“Home Ministry sources said Khurshid favoured fresh reconsideration of the chargesheet, claiming the image of the country was taking a hit due to the impasse. When his attention was drawn to the AG’s recommendation finalised after a meeting by officers of the three ministries, Khurshid suggested the Law Ministry should be asked to look into the matter and suggest if only the Indian Penal Code can be invoked”.
Questo è un passaggio di quanto riportato oggi dall’edizione online del The Indian express. Il ministero dell’Interno, quello della Giustiria e quello degli Esteri dell’India, secondo il resoconto giornalistico, starebbero valutando congiuntamente di trovare una scappatoia dopo ventisei rinvii della deicione nei confronti di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Per evitare un danno di immagine all’India ancora peggiore di quello che si sta guadagnando (pure l’Onu è stata chiamata in causa) il governo indiano potrebbe virare verso una “semplice” accusa basata sul codice penale e non sulla legislazione speciale dell’antiterrorismo, il Sua act risalente al 2002. Martedì 18 febbraio l’alta corte di Delhi sarà chiamata a un pronunciamento su modo di processare i due marò e chissà che non sia la volta buona per ottenere due risultati, nelle aspettative italiane: la definizione di un capo di accusa e l’eliminazione dell’ipotesi di accusa in base a una legge antiterrorismo.
Accusa: la si attende da due anni. Domani saranno, appunto, due anni dalla morte dei due pescatori indiani uccisi in mare. La vicenda dei marò iniziò da lì.