Il calcio italiano perde una squadra fra ke più amate. Il Catania è cancellato dall’affiliazione alla Federcalcio dopo il fallimento e dopo la cessazione, decretata oggi dal tribunale, dell’esercizio provvisorio. Il Catania avrebbe ospitato il Taranto mercoledì, per il campionato. Non ci sarà nulla.
Hanno parlato in tanti oggi (immagine home page: tratta dal profilo facebook del sindaco di Catania) e in questi giorni, addolorati per il Catania. Continueranno a farlo anche altri verosimilmente. All’atto pratico non è avvenuta la salvezza della società etnea e di una squadra rossazzurra che, fosse solo per quel “clamoroso al Cibali” compagno di tutti noi da decenni, è fra le più amate. E lo resta, nonostante i giudici non potessero far altro che sancire il fallimento.
Ma limitarsi a valutarlo come il fallimento del solo Catania sarebbe l’errore più grave. La situazione economica della stragrande maggioranza delle società calcistiche è disastrosa. Ma il sistema calcio consente a società con centinaia di milioni di euro di debiti di vincere gli scudetti e le festeggia pure. Un cittadino comune, se va sotto per dieci euro, viene chiamato dalla banca e questi continuano in questo modo. C’è qualcosa che non quadra. Che esempio valoriale è, nei confronti di tutti? Dalla serie A in giù si dovrebbe consentire solo a chi non indebitato (figurarsi quindi a quelli indebitati fino al midollo) di partecipare alle competizioni federali. Invece no. E può capitare, quindi, che nella fase decisiva di un campionato professionistico, una società ceda. Con conseguenze anche per le altre. A tutte le squadre di serie C girone C sono stati decurtati i punti ottenuti con il Catania e così il Bari se ne trova quattro in meno (ma resta promosso) così come quattro in meno ne ha il Catanzaro che passa dal secondo al quarto posto in classifica. Una posizione ovviamente peggiore in prospettiva playoff. Per colpe non sue. È questo il calcio che noi vogliamo? No. Il calcio è, come sistema, in una situazione fallimentare. Anche da un punto di vista educativo dei tifosi molti dei quali parlano in mezzo alla strada o al bar di decine di milioni di euro come se fossero spiccioli e soprattutto come se fossero i loro e fanno, sinceramente, molta pena. Sta saltando tutto.
Non è, dunque, una società sola. Ridurre i costi, smettere di pagare ingaggi talvolta scandalosi (in serie A) e valorizzare i giovani. È l’unica strada. Anche per le sorti della nazionale (a proposito di fallimenti). Una radicale cura dimagrante è ciò che serve, non altro. Se no staremo a dispiacerci (a cose fatte) periodicamente per questa o quella nobile decaduta del calcio italiano, sempre più di frequente.