Di Franco Presicci:
Una volta il tram sferragliava anche nella mia città, Taranto: da Solito alla
stazione, passando sui due ponti, di pietra e di ferro. I ragazzini viaggiavano gratis,
sul predellino, fino a quando il controllore non li sorprendeva, costringendoli a
scendere in corsa. Il binario era unico, con quello di scambio in via Di Palma, di
fronte al Teatro Odeon, dove chi veniva da un capolinea aspettava l’altro, per
proseguire. Di fronte all’arsenale, girava a destra, percorreva via Leonida, svoltava a
sinistra, raggiungeva piazza Ramellini, continuava su via Cesare Battista fin quasi
allo Stadio Corvisea. Il birichino prendeva al volo anche la carrozza e si
accovacciava su un appoggio nella parte posteriore; il solito giocherellone urlava un
segnale e il clandestino si beccava un paio di frustrate prima di abbandonare la
postazione. Ma questa è un’altra storia.
Quando giunsi a Milano non sapevo niente della città. La stazione Centrale mi
sembrò il ventre di una balena d’acciaio e rimasi esterrefatto, sperduto, timoroso,
abituato a frequentare lo scalo di Taranto per andare a Martina Franca, dove la
locomotiva a vapore cambiava binario per collocarsi sulla piattaforma girevole che
le faceva cambiare senso di marcia. Tutta lì la mia esperienza ferroviaria.
Nel capoluogo lombardo i tram erano tanti, mentre lla Bimare erano scomparsi da
tempo. Quassù ci fu un periodo in cui si discuteva sull’utilità di questo mezzo di
trasporto. Scrivevo sullo storico quotidiano “L’Italia” e una sera Graziano Motta, un
pilastro del giornale, mi mandò a seguire un dibattito tra l’assessore Crespi e i
cittadini: uno di quelli che hanno il peperoncino piccante, come l’”habanero”, sulla
lingua, sosteneva che era necessario smantellare i binari, perché secondo lui
ostacolavano la circolazione e i mezzi che vi scivolavano erano brutti a vedersi. Non
c’era verso di accorciare la sua tiritera, fino a quando si sentì una voce tonante venire
dalle ultime file: “Dobbiamo ascoltare la sua filastrocca o lasciare che anche
l’assessore esprima le sue idee?”. Ma anche questa è un’altra storia.
I tram sono ancora lì che percorrono le vie della città, incrociandosi, affiancandosi,
sostando uno accanto all’altro, tagliando quando possono il traffico, facendo bella
mostra di sé, nuovi e vecchi imbellettati come donne anziane che curano ancora la
loro bellezza.
Se sono a piedi, io li fotografo con il telefonino agli incroci, alle fermate, durante il
tragitto: i tram sono belli, dentro e fuori, soprattutto quelli che sembrano appartenere
ad altri tempi. Se dovessi contare le ore passate sui tram, seduto o aggrappato alla
maniglia, il risultato sarebbe lungo e complicato. Ci salivo, in viale Fulvio Testi,
prima della Manifattura Tabacchi, per scendere in piazza Cavour, dove aveva sede il
mio giornale, “Il Giorno”, nel Palazzo dell’Informazione. A volte dava un colpo di
campanella, altre volte più d’uno, con rabbia, quando qualche automobilista faceva
una manovra azzardata o stentava a muoversi.
I miei viaggi in tram erano spesso divertenti. Ascoltavo le conversazioni e frenavo
spesso una risata quando sentivo le asinate; per esempio, il giorno in cui una persona
non tanto anziana, controfigura di Gèrard Depardieu, disse al vicino che se nel suo
giardino appassivano i fiori la colpa era tutta “della bomba tonica”. Una scena poco
spassosa fu quella di un vecchietto che voleva convincere il conducente… ad
iscriversi alla mafia e arzigogolava sulla formula. Ma la bellezza dell’andare in tram
non è quella di ascoltare i discorsi della gente, ma quella di vedere la città attraverso
i finestrini. Lo dica chi ritiene che questa città sia brutta, idea che spesso balla nel
capo di chi non la conosce. E’ brutta una giovane che non si trucca perchè vuole
mantenere genuina la propria bellezza? E’ brutta quell’altra che non eccede con il
rossetto per provare ad essere sensuale? Che non si pompa le labbra come uno
pneumatico? Dite, dite pure: la parola è lecita anche se il contenuto è sbagliato.
L’ho ammirata tante volte la Milano dei tram., e non soltanto quella. Via Manzoni,
per esempio, piazza Cordusio, via Torino, piazza della Repubblica, con le sue quattro
braccia: Vittorio Veneto, via Montesanto, via Vittor Pisani, via Turati. Sul tram si
raccolgono tante storie, come quella del veicolo che a Baggio si rifiutava di avviarsi
nonostante i tentativi del conducente, perché aspettava el pret de Ratanà, che stava
arrivando “lento pede” e si mosse soltanto quando il reverendo salì e si mise
comodo. Sono tanti i motivi per cui amo i tram. Li amo anche perché fanno godere
un tessuto urbano che non ha niente da invidiare ad altre città più elogiate. Per non
dire del tram belvedere, dove puoi cenare, bere un goccio di vino, conversare e
sbirciare la città di notte: il tram atmosfera.
Ed eccomi intraprendere un delizioso viaggio scorrendo le pagine di “Milano in
tram, alla scoperta della città”, della Celip di Nicola Partipilo, barese doc. Si inizia
da una veduta notturna di viale Regina Giovanna all’incrocio con corso Buenos
Ayres, luogo sacro per l’editore, perché lì, a due passi, aveva la sua famosa libreria,
che suscita ancora oggi nostalgia negli ex avventori che passano per viale Tunisia.
Un libro delizioso, in cui ogni pagina ha il suo tram: largo Cairoli nei pressi del
Castello Sforzesco, fra un’esplosione di colori e palloni di verde: cespugli come
cupole di cattedrali; e poi a un tiro di fionda dal Duomo, superbo con i suoi ricami
architettonici e il sagrato pieno di turisti; un altro ancora mentre sfiora l’Arco di
Porta Ticinese…
Tanti di questi tratti affascinanti di Milano li offre Marco Partipilo, che come
fotografo ha l’occhio magico, e si diverte, passione a parte, a riprendere “gioielli”
all’altezza dei bastioni di Porta Venezia, dove qualche secolo addietro c’era il
parcheggio delle carrozze. Numerose carroze.
E’ bravissimo, Marco, ha talento, sensibilità, sa cogliere l’attimo fuggente. Si fa
pellegrino di Milano e ovunque scopra un tesoro punta l’obiettivo. Ed eccole in
questo stupendo volume le sue foto scattate a Porta Garibaldi con i grattacieli di Gae
Aulenti sullo sfondo.
Una passeggiata dai grattacieli al Castello Sforzesco la compie anche Roberta
Cordani, mostrando a forestieri e meneghini angoli nascosti di Milano che i più, per
pigrizia o indifferenza, non vedono. Roberta ha occhi di lince e una cultura
doviziosa, per cui sa dove andare a cercare. Le sue foto incantano e i suoi testi
seducono anche per i dettagli. Ama sorprendere le pedalate sulle piste ciclabili con
tetti vegetali, gli archi, i monumenti, i giardini, i laghetti. Oltre ai tram, che
scampanellano ad ogni imprevisto, i palloncini policromi che danzano tenuti dal filo
del venditore. Subito dopo alberi di gelsi a baldacchino. Roberta Cordani va dove la
portano i suoi sentimenti e le sue conoscenze: una miriade. Altri cacciatori
d’immagini fanno di questo volume un tesoro.
Roberta Cordani e Marco Partipilo si ritrovano di fronte alla stazione Cadorna e
colgono la scultura “Ago, filo e nodo”, oggetto di qualche critica. Quante cose si
possono ammirare dopo essere scesi dal predellino o passando in tram. E questo
libro eccezionale, arioso, ricco di prospettive, è una ribalta di teatro. Tanti tram
hanno le fiancate colorate: “murales” come sulle facciate di certe case. Il libro
sprigiona gioia. Dev’essere stato gioioso anche per chi lo ha concepito e realizzato.
Nella prima pagina uno scritto esemplare di Ferruccio De Bortoli, intitolato “Milano
sound”. Nella seconda, uno di Giulia Ghezzi, presidente dell’Atm. Seguono
riflessioni della stessa Cordani, Pietro Ichino, Giovanna Mori, Rosa Teruzzi… Titolo
“Milano in tram, alla scoperta della città”. La parola viene data anche a due tranvieri.
Sono loro che guidano le vetture, ci sia o no la “scighera” (la nebbia), o splenda il
sole, venga giù la pioggia, fiocchi la neve, il freddo penetri nelle ossa. E quando si
snodano i cortei di protesta, che tappano la circolazione fino a quando non si
raggrumano in piazza Duomo fra urli di protesta e spintoni. Se non peggio. Per i
tranvieri quelli sono momenti delicati e sicuramente qualcuno di loro sogna di essere
mandato alla guida dei treni del metr, che sfrecciano nella città sommersa con o
senza conducente.
Per me il tram è una platea che consente di godere,lo spettacolo di questa grande,
bella città, che è Milano. Soprattutto oggi, con i giardini pensili, i grattacieli con la
parte superiore a punta come la bocca del pesce-spada, Affascina anche l’interno dei
depositi, con tutti quei binari che s’intersecano per far posto ad ogni tram a riposo.
Come sarebbe Milano senza tram? Non me lo immagino., Ho sempre viaggiato in
tram. Ricordo l’1”, quando aveva il capolinea in viale Lunigiana; il “2”, quando
aveva la fermata in viale Fulvio Testi all’incrocio con la via che porta alla Bicocca; il
“5”, che mi portava in viale Tunisia alla libreria di Nicola Partipilo. A proposito,
glielo hanno dato l’Ambrogino d’oro per i meriti acquisiti come editore di
straordinari volumi su Milano, la città con il cuore in mano? Lui ha il cuore d’oro,
oltre all’intelligenza, la sensibilità, l’amore per la città del Porta, che conosce come
pochi. Conosce anche il dialetto, ma non lo usa per pudore, e anche per non
confondersi con quei pugliesi che vogliono farsi passare per meneghini.