La donna aveva 23 anni quando, nel policlinico Roma, dovette subire un intervento cardiochirurgico. Le venne praticata anche una trasfusione di sangue.
Tarantina, dipendente della pubblica amministrazione, nel 2003 venne sottoposta ad esami medici in cui fu incidentalmente rilevata la positività all’epatite virale C, fatta risalire a quella trasfusione di trentatre anni prima. Peraltro l’epatite C non produceva i suoi effetti.
Quelli comparsero nel 2014 e la vita della donna, sposata e madre di due figli, ne è stata sempre più condizionata. L’anno successivo, assistita dall’avvocato Mario Lazzaro (foto) di Martina Franca, iniziò il procedimento per un indennizzo: le venne negato dalla commissione medica locale ed anche il ricorso gerarchico andò a vuoto, così fu deciso il ricorso alla magistratura ordinaria. La sentenza di primo grado, pronunciata dalla giudice Lastella del tribunale di Taranto-sezione lavoro, ha visto riconoscere alla ricorrente un vitalizio nonché gli arretrati per il periodo dall’insorgenza degli effetti dell’epatite C. Provvedimento esecutivo.
La signora di Taranto, dopo 53 anni da quella disgraziata trasfusione di sangue, si è vista riconoscere un diritto.