La ferita al collo è stata quella che ha ucciso Cataldo Pignatale. Lo ha confermato l’autopsia, compiuta ieri sera dal medico legale Alessandro Dell’Erba. L’ingegnere di Taranto, 43 anni, sgozzato da Cosimo D’Aggiano (45 anni, di Sava) il quale ha confessato l’assassinio, è stato anche bersaglio di altre ferite, al volto e alle braccia. Con una lama e con un corpo contundente. La lama è quella del taglierino professionale che proprio D’Aggiano, nella sua confessione dell’altro giorno, ha fatto ritrovare agli inquirenti, così come ha fatto trovare gli indumenti della vittima che aveva spogliato lasciandolo sul campo, esanime, con indosso solo calzini, mutande e canottiera.
Ieri è stato convalidato, dal giudice per le indagini preliminari Vilma Gilli, l’arresto di Cosimo D’Aggiano. Il legale del reo confesso, Fabio Falco, ha sottolineato che non è contestata la rapina. Così la situazione si complica un po’. D’Aggiano ha detto di avere imposto a Pignatale di accompagnarlo, in macchina, da Taranto a Sava. Ma che ci facevano allora in una campagna, tutto sommato sperduta, di Faggiano, e non lontano da un campo fotovoltaico (Pignatale era esperto di energie alternative)? Questo è un interrogativo, non l’unico, possibile data la mancata contestazione della rapina. Insomma il quadro sembra ancora incompleto e deve anche fare i conti con la ricostruzione fatta da una persona che è cocainomane abituale e che il giorno dopo l’omicidio è stata trovata dai carabinieri in completa confusione. Dunque, D’Aggiano ha confessato di avere ucciso Pignatale: è stato lui. Ma perché?
(foto: home page, Cataldo Pignatale, fonte plus.google.com; interna, Cosimo D’Aggiano)