Il sindaco di Bari non è l’unico sorpassato eccellente all’ultima curva, nella vicenda delle candidature del Pd alle elezioni europee. Michele Emiliano, all’indomani della scelta verticistica di piazzare cinque donne in cime alle liste (una per circoscrizione dunque) chiede a quelli della segreteria regionale pugliese del Pd, che non hanno accolto favorevolmente (per non dire che sono imbestialiti) la scelta di Renzi e del suo entourage, di decidere insieme se sia il caso di proseguire o meno l’avventura europea. Quelli della segreteria regionale Pd, in una lettera, gli dicono di pensare a candidarsi alla presidenza della regione l’anno prossimo, e di lasciar stare le elezioni europee del 25 e del 26 maggio. Una maniera elegante per suggerire a Emiliano di mandare al diavolo queli che gli hanno fatto lo scherzetto, dopo che il leader del partito, due mesi fa, gli aveva garantito che sarebbe stato capolista (però, se Renzi a Emiliano, all’epoca, avesse detto qualcosa del tipo michelestaisereno, magari poteva essere un campanello d’allarme). Stefano Minerva, salentino, non è il sindaco più amato d’Italia, ma è un promettente giovane democratico, e però Renzi l’ha rottamato. Candidatura certa, certissima, quella di Minerva che ieri era pure a Roma, e all’uscita delle liste, il nome suo non l’ha mica sentito. Semplicemente perché non c’era.
Il sindaco di Lampedusa, dunque siamo alla circoscrizione isole, Giusi Nicolini, non ha perso tempo a non starà a riflettere insieme agli altri. Aveva garantiro, Renzi alla Nicolini, che lei sarebbe stata capolista e invece si ritrova in una posizione da podio, ma non in testa. Così la Nicolini, giusistaiserena insomma, ha ritirato la candidatura. Un esempio che in Puglia non in pochi indicherebbero di seguire.