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Coldiretti: «La Puglia è la seconda regione più bio d’Italia» Il presidente regionale Muraglia è volato a Dubai per partecipare a Expo 2022

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Di seguito un comunicato diffuso da Coldiretti Puglia: 
«La Puglia è la seconda regione più bio d’Italia, con 269mila ettari coltivati e 9.267 operatori, una incidenza del 21 per cento delle superficie biologiche sul totale, dove sono aumentati i consumi familiari di alimenti biologici proprio sotto la spinta salutista innescata dall’emergenza Covid. Le pratiche bio interessano tutti i comparti agricoli olivo (29 per cento), cereali (23 per cento), vite (6 per cento), ortaggi (6 per cento), dove anche rispetto al segmento dell’acquacoltura biologica 3 impianti sono pugliesi. “L’emergenza Covid spinge la voglia di salute e sicurezza dei consumatori che aumentano del 7 per cento gli acquisiti di prodotti bio Made in Italy nel 2021, con l’alimentare del Belpaese che fa registrare il record storico nelle esportazioni con un balzo del 13 per cento nel 2021 e punta verso la storica cifra di 50 miliardi di euro mai registrata nella storia d’Italia”. Lo ha detto Savino Muraglia, componente della giunta nazionale di Coldiretti e presidente di Coldiretti Puglia, nel suo intervento all’Innovation talk “The future of the Italian food system between innovation, safety and sustainability”, organizzato al Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai.
Dal 2020 al 2021 si registra – spiega Coldiretti – una crescita su tutti i canali di spesa, dai supermercati (+4,3 per cento) ai negozi (+7,8 per cento) fino agli altri canali alternativi, come i mercati degli agricoltori, che segnano una crescita del 4 per cento sull’anno. “Nel settore oleario c’è tanto lavoro da fare, per favorire – ha detto Muraglia – la sostenibilità delle aziende e delle produzioni oltre che dell’ambiente, di cui gli olivicoltori sono manutentori naturali e per stoppare le pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali, grazie alla Legge fortemente sollecitata da Coldiretti per rendere più equa la distribuzione del valore lungo la filiera ed evitare che il massiccio ricorso attuale alle offerte promozionali di una parte della Gdo non venga scaricato sulle imprese di produzione già costrette a subire l’aumento di costi di produzione, proprio quando sotto la spinta salutista determinata dall’emergenza Covid i consumi di olio delle famiglie sono in crescita sull’onda del successo della Dieta Mediterranea, proclamata patrimonio culturale dell’umanità dall’Unesco, con più di 8 italiani su 10 (82%) che cercano sugli scaffali prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio”.
L’Italia è il primo Paese europeo per numero di aziende impegnate nel biologico con 70mila produttori e 2 milioni di ettari di terreno coltivati. Per questo – sottolinea la Coldiretti – occorre approvare subito la legge nazionale sul bio che prevede anche l’introduzione di un marchio per il bio italiano per contrassegnare come 100 per cento Made in Italy solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale.
Il provvedimento anche l’impiego di piattaforme digitali per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire l’autonomia degli enti di certificazione. La svolta green degli italiani è testimoniata anche dal boom dei mercati contadini a chilometri zero indicati dal 73 per cento degli italiani come il luogo dove tornare a fare acquisti, secondo Coldiretti e Censis, spinti anche dalla volontà di recuperare o mantenere il rapporto diretto, di fiducia tra consumatore e azienda agricola. Un’opportunità resa possibile dal fatto che l’Italia – spiega Coldiretti – è il Paese della Ue con la più estesa rete organizzata di mercati contadini con 12.000 agricoltori coinvolti in circa 1.200 farmers market di Campagna amica. Un sistema organizzato da nord a sud del Paese che – conclude Coldiretti – non ha solo un valore economico ma svolge anche un’importante funzione sociale durante l’emergenza sanitaria spingendo la riscoperta della vita di comunità, sostenendo la libertà di scelta e la consapevolezza dei consumatori nella scelta dei prodotti, promuovendo l’educazione alimentare, diffondendo la conoscenza dei territori».

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