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Ilva: cosa cambia nel processo “Ambiente svenduto” di Taranto dopo il clamoroso annullamento Si allungano i tempi e al momento non c'è neanche un rinviato a giudizio

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Il nome del difensore di ufficio, che in un verbale non c’era e nella sentenza sì, ha provocato l’annullamento, Un errore gravissimo, in quello che è il processo più importante nella storia di Taranto. Dopo anni fra inchiesta e udienza preliminare, oggi alla prima vera udienza del processo con 47 rinviati a giudizio (fra cui tre società facenti capo ai Riva) la corte di assise di Taranto ha ritenuto di dovere procedere con l’annullamento. Un procedimento in cui non andava sbagliata una virgola (non andrebbe sbagliata mai, stavolta men che meno) è partito in questo modo inglorioso. E pericoloso per le sorti del procedimento stesso.

Ecco perché: ad oggi, dunque, di quei 47 rinviati a giudizio non ce n’è neanche uno. Perché l’annullamento è con l’invio delle carte a un altro giudice dell’udienza preliminare, con una situazione “congelata” al 23 luglio 2015, ovvero tutto ciò che è accaduto da quella data in poi non vale niente. Il nuovo giudice per l’udienza preliminare dovrà studiarsi cento faldoni e poi, appunto, fare l’udienza preliminare. E non è per nulla detto che le valutazioni siano le stesse della precedente udienza preliminare. Inoltre, un dilatarsi inevitabile dei tempi, data la velocità media dei procedimenti italiani dal primo grado in poi, fa intravedere sin d’ora la prescrizione, sullo sfondo. E questo è il processo più importante della storia di Taranto, quello di un territorio che chiede giustizia. Vendetta no. Giustizia sì. Oggi ha avuto un’altra mazzata, invece. Fortuira quanto si voglia, ma mazzata.


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