Chi scrive si è chiesto il perché.
Il perché di recensioni tutte così entusiastiche, di applausi alla fine di ogni proiezione, di un successo di pubblico così clamoroso tanto da avere fatto registrare oltre un milione di spettatori finora in Italia (centomila in Puglia) con lunghe code agli ingressi dei cinema.
Per avere una risposta non c’era altra soluzione: andare a vedere il film. Cinema Verdi di Martina Franca, tardo pomeriggio domenicale. Il derby, i vari campionati ed eventi sportivi da seguire, accantonati per una volta.
Entrare in una sala che si riempiva, già un primo spunto positivo. Poi, vedere giovanissime e giovanissimi, anziane ed anziani, coppie o singoli o amici o amiche o gruppi, di ogni estrazione sociale: una comunità, al cinema. Una cosa bellissima. Nella località pugliese come in ogni località italiana, in queste settimane. Ma cos’avrà fatto mai, Paola Cortellesi, per avere tanta fiducia a scatola chiusa e basata fondamentalmente sul passaparola, reale o virtuale che sia?
Luci spente, parte la proiezione in una sala senza un posto, che sia uno, libero.
Tralasciando di raccontare la trama perché chi non l’ha ancora visto ha il sacrosanto diritto di scoprirla da sé, ecco l’opinione sul film: Paola Cortellesi ha, per sua stessa definizione, raccontato le donne che hanno fatto la storia senza saperlo. Le donne che hanno tirato su le famiglie ed hanno sopportato le violenze da chi doveva stare loro accanto con amore e rispetto. Le donne migliori dei loro uomini. Le donne che hanno fatto rinunce importanti se non esistenziali come quella all’amore vero o quella all’istruzione. Ma che hanno avuto lungimiranza per il futuro dei loro figli.
Paola Cortellesi ha raccontato il potere: non inteso come possibilità ma come dominanza, esercitato (in questo caso dall’uomo capofamiglia) con soprusi e stupidità, quella stupidità che porta ad essere impreparati a perderlo. Ha raccontato le vicende di famiglie che potrebbero tranquillamente essere quella dei miei nonni, o dei tuoi, o dei suoi, di cui noi conosciamo l’aspetto affettivo ma non l’evoluzione complessiva e su cui ora, inevitabilmente, ci poniamo delle domande mai immaginate prima. Lo ha fatto con delicatezza, forza, ironia. Il tutto con, sullo sfondo, un evento storico per le donne italiane: quello che diede loro un potere ma non una dominanza, bensì una possibilità.
Film da far vedere anche nelle scuole e nelle università perché è un pezzo di storia contemporanea e da far vedere alle famiglie, dove la violenza si annida (non esiti a denunciarla chi la subisce: coraggio) e non di rado si manifesta in modi anche tragici. Da far vedere nei contesti lavorativi in cui le donne sono meno valorizzate degli uomini a parità di mansioni. Eccetera.
Gli applausi alla fine della proiezione sono, secondo chi scrive, un ringraziamento a Paola Cortellesi che ci ha chiamati a riflettere, noi tutti così frenetici spesso senza motivo valido, e ci ha detto da dove veniamo e quanta strada ancora occorre fare perché la vita, anche collettiva, descritta in bianco e nero diventi pienamente una vita a colori. (Se, da uomo, vedendo alcune scene di questo film, mi sono vergognato? Sì. Fortuna che era buio.)