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Martina Franca: “Ricordi di un viandante per via Paretone” Libro

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Scrive Francesco Bellopede:

Il professor Angelo Marinò, l’intellettuale martinese scomparso nelle scorse settimane, prima di morire ha chiesto a Franco Bellopede – grande narratore della tradizione martinese, della realtà rurale e della sua secolare cultura – di rinverdire i ricordi legati alla Strada della Contrada Cupina. Un “amarcord” molto suggestivo che ci riporta, con la memoria, agli anni ’50: con l’immaginazione si parte dall’antico Foro Boario e attraverso la narrazione dettagliata dei luoghi si raggiunge la popolosa contrada. Una sorta di navigatore “non satellitare” che piacerà a chi quei ricordi conserva e a chi, per ragioni anagrafiche, scoprirà una dimensione non conosciuta.

 

Ricordi di un viandante pe Via Paretone in Martina Franca negli anni ‘50

 

È l’anno 1957, l’espansione urbanistica a Martina comincia a muovere i primi passi. In direzione oriente, subito dopo via G. Recupero dove si completano le palazzine dell’INA Casa, il Foro Boario si presenta in tutta la sua vastità libero da ogni caseggiato.

Parte da lì, verso sinistra, una stretta via costeggiata da un trullo che ancora oggi sfugge alle grinfie delle ruspe, mentre di fronte adesso si erge un robusto manufatto di inizio Novecento denominato fuchəste per essere stato a lungo un laboratorio di fuochi d’artificio. La stradina corre parallela a via Ceglie con a sinistra il frantoio di pietre del capitano Vinci e a destra i vignali della masseria Chiancone del cav. Luca Pastore.

Segue una biforcazione che divide la detta via. Quella a sinistra, passando davanti al cimitero porta a Ceglie Messapica; quella a destra dà origine a via Peretone, il cui nome discende da un’antica masseria posta a circa 4 km dal centro abitato, detta così da un antico e robusto parete che la tradizione vuole essere stato costruito dal demone Virgilio per tutto il suo tratto in una sola notte, collegando così lo Jonio con l’Adriatico. Per chi quotidianamente percorre la strada, le case, gli animali, gli uomini e le donne diventano familiari che contribuiscono a plasmare il carattere, la formazione umana e spirituale. Andando avanti qualche centinaio di metri dopo il lieve pendio di Chiancone, vi è, conservando le sue caratteristiche originali, un fabbricato sobrio ed elegante detto “ lamieu du mirəchə”, mentre sulla collinetta a destra svetta un gigantesco albero  di roverella facilmente avvistabile da chilometri di distanza da chi proviene da nord est.

Segue poi, sempre a sinistra, il primo dei due uliveti esistenti sulla strada Paretone, di proprietà di Lorenzo Pulito.

Costeggiata uniformemente da vigneti e trulli, la strada continua addentrandosi profondamente nel vasto agro martinese di levante.

Subito a destra si dirama una strada secondaria che mediante un dedalo di viuzze si inoltre nella contrada Madonna del Rosario per poi sfociare in via Villa Castelli. Poco distante a sinistra un’altra stradina porta in contrada Malva immettendosi poi in via Ceglie.

A circa un chilometro sul lato destro esisteva la graziosa cappella də Salvatorə che con i lavori di allargamento e bitumazione della strada negli anni ’60 fu abbattuta e mai più ricostruita. Tutta la strada così incomincia ad assumere una fisionomia nuova lasciando soltanto nella memoria dei frequentatori del passato il ricordo del selciato sconnesso e polveroso.

Camminando camminando ci si approssima alla discesa più lunga e ripida della strada Paretone: a scənotə də Pəntuscə tanto osteggiata da chi, percorrendo il tragitto in senso opposto era costretto ad affrontarla a piedi e non senza difficoltà per la sua asperità.

L’inizio della discesa è ancora segnato dalla presenza di lamieu a doieu, costruzioni che fronteggiandosi originano una strettoia che, oggi, costringe due veicoli in transito a rallentare la loro corsa.

Nel passato la strada Paretone era affidata alle cure dele cantoniere Donato Magli, che con il suo diuturno lavoro liberava i suoi margini dalle erbacce e colmava con la sabbia e il brecciolato accumulati a valle, buchi e solchi scavati dalla pioggia e dalle ruote dei traini e dei calessi.

A metà della discesa də Pentuscə esiste ancora il secondo uliveto, negli anni ’50 di proprietà di Martino Olivieri.

Alla fine della discesa, in un modesto trullo a destra abitava Peppeniddə də jaddinə: era un uomo alto e robusto che da primavera all’autunno indossava una maglia di lana lacera e consumata, mentre sua moglie aveva un fisico minuto e gracile. Chi è prossimo all’ottantina ricorda senza dubbio questo uomo che aveva un carretto in legno con le ruote pure in legno. Egli lo spingeva o lo tirava a seconda dell’andamento della strada. Su di esso caricava attrezzi, panieri di frutta e le sue due galline durante lo spostamento dalla casa di abitazione all’altra vigna situata a qualche chilometro di distanza ne tratturo də Gəseppə le pecurə.

Altri segni di devozione popolare erano presenti sul tracciato della strada. Si ricordano quella di Sant’Antune e di Varnavè costruite dopo l’allargamento della strada. La più maestosa resta quella del Paretone che conserva la sua struttura originaria valorizzata da adeguati interventi di restauro.

La cappella è costeggiata dalla strada Monte Stabile che sfocia in via Ceglie come quella di Gianfelice posta a qualche centinaio di metri più avanti sempre sulla sinistra. Alle tre strade con sbocco altre 16 cieche si incuneano lateralmente nella vasta campagna circostante permettendo l’accesso un tempo ai vari vigneti, oggi a ville confortevoli.

Andando oltre la masseria Paretone si incontra, prima che inizi la discesa də Cutezzə, il monumento eretto nel XV anno dell’era fascista in memoria di Donato Montanaro e degli altri militari della zona caduti in guerra.

Poco oltre la masseria Casedde Vecchie il cui complesso originario era costituito da soli trulli, appartenuta un tempo alla famiglia Motolese, segue una biforcazione: a sinistra la strada continua in direzione della contrada Ferrari, mentre quella a destra si inoltra nella contrada Cupina.

Una grande croce in ferro eretta nell’anno della redenzione 1932, a conclusione della missione dei padri Domenicani, offre ai viandanti l’opportunità di riflettere e di elevare al redentore intime suppliche.

La devozione degli abitanti della contrada tocca il suo culmine agli inizi degli anni ’60 quando è eretta la Chiesa dedicata all’Immacolta.

In precedenza, a partire dal 1953, la santa Messa veniva celebrata da don Domenico Maggi nella sala centrale du Casinə, di proprietà di Rosa Cassano, attiguo all’attuale Chiesa. Nel 1957 entrò in funzione l’edificio scolastico ponendo fine allo spostamento da un trullo all’altro della sede scolastica.

Con il nuovo edificio si intensificò l’azione educativa e formativa degli insegnanti il cui ricordo ancora è vivo nella memoria di tanti alunni ormai ultra sessantenni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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