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Venne scoperta dai ricercatori dell’università di Bari la malattia che ha colpito Indi In collaborazione con un'équipe israelo-palestinese

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La situazione è disperata. Perché non si sa tuttora come sconfiggere la malattia.

Indi, la bambina inglese gravemente ammalata e resa cittadina italiana al fine di evitarle la morte per sentenza, soffre di una malattia praticamente incurabile. Una patologia neuro-metabolica che per la prima volta al mondo venne scoperta dieci anni fa dai ricercatori dell’università di Bari in collaborazione con un’équipe israelo-palestinese (invece della guerra, il bene). Ne ha dato notizia l’ateneo pugliese. Ereditaria, la patologia aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica nei casi più gravi è recessiva e si manifesta con encefalopatia e crisi epilettiche. Sono stati identificati cinquanta pazienti. Si tratta di “una malattia neuro-metabolica caratterizzata da un accumulo nelle urine di D-2-idrossiglutarato e L-2-idrossiglutarato, due forme speculari di un metabolita prodotto nei mitocondri”. La nota dell’università di Bari prosegue:

“è una malattia genetica causata da mutazioni del gene SLC25A1, che contiene le informazioni per produrre una proteina, il trasportatore mitocondriale del citrato, che nei soggetti sani permette la fuoriuscita dai mitocondri di questo importante intermedio metabolico. La malattia si trasmette per via ereditaria ed è recessiva, cioè ha luogo solo quando vengono trasmesse due copie del gene mutato da entrambi i genitori. Pertanto, se entrambi i genitori sono portatori sani di una mutazione nel gene SLC25A1, ogni figlio avrà una probabilità del 25% di essere affetto dalla malattia, del 50% di essere portatore sano e del 25% di essere sano e non portatore della mutazione. Le persone che hanno mutazioni in questo gene possono avere sintomatologie che differiscono tra loro. Nei casi più gravi la patologia è progressiva e si manifesta con una forma di encefalopatia grave con crisi epilettiche fin dalla nascita, insufficienza respiratoria che richiede nelle forme più gravi una dipendenza dal ventilatore, e malformazioni come quelle che impediscono la formazione del corpo calloso che collega i due emisferi del cervello descritte per la prima volta nello studio pubblicato nel 2013 da ricercatori dell’Università di Bari sulla rivista internazionale Journal of Medical Genetics”. Ci sono studi, anche finanziati da Telethon, e specificamente il laboratorio diretto dal professor Luigi Palmieri dell’università di Bari si occupa di ricerca sui trasportatori mitrocondiali. Per i casi più gravi, come quello di Indi Gregory, la bambina di otto mesi, non ci sono cure e l’unica speranza risiede in prospettive di terapie geniche. Obiettivo, questo, del professor Luigi Palmieri e dei suoi collaboratori, attivi nel centro nazionale di ricerca finanziato con fondi Pnrr.

 

 


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