Di seguito un comunicato diffuso dagli organizzatori:
Si è concluso ieri al The Nicolaus Hotel di Bari il 7° Congresso nazionale della S.I.R.U. Società Italiana per la Riproduzione Umana, che vede a confronto i maggiori esperti nazionali e internazionali nel campo della cura dell’infertilità.
“L’infertilità in Italia è un problema diffuso che riguarda quasi una coppia in età fertile su cinque – dichiara Paola Piomboni, Presidente SIRU – e proprio il percorso della coppia infertile è al centro del dibattito e del confronto congressuale, con particolare riferimento all’importanza dell’approccio multidisciplinare. A tal fine la SIRU ha recentemente pubblicato le linee guida per il trattamento della coppia infertile su cui potranno essere definiti finalmente i percorsi diagnostici e terapeutici sulla base di evidenze scientifiche (PDTA). Abbiamo discusso, tra i vari temi, di prevenzione dell’infertilità e dei progetti di educazione sulla tutela della salute riproduttiva che stiamo portando nelle scuole, degli aspetti più innovativi nella gestione della coppia infertile come l’applicazione dell’intelligenza artificiale, nonché dell’impatto psicologico e delle difficoltà nella comunicazione”.
Tra le più importanti novità congressuali, i risultati di uno studio dal quale emerge, per la prima volta, la presenza di microplastiche nei fluidi follicolari di donne che si sottopongono a Procreazione Medicalmente Assistita. La ricerca “First evidence of microplastics in human ovarian follicular fluid: an emerging threat to female fertility”, visibile in preprint sulla piattaforma medxriv (https://doi.org/10.1101/2024.04.04.24305264), è stata realizzata da Luigi Montano, Salvatore Raimondo, Marina Piscopo, Maria Ricciardi, Antonino Guglielmino, Sandrine Chamayou, Raffaella Gentile, Mariacira Gentile, Paola Rapisarda, Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Oriana Motta ed è stata già sottomessa ad una importante rivista internazionale.
Questo studio, attraverso un approccio metodologico innovativo, non solo ha rilevato la presenza di nano e microplastiche (concentrazione media di 2191 particelle per millilitro), ma anche la dimensione al di sotto di 10 micron (diametro medio di 4.48 micron), evidenziando una correlazione fra la concentrazione di microplastiche e alcuni parametri collegati alla funzione ovarica.
“Questo ultimo aspetto, alla luce degli effetti negativi sull’apparato riproduttivo femminile ben documentati in campo sperimentale nel mondo animale, ci preoccupa non poco – commenta il Dottor Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL di Salerno, Coordinatore del progetto di ricerca EcoFoodFertility, nonchè Past President della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) – Queste stesse sostanze, infatti, non solo hanno un effetto diretto di danno sulla funzione ovarica attraverso diversi meccanismi, in primis lo stress ossidativo, ma fanno anche da cavallo di troia ad altre sostanze notoriamente tossiche, come metalli pesanti, ftalati, bisfenoli, diossine, policlorobifenili e secondo recenti studi, anche veicolo di virus, batteri e protozoi. Si tratta di sostanze dalle dimensioni pulviscolari, che penetrano in profondità nel nostro organismo e che vengono introdotte nell’organismo con l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo e anche attraverso la pelle con i cosmetici ad esempio”.
Già la presenza di microplastiche era stata individuata, sempre per la prima volta, dal gruppo guidato da Montano nelle urine e nello sperma e pubblicate rispettivamente sulle riviste internazionali Toxics (https://doi.org/10.3390/toxics11010040) nel gennaio 2023 e Science of The Total Environment (doi: 10.1016/j.scitotenv.2023.165922) nel luglio 2023.
“In conclusione, questa scoperta rappresenta una conferma di quanto la contaminazione della plastica sia da considerare un’emergenza da affrontare nell’immediato e che il ritrovamento di microplastiche nel liquido follicolare che è a diretto contatto con i gameti femminili rappresenta di per sé una minaccia significativa all’integrità del nostro patrimonio genetico che viene trasmesso alle future generazioni – affermano coralmente gli autori dello studio”.
Altro tema al centro dei lavori congressuali è stato il rinvio dell’entrata in vigore dei Livelli Essenziali di Assistenza per le cure di riproduzione medicalmente assistita inizialmente prevista per il 1° gennaio 2024, rimandata al 1° di aprile e ad oggi posticipata ulteriormente al 1° gennaio 2025. Complessivamente, un ritardo pari a un intero anno che provoca, oltre a una grandissima delusione e senso di abbandono, un vero e proprio danno alle coppie in attesa di poter accedere ai percorsi riproduttivi assistiti con i LEA: peggioreranno le patologie che causano l’infertilità delle stesse e aumenterà l’invecchiamento, il principale nemico della fertilità. Molte coppie addirittura si troveranno costrette a rinunciare al proprio progetto di genitorialità.
“Considerando che l’età media nelle donne che afferisce ai centri di riproduzione medicalmente assistita in Italia è pari a 36,8 anni, una età molto avanzata quando già per natura la capacità riproduttiva delle donne risulta diminuita – dichiara il Dottor Antonino Guglielmino, socio fondatore della SIRU – rimandare il progetto genitoriale di un altro anno significa ridurre ulteriormente la possibilità di successo dei trattamenti di riproduzione assistita. Ne abbiamo avuto prova durante il periodo della sospensione dell’attività a causa del lockdown, in occasione del quale l’autorità inglese ha calcolato che nelle donne nella fascia di età dai 36 ai 39 anni, il ritardo di 12 mesi ha provocato una diminuzione della capacità riproduttiva in termini percentuali che va dal 12 al 19%, in termini assoluti pari al 3.2 – 3.8%. Ciò significa che una donna di 36-37 anni ha mediamente il 26.6% di probabilità di avere una gravidanza, ma dopo un ritardo di 12 mesi la probabilità scende al 23.4%, con una diminuzione quindi di 3.2 punti percentuali. Tutto questo si tradurrà in migliaia di bambini in meno che nasceranno”.
La mancata entrata in vigore dei LEA peserà maggiormente nelle regioni del Sud d’Italia, dove le coppie si ritrovano a sostenere interamente le spese dei trattamenti riproduttivi, mentre in Lombardia, per esempio, i pazienti potranno continuare a sottoporsi ai trattamenti di riproduzione assistita attraverso il sistema sanitario regionale. Permarrà la situazione di estrema disparità tra nord e sud: basti pensare che nelle regioni in cui la possibilità di accesso alla riproduzione assistita senza nessun costo o con il pagamento di un ticket per il paziente si registra oltre il 7% di bambini nati rispetto alla popolazione generale, mentre nelle regioni in cui è a pagamento la percentuale oscilla solo tra l’1,2 e l’1,6%.
La media italiana dei bambini nati con la riproduzione assistita risulta quindi pari al 4,2% contro il 12% che si registra in Danimarca, dove non esistono blocchi all’accesso ai trattamenti riproduttivi che vengono considerati una pratica medica come le altre. La riproduzione medicalmente assistita potrebbe rappresentare una possibilità concreta e immediata per contribuire in parte a contrastare il calo demografico a cui assistiamo nel nostro Paese, che è tra le nazioni che fanno meno figli al mondo. L’Italia registra un indice di fecondità (numero di figli per donna in età fertile) di 1,2, rappresentando così il fanalino di coda in Europa.
Tra i temi più innovativi del Congresso di Bari, una sessione pre-congress interamente dedicata all’intelligenza artificiale, alla realtà virtuale e alle possibili applicazioni, anche nella formazione del personale medico e biologo.
Affrontati, inoltre, temi legati alla prevenzione dell’infertilità, dalla nutrizione alla sessualità e fino agli aspetti legati all’ambiente e allo stile di vita, con un’attenzione particolare ai progetti in collaborazione con la Scuola di educazione sanitaria e salute riproduttiva, fino al diritto dell’accesso alla cura.
Discussi gli aspetti più innovativi nella gestione della coppia infertile, mentre una sessione è stata completamente dedicata alla discussione sulla diagnosi genetica preimpianto e più in particolare alla gestione dei casi difficili.
Ampio spazio è stato dato anche ai risvolti psicologici e alle difficoltà di comunicazione che spesso accompagnano il cammino verso la genitorialità.