L’analisi dei tecnici della Soprintendenza dei Beni culturali di Lecce dovrebbe sciogliere definitivamente i dubbi sull’appartenenza del teschio rinvenuto in agro di Fasano (Brindisi) dal consigliere regionale Fabiano Amati e da alcuni suoi amici il 10 dicembre scorso in una cavità carsica a circa 50 metri di profondità, determinando se appartenga davvero a una donna scomparsa alla fine del Seicento a causa delle peste.
Oggi il reperto «è tornato alla luce- annuncia l’esponente del Pd sui social-: sarà “interrogato” in laboratorio e noi aspettiamo con ansia» l’esito dell’indagine. «Grazie ai tecnici della Soprintendenza, Elena Dellù (l’antropologa che esaminerà i resti ndc), Roberto Rotondo e Cristina Ancona, ai componenti del Cnsas, Gianni Grassi, Nino Abbracciavento, Mimmo Gentile e Carlo Apollo, ai carabinieri Giacomo Palmisano e Francesco Guarnieri- scrive Amati sui social-. E a Donato Mancini, proprietario del terreno e al suo amico Maurizio Minchilli che oggi lo ha accompagnato nella discesa». Le operazioni di recupero si sono svolte sotto la supervisione dei militari della Compagnia dei carabinieri della cittadina brindisina su delega del sostituto procuratore di Brindisi, Pierpaolo Montinaro.