Di Pietro Andrea Annicelli:
L’annunciata visita a Lecce di Matteo Salvini il 19 febbraio, se non subirà variazioni dell’ultimo momento, può essere la data limite per capire chi sarà il candidato unitario del Centrodestra pugliese alla presidenza della Regione. Soprattutto, se ci sarà un candidato unitario.
L’accordo prima della sconfitta leghista in Emilia Romagna assegna la scelta per la Puglia a Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni vuole Raffaele Fitto, «il migliore dei suoi» pure per Michele Emiliano. La necessità di conquistare una regione meridionale per tentare di accreditare la Lega come partito nazionale, oltre a cercare di migliorare sondaggi in cui Fratelli d’Italia guadagna punti percentuali e il Carroccio ne perde, inducono Salvini a cercare di aggiudicarsi la Puglia. Un’opzione che, nella fase attuale, s’intreccia fatalmente alla guerriglia dell’altro Matteo, Renzi, contro Emiliano, con la possibile discesa in campo del ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova.
Fitto ed Emiliano sono personalità forti e divisive. La loro eventuale sfida travalica la politica e coinvolge i territori. Michelone, all’annuncio di Raffaele come avversario, ha opportunamente commentato: «Sarà Bari contro Lecce». E i due, comunque li si voglia considerare, con terza incomoda la candidata dei 5 Stelle, Antonella Laricchia, più della Bellanova, esprimono una competizione tutta pugliese. La candidatura d’un leghista sarebbe invece funzionale ai soli interessi della Lega. Idem, rispetto a Renzi, quella della cegliese ex sindacalista, che anzi bene farebbe a continuare come ministro piuttosto che rendersi interprete docile dell’astio renziano. In fin dei conti che cosa gliene importa ai pugliesi dell’utile politico per i due Matteo?
La dimostrazione che un candidato presidente leghista serve alla Lega ma non alla Puglia è il teorema di Massimo Casanova, l’eurodeputato romagnolo imposto capolista del Carroccio ed eletto in Puglia otto mesi fa. Il noto fornitore di mojito e cubiste a Salvini in vacanza d’estate al Papeete Beach di Milano Marittima, di cui è proprietario, teorizza: se il candidato del Centrodestra contro Emiliano è Fitto, perdiamo. Se sono io o un altro della Lega, vinciamo. Perché? Boh.
Non è chiaro se l’affidabilità previsionale di Mr. Papeete abbia fatto progressi dalle regionali emiliane, quando vaticinò la vittoria di Lucia Bergonzoni con sei punti di vantaggio mentre prevalse Stefano Bonaccini con quasi otto. Certo è che se il candidato fosse lui, ammessa e non concessa una resa così incondizionata di Fratelli d’Italia nella regione che fu di Pinuccio Tatarella, garantirebbe Salvini, non i pugliesi che hanno già dato alle europee. In più i leghisti indigeni ci farebbero la brutta figura dei commissariati. Meno strumentale sarebbe un candidato leghista autoctono, non oltranzista salviniano, con un curriculum professionale e politico, a differenza del Casanova, non insignificante.
La preoccupazione dei leghisti pugliesi è tornare con Fitto dopo che molti gli avevano dato il benservito. Roberto Marti, eletto al Senato per la Lega poco più di due anni fa dopo aver seguito l’ex ragazzo di Maglie in tutte le sue peripezie, si ritroverebbe a viaggiare a ritroso nel tempo. Nuccio Altieri da Conversano, Trifone per l’anagrafe, forse il leghista più menzionato come aspirante candidato presidente, è un ex fittiano diventato anti fittiano: difficilmente ricomporrebbe il Centrodestra. Nè pare intenzionato a farlo l’ex rettore di Bari, Antonio Uricchio, che preferisce restare a presiedere l’Anvur, l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, dove si è insediato un mese fa. Un nome di compromesso potrebbe essere il martinese Gianfranco Chiarelli. Moderato, professionista, già deputato ex fittiano che, pubblicamente, non ha rotto con Fitto, non ce lo immaginiamo mentre suona al citofono d’un pacifico nordafricano per chiedere: «Scusi, lei spaccia?». Potrebbe avere le carte in regola, Chiarelli, molto più di Casanova, per cercare di attrarre l’area moderata come anti-Emiliano.
E Fitto? Il discorso è esclusivamente politico. Se valgono gli accordi di coalizione, avrebbe ragione la Meloni: pacta sunt servanda e il candidato unitario non potrebbe essere che lui. Se però la Lega, anteponendo una logica di consolidamento interno, pur di avere un proprio candidato se ne andasse da sola come minaccia di fare in Veneto con Luca Zaia, il nuovo alleato di fatto sarebbe Italia Viva.
I renziani, nella frenesia di logorare Michelone rosicchiandogli voti nell’area centrista per guadagnare visibilità, lavorerebbero inevitabilmente per consegnare la Puglia alla Lega. E un presidente regionale leghista moderato e non salviniano potrebbe allineare la Puglia all’ipotesi prospettata da Affari Italiani di Angelo Maria Perrino: un prossimo esecutivo nazionale di centrodestra a guida Giancarlo Giorgetti che rilevi il Governo Conte bis ridimensionando Salvini e l’ala leghista più oltranzista. Ecco perchè la scelta in Puglia del candidato del Centrodestra, o della Lega, può rappresentare molto di più che riprendersi la Regione dopo quindici anni e tre esecutivi di centrosinistra. Emiliano permettendo.
Quindi non è niente vero che durante il taglio della torta nuziale, dopo aver indossato camicie verdi, notevolmente brilli, Salvini e i suoi amici, ex-compagni, intonavano cori offensivi nei confronti dei pugliesi, parenti della moglie ,presenti al ricevimento. Quanto scritto, lo afferma la ex moglie del sig.Salvini, sig.ra Ieluzzi.