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La formazione post laurea dei medici va pagata: sentenza dà ragione a dieci leccesi Tribunale di Roma: il ministero della Salute dovrà risarcire con circa cinquantamila euro a testa i ricorrenti, tutelati da un avvocato di Lecce

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Di seguito un comunicato diffuso dallo Sportello dei diritti:

La Giustizia ha i suoi tempi ma alla fine, molte volte per la caparbietà dei cittadini e di chi li difende arriva. In questo caso, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di alcuni medici, all’epoca dell’inizio del loro travaglio giudiziario, specializzandi in diverse materie e che oggi, oramai, sono divenuti primari in diversi reparti degli ospedali italiani. Tutti oggi di età compresa tra i 45 e i 55 anni e solo nei giorni scorsi si sono visti riconoscere il diritto alla riconoscimento dei compensi per la scuola di specializzazione post-laurea in Medicina. E’ stato il Tribunale civile di Roma ad accogliere la domanda di dieci medici, tutti originari di Lecce, che dopo una lunga battaglia sindacale e giudiziaria avviata già nel 2001 si sono visti riconoscere una somma da 40 a 50mila euro per ognuno di loro, che fa riferimento ai redditi di cui sono stati privati in passato più gli interessi di tutti questi anni.Si è trattata di un’azione collettiva avviata nel lontano 2004, che ha riguardato il riconoscimento, ritenuto giusto dal giudice del tribunale capitolino, di una “adeguata remunerazione” per la formazione successiva al percorso dopo la laurea dei professionisti. A difenderli l’avvocato Cosimo Rochira, legale del gruppo, oggi giudice di Pace di Lecce, e la collega Anna Rita Lochi. I due difensori hanno fatto valere la direttiva comunitaria numero 76, del 1982, che riconosce agli specializzandi un riconoscimento economico  per il periodo di specializzazione svolto. Quest’ultimo, come è noto, varia in base alla disciplina e dura almeno un paio di anni.Sebbene il termine entro il quale la norma europea avrebbe dovuto essere attuata fosse stato esplicitamente fissato già nelle direttive del 1982, nell’ordinamento italiano è stata recepita soltanto a distanza di un decennio. E, peraltro, su impulso della Corte di Giustizia comunitaria, che ha emesso una sentenza il 7 luglio del 1987. Alla quale è poi seguito, soltanto nel 1991, il decreto legislativo che riconosce l’inadempimento riconducibile al legislatore nazionale, obbligando lo Stato a risarcire i danni causati ai dieci professionisti dalle violazioni del diritto comunitario.

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