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Trivelle: l’avvocato delle Regioni non aveva la procura speciale in Cassazione. Che così ha bocciato i cinque referendum su sei Clamorosi risvolti dell'ordinanza della Corte suprema: fra le dieci Regioni ricorrenti, la Puglia. Si prospetta un loro gravissimo errore, su un tema di tale importanza

Cassazionemangiameli

CassazionemangiameliQuesta, le Regioni e nel caso di questo notiziario la Puglia, la devono spiegare. E di corsa. Perché quanto riportato nell’ordinanza della Cassazione è un gravissimo errore commesso dalle dieci Regioni (o meglio, i consigli regionali) ricorrenti: hanno dato mandato all’avvocato ma non gli hanno dato la procura speciale per discutere l’argomento dinanzi alla Corte suprema. Quindi, l’avvocato, lì, non ha potuto fare niente. Certo, anche da lui qualche parolina sarebbe utile: non sapeva di dover essere specificamente nominato? In quanto alle Regioni, emerge dall’ordinanza della Cassazione, va ripetuto, una leggerezza imperdonabile, da dimissioni in blocco visto che il tema delle trivelle da bloccare, a tutela del mare, è esistenziale per le Regioni, per la Puglia forse più di tutte le altre. Mancando spiegazioni immediate e credibili, è doveroso dire, la credibilità di manifestazioni e dichiarazioni dei rappresentanti regionali è minata alla base, perché la cosa da fare, per ora viene fuori questo, non l’hanno saputa fare. Quindi, fuori una spiegazione. Subito.

Di seguito un comunicato diffuso dal comitato No Ombrina e, di seguito, in formato pdf il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Cassazione:

L’Ordinanza della Cassazione sui referendum da un lato conferma lo stop ad Ombrina che con la legge attuale non si può più realizzare e dall’altro apre a scenari che erano difficilmente prevedibili.
Il provvedimento della Cassazione sui referendum promossi dalla regioni ha un interesse anche dal punto di vista interpretativo e forse andava diffuso e letto con più attenzione. Come mai non è stata data ampia diffusione ad un provvedimento che riammetteva una parte di uno dei sei quesiti iniziali promossi da ben 10 regioni nonostante le modifiche apportate dalla Legge di Stabilità?
Forse le regioni hanno provato un po’ di imbarazzo alla lettura del documento perché davanti alla Corte…non hanno potuto difendere i loro 6 referendum! Secondo la Corte di cassazione l’avvocato delle regioni non solo non aveva le procure per il giudizio in Cassazione ma non era stato nominato adeguatamente. Così la Corte ha rigettato le memorie (alleghiamo l’estratto).
La questione è rilevante perché spettava alla Cassazione e solo ad essa stabilire se le nuove norme approvate con la Legge di Stabilità soddisfacevano gli intenti dei promotori dei quesiti referendari. Questo il testo attuale del comma su cui interviene il quesito residuo; In neretto e maiuscolo le parole che sarebbero cancellate in caso di esito positivo del referendum:
17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni
dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il
divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi PER
LA DURATA DI VITA UTILE DEL GIACIMENTO, NEL RISPETTO DEGLI STANDARD DI SICUREZZA E DI SALVCAGUARDIA AMBIENTALE. Sono sempre assicurate le attività
di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonchéle operazioni finali di ripristino ambientale.”
Sull’ammissibilità del quesito riformulato la prossima settimana si dovrà pronunciare la Corte Costituzionale che provvederà esclusivamente a considerare la sua conformità con i requisiti di compatibilità costituzionale.
La Corte non potrà ritornare sulle valutazioni fatte dalla Cassazione.
Il quesito rimanente riguarderà quindi esclusivamente la possibilità di prorogare o meno i titoli minerari già rilasciati la cui durata nella legge di stabilità viene legata alla vita utile del giacimento. Abbiamo provveduto, sulla scorta dei dati pubblicati sul sito dell’UNMIG, ad una serie di proiezioni.
1)Si conferma il Divieto di rilascio di nuovi titoli concessori nelle 12 miglia contenuto nella Legge di Stabilità. Alla luce dell’ordinanza vi è lo stop al progetto Ombrina in quanto non è possibile rilasciare nuovi titoli nelle 12 miglia. Pertanto l’istanza di Concessione di Coltivazione richiesta da Rockhopper dovrà essere respinta dal Ministero dello Sviluppo Economico. Su questo aspetto non c’entrano proroghe o provvedimenti similari. La richiesta è stata avanzata per ottenere un nuovo titolo e vi dovrà essere un diniego formale quanto prima. Facciamo notare che la stessa Rockhopper nel suo ricorso presentato il 30 dicembre 2015 ha chiesto al TAR di imporre al Ministero il rilascio della Concessione di Coltivazione e non già di altri titoli. Con la legge di Stabilità in vigore il diniego è obbligatorio per i funzionari ministeriali, senza possibilità di interpretazioni diverse.
A Rockhopper, con la Legge di Stabilità, rimane un Permesso di Ricerca inutile con decadenza a fine 2017, con possibilità di un’ulteriore proroga per altri tre anni fino al 2020, proroga sulla cui legittimità peraltro ci sarebbero dubbi in quanto il giacimento non è più sfruttabile. Alcuni hanno interpretato la “famosa” sospensione avvenuta lo scorso 23 dicembre come una proroga ma in realtà non è così. Infatti si è trattato, tecnicamente parlando, della mera “sospensione del decorso temporale della vigenza del Permesso di Ricerca” che, appunto, risultava comunque scadere a fine 2017. Ovviamente questa sospensione fa sì che il Permesso di Ricerca scada un po’ più avanti rispetto a fine 2017 ma questo aspetto ad oggi non ci pare significativo.
2)Come è noto l’eventuale referendum avrà effetto esclusivamente entro le 12 miglia.
3)Se passasse il referendum alla Corte Costituzionale e poi presso il popolo con il raggiungimento del quorum e la vittoria dei SI’ secondo l’interpretazione della Cassazione non sarebbe più possibile prorogare anche i titoli già esistenti dentro le 12 miglia.
Con quali effetti?
Per quanto riguarda le Concessioni di Coltivazione sulla base dei dati attualmente consultabili sul sito dell’UNMIG ci sono come minimo 34 piattaforme esistenti entro le 12 miglia con il titolo scaduto (nel 2014-2015) e che ad oggi, nonostante le istanze protocollate dalle aziende (alcune nel 2013!), non hanno avuto ancora proroghe. Poi nel 2016 scadranno titoli con altre 6 piattaforme; 10 nel 2017 e 11 nel 2018. Dando un seguito a quanto appare significare la Cassazione, che fa un chiaro riferimento proprio alle proroghe, dovrebbero essere smantellati anche in presenza di giacimenti di metano o petrolio ancora sfruttabili.
Ovviamente da oggi alla data del referendum il MISE potrebbe concedere le proroghe per i titoli scaduti. Ricordiamo che la Legge 9 del 1991 prevede la possibilità per i concessionari di richiedere proroghe successive fino al completo sfruttamento del giacimento. In ogni caso la situazione di caos sulla vigenza dei titoli la dice lunga sulle modalità operative filo-petrolieri degli uffici del Ministero visto che, secondo il loro sito, sono in corso attività di estrazione scoperte dal titolo abilitativo.
Per quanto riguarda i Permessi di ricerca esistenti nelle 12 miglia, una decina in Italia tra quelli situati integralmente nelle 12 miglia e quelli posti a cavallo del limite, non potrebbero essere più prorogati e decadrebbero alla scadenza naturale (fine 2017 per quello di Rockhopper). Quelli a cavallo delle 12 miglia potranno essere riperimetrati. In realtà resta ancora da valutare la possibilità, anche in caso negativo del referendum, di poter connettere un permesso di ricerca alla “durata di vita utile del giacimento”. Infatti la durata di un giacimento è difficilmente prevedibile da un punto di vista tecnico, addirittura durante le fasi stesse dell’estrazione. Figurarsi al momento del ritrovamento.
4)Da 12,1 miglia verso il largo sarà il far west essendo venuto meno il quesito sul Piano delle Aree, piano che comunque avrebbe potuto prevedere zone comunque aperte alle attività petrolifere visto che diverse regioni sono favorevoli (ad esempio, Emilia Romagna). Inoltre in terraferma con le decisioni della legge di stabilità ci sarà qualche tutela in più perché le regioni potranno svolgere un ruolo più incisivo nelle scelte ma i territori non saranno certo al riparo da nuovi progetti.
Per queste ragioni per il Coordinamento No Ombrina è assolutamente indispensabile prevedere una strategia di più ampio respiro ponendos

i l’obiettivo “Trivelle Zero” per i nuovi titoli minerari anche fuori le 12 miglia in mare e ovunque in terraferma.

Ordinanza Cassazione 7.1.16-1

(cliccare sull’immagine per ingrandirla)


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