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Mio padre Di Francesco Lenoci

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Le nostre condoglianze all’economista Francesco Lenoci per la scomparsa del papà Martino.

Mio padre

di Francesco Lenoci

 

Fatt u’ segne d’a crosce e durm (Fatti il segno della croce e dormi)!

Erano le parole che papà rivolgeva a me e mia sorella bambini.

Una frase scolpita nella mia mente, nel mio cuore, nella mia anima.

Una frase che io, oltre 50 anni dopo, ho detto a lui, tra le 2 e 4 e mezza della notte del 10 aprile 2022, la notte della domenica delle Palme.

Eravamo nella camera da letto della nostra casa a Martina Franca. Dietro mio padre: mia sorella, la statua dell’Addolorata di zia monaca, il quadro di Padre Pio a filet fatto da mamma.

Stanotte ho dormito in quella stanza….da solo….papà ha dormito nella sala….dietro di lui una meravigliosa immagine illuminata di Padre Pio.

È la prima immagine che ho visto stamattina al risveglio……Papà vestito con l’abito della festa….il vestito che indossò al matrimonio di sua nipote Marilena….al cospetto di Padre Pio.

Mi è venuto in mente il saluto speciale che Padre Pio rivolgeva a una persona speciale: “Gesù regni sempre più sovrano nel tuo cuore”.

Ed eccoci qui nella chiesa di Cristo Re…..la chiesa che mi ha visto chierichetto.

La domenica delle Palme servivo tante messe: la prima alle 5,00 alle suore stimmatine, la seconda alle 7,30 qui, la terza alle 10,30 alla clinica motolese, la quarta alle 18,30 di nuovo qui.

La domenica delle Palme….la domenica della festa, della gioia.

Dopo Padre Pio, mi viene in mente il pensiero di un altro grande discepolo ideale di San Francesco d’Assisi, di un altro grande innamorato di Maria: don Tonino Bello. Lui ha parlato di gioia sempre, anche in occasioni come questa. Vi leggo le sue parole.

Ci troviamo qui,

di buon mattino,

per celebrare la festa

dei nostri morti,

e per celebrarla anche con gioia….

Siamo abituati a un’iconografia

un po’ mesta, malinconica,

della morte…

La morte bisognerebbe

vestirla diversamente,

anche nelle nostre immagini.

Bisognerebbe darle

il volto della primavera,

il mantello degli autunni floridi

delle nostre campagne.

Bisognerebbe darle

la tenerezza della madre,

si perché poi,

se crediamo, così è:

é la morte

che ci partorisce alla vita,

è la morte

che è gravida di tutti noi.

Ma noi ancora

non siamo abituati a questo,

anche perché ogni volta che

questo avvenimento doloroso

tocca la nostra famiglia,

la nostra esistenza,

ci sentiamo il cuore macerato.

È logico che sia così;

però un credente deve

anche saper superare

questo sentimento di disfatta,

questa sensazione di tragedia.

e deve leggere

nella risurrezione di Gesù Cristo

il paradigma, l’esempio

della sua risurrezione.

Ecco perché noi, oggi,

celebriamo la festa dei morti.

Ed è bello!

Grazie, grazie di cuore.

 

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