari proponeva il ricorso in esame, per i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione L. n. 154/2005 e del D.Lgs. n. 63/2006. Falsa applicazione dell’art. 81 L. 121/1981. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere.
3.- Rilevato, ancora, che successivamente alla proposizione del ricorso originario:
– la Baldassari comunicava, con nota dell’11 aprile 2017, di “voler fruire a far data dall’8 maggio p.v. dell’aspettativa per mandato elettorale”.
– l’Amministrazione, con d.d. prot. n. 17177 del 13 aprile 2017, evidenziava come l’istanza non potesse “essere accolta in quanto nel caso di specie trova applicazione l’art. 81, comma 3 [come già scritto si tratta del secondo e ultimo comma dell’art. 81, ndr], della legge 1 aprile 1981, n. 121, come già comunicato con nota prot. GDAP-0090205 del 15.3.2017 della Direzione Generale del Personale e delle Risorse Ufficio III”.
– la Baldassari proponeva, dunque, motivi aggiunti di ricorso, così articolati: Violazione e falsa applicazione dell’art. 81 L. 121/1981. Eccesso di potere.
4.- Considerato che la Sezione accoglieva la formulata istanza cautelare con ordinanza n. 231 del 10 maggio 2017 e che successivamente alla citata ordinanza, rimasta inoppugnata, le parti non svolgevano alcuna ulteriore attività difensiva.
5.- Ritenuto che le valutazioni già svolte, prima facie, in sede cautelare, debbono essere confermate anche all’esito di un più approfondito esame della questione in oggetto, atteso che:
– l’art. 81, comma 2, L. n. 121 del 1981 prevede che: <
– quella invocata dal D.A.P., dunque, è una previsione normativa dettata con specifico riferimento agli ‘appartenenti alle forze di polizia’, categoria della quale la ricorrente non faceva parte.
– anche ove si faccia riferimento all’art. 60 del D.lgs. n. 267 del 2000, inoltre -pur non richiamato, in effetti, nel provvedimento di rigetto del 13 aprile 2017, ma comunque citato nella precedente nota del 15 marzo-, deve osservarsi come la qualifica professionale della ricorrente non rientra nelle specifiche categorie in rapporto alle quali viene disposta l’ineleggibilità nel territorio in cui è svolta la funzione (<<1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale: 1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell’interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori; 2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza […]>>).
– le norme in parola, d’altronde, incidendo sul diritto all’elettorato passivo, hanno carattere eccezionale e non risultano, dunque, suscettibili di un’applicazione estensiva priva di un puntuale fondamento legislativo -quale certamente non è la Circolare del D.A.P. GDAP-0188490-2007, per il proprio contenuto e per la propria natura, ma neppure il d.P.R. n. 164 del 2002, che mai pone un’equiparazione siffatta-, fondamento che l’Amministrazione penitenziaria, anche dopo la pronuncia dell’ordinanza cautelare n. 231/2017 con la quale questo deficit motivazionale era espressamente ‘denunciato’ (<
6.- Ritenuto che, sulla base di tutto quanto fin qui esposto, il ricorso -come integrato dai motivi aggiunti- dev’essere accolto e le spese di giudizio regolate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 400 del 2017, integrato da motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre accessori di legge e rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Eleonora Di Santo, Presidente
Ettore Manca, Consigliere, Estensore
Carlo Dibello, Consigliere