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Lecce: festival di Pasqua Da oggi

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Di seguito un comunicato diffuso dagli organizzatori:

Anche la Puglia ha il suo Festival di Pasqua, noto format che accomuna grandi realtà europee. La seconda edizione, con la direzione artistica di Ludovica Rana, si apre venerdì 18 aprile (ore 19.30, biglietto 15 euro – ridotto 10 euro, info festivaldipasqualecce.com), a Lecce, nella Sala Convegni “Teatrino” dell’ex Convitto Palmieri.

Sempre fedele al suo slogan “La musica da camera è giovane”, il Festival di Pasqua vedrà protagonista delle tre serate grandi artisti internazionali, tra cui anche il pianista Roberto Prosseda, e giovani talenti che già calcano importanti palcoscenici, pronti a farsi interpreti di una giostra di repertori che spaziano dai grandi autori classici ai contemporanei.

VENERDÌ 18 APRILE 2025

Si parte con il romanticismo di Max Reger ed il viaggio sonoro attraverso il Trio per archi n.1 Op. 77b, un’opera rara e affascinante, e con Schumann, con il Quartetto per pianoforte e archi op. 47 che catapulterà in un mondo di sentimenti intensi. Interpreti: Alice Bisanti alla viola, Gabriele Ceci e Annastella Gibboni al violino, Maddalena Giacopuzzi al pianoforte, Ludovica Rana al violoncello.

La forma compartecipe della sostanza, anzi germe creativo da cui sgorga il pensiero compositivo. È questo il fascino della composizione che aprirà il Festival di Pasqua 2025. Proprio la forma, o meglio, le forme musicali sono un’ossessione per Max Reger. Preludi, fughe, ciaccone, notturni, suite i cui schemi formali definiti vengono trapiantati nel secolo della ‘relatività imperante’ dove ogni certezza piana è perduta per dare spazio ad un caleidoscopio sonoro animato da armonie preziose, cromatismi palpitanti e abilità contrappuntistiche. Audace è la scelta di aprire il festival con una composizione di M. Reger: autore per decadi ostracizzato e relegato, nelle migliori occasioni, tra i neoclassici minori; un autore divisivo, definito “freddo e di poca presenza spirituale” e ancora “sommo cesellatore di musica da camera” da alcuni ma anche precursore di moltissime esperienze musicali del Novecento, da altri. Indubbia è la copiosità della musica da camera nel catalogo: un numero impressionante di composizioni che svela un amore viscerale per Bach e Brahms. Un amore alimentato dalla conoscenza e dalla comprensione del repertorio che nella propria penna diviene anello di congiunzione tra barocco, tardo romanticismo ed espressionismo convivendo nella pluralità delle dimensioni proprie del Novecento. Il trio in la minore è uno di quelle testimonianze ‘sonanti’ che disarmano ogni detrattore: la capacità di tensione emotiva, l’espressività, la proiezione verso una promessa di rinascita mentre si attraversa la difficoltà del tempo presente disarmante non può che essere un augurio per un cammino verso la Pasqua e un mondo migliore.

Si torna agli affetti stabili, quelli debitamente sedimentati, con il quartetto op.47: è manifestazione di uno Schumann nel pieno della sua maturità, dodici umbratili battute aprono il primo movimento in un clima di sospesa attesa che presto sboccia nell’Allegro ma non troppo. È il 1842, l’anno che lo stesso compositore definì “l’anno della musica da camera“, e questo quartetto per pianoforte e archi ne rappresenta uno dei frutti più maturi. Composto a Lipsia, dopo aver studiato approfonditamente i quartetti di Mozart e Beethoven, l’opera mostra uno Schumann in perfetto equilibrio tra la sua anima romantica e la sua devozione alle forme classiche.

Il secondo movimento è un vero gioiello: uno Scherzo in cui l’energia ritmica e l’inventiva melodica si fondono in un vortice di suoni che sembra riflettere la doppia natura dell’autore – Florestan ed Eusebius (Florestano ed Eusebio), impeto e meditazione. L’Andante cantabile che segue è una delle pagine più intime e toccanti del repertorio cameristico romantico, dove il violoncello intona una melodia di struggente bellezza che sembra evocare il canto di Clara, sua amata sposa.

Il Finale, con la sua brillante scrittura pianistica e il sapiente dialogo tra gli strumenti, conclude l’opera con uno slancio vitale che celebra la gioia della creazione artistica condivisa. In questo quartetto, Schumann raggiunge quella perfetta sintesi tra forma e contenuto emotivo che rappresenta l’essenza del suo linguaggio musicale: passione controllata dalla ragione, fantasia incanalata nella tradizione.

Così, dopo l’audace modernità di Reger, il festival ci riporta al cuore pulsante del romanticismo tedesco, in un ideale percorso che abbraccia continuità e rottura, tradizione e innovazione – due facce della stessa, inesauribile ricerca espressiva che anima la grande musica di ogni tempo.

SABATO 19 APRILE l’energia e la passione di Shostakovich con due pezzi per ottetto d’archi e la trascrizione orchestrale del suo Quartetto per archi n. 8, passando per il Quintetto per pianoforte e archi di Schumann, con la partecipazione al pianoforte di Roberto Prosseda, uno dei musicisti italiani più versatili e attivi sulla scena mondiale, la cui fama è cresciuta soprattutto grazie all’integrale delle opere pianistiche di Felix Mendelssohn, registrata per Decca in 10 CD (2005-2014) e raccolta in un cofanetto nel 2017.

DOMENICA 20 APRILE si chiude con un programma che celebra il dialogo tra epoche e linguaggi musicali, unendo la grazia classica di Mozart, la profondità meditativa di Arvo Pärt e l’energia ritmica di Bartók.

Tra gli interpreti delle tre serate, oltre alla stessa direttrice artistica Ludovica Rana, il pianista Roberto Prosseda, il Quartetto Adorno (Edoardo Zosi – violino, Liù Pelliciari – violino, Benedetta Bucci – viola, Stefano Cerrato – violoncello), i violinisti Riccardo Zamuner e Gabriele Ceci, la pianista Maddalena Giacopuzzi, la violista Alice Bisanti, la violinista Annastella Gibboni, il contrabbassista Angelo Santo Loisi e il violista Matteo Mizera.

Inizio concerti ore 19.30.

Biglietti 15 euro (ridotto under 25 e studenti di Conservatorio e Università euro 10). Abbonamento tre serate euro 40 (ridotto euro 25). Acquisti on line su vivaticket.com.

Tutte le informazioni su festivaldipasqualecce.com

info@associazioneoperaprima.com +39 393 1948557 +39 327 4562684

Il Festival di Pasqua è realizzato dall’associazione musicale Opera Prima, con la direzione artistica di Ludovica Rana, violoncellista e camerista – si è formata nei centri artistici più autorevoli d’Europa – docente di Musica da Camera presso il Conservatorio di Bari e direttrice artistica di SMA – Sistema Musica Arnesano, progetto sociale nato nel 2017 nel suo paese d’origine, nella provincia leccese.

Tre serate di note “preziose” che faranno brillare Lecce, la città simbolo del barocco, in un intenso fine settimana all’insegna della musica da camera! Saranno proposte le pagine più straordinarie del repertorio cameristico di Bartok, Mozart, Pärt, Schumann, Shostakovich, Reger: programmi che celebrano la creatività e l’arte in tutte le sue massime espressioni. (Ludovica Rana)

Azzurra De Razza

Addetto stampa Opera Prima

3387755897 – azzurraderazza@gmail.com

PROGRAMMA

Venerdì 18 Aprile ore 19.30

Lecce – Sala Convegni “Teatrino” Ex Convitto Palmieri

Scopri il Romanticismo di Max Reger

Un viaggio sonoro attraverso il Trio per archi n.1 Op. 77b, un’opera rara e affascinante.

Schumann: Emozione Pura

Il Quartetto per pianoforte e archi op. 47 ti catapulterà in un mondo di sentimenti intensi.

Programma

M. Reger Trio per archi n.1 Op. 77b

Sostenuto. Allegro agitato

Larghetto

Scherzo: Vivace – Trio: Vivace

Allegro con moto

Interpreti

Annastella Gibboni, violino

Alice Bisanti, viola

Ludovica Rana, violoncello

R. Schumann Quartetto per pianoforte e archi op. 47

Sostenuto assai. Allegro

Scherzo. Molto vivace. Trio I e II

Andante cantabile

Finale – Vivace

Interpreti
Gabriele Ceci, violino

Alice Bisanti, viola

Ludovica Rana, violoncello

Maddalena Giacopuzzi, pianoforte

SINOSSI

La forma compartecipe della sostanza, anzi germe creativo da cui sgorga il pensiero compositivo. È questo il fascino della composizione che aprirà il Festival di Pasqua 2025. Proprio la forma, o meglio, le forme musicali sono un’ossessione per Max Reger. Preludi, fughe, ciaccone, notturni, suite i cui schemi formali definiti vengono trapiantati nel secolo della ‘relatività imperante’ dove ogni certezza piana è perduta per dare spazio ad un caleidoscopio sonoro animato da armonie preziose, cromatismi palpitanti e abilità contrappuntistiche. Audace è la scelta di aprire il festival con una composizione di M. Reger: autore per decadi ostracizzato e relegato, nelle migliori occasioni, tra i neoclassici minori; un autore divisivo, definito “freddo e di poca presenza spirituale” e ancora “sommo cesellatore di musica da camera” da alcuni ma anche precursore di moltissime esperienze musicali del Novecento, da altri. Indubbia è la copiosità della musica da camera nel catalogo: un numero impressionante di composizioni che svela un amore viscerale per Bach e Brahms. Un amore alimentato dalla conoscenza e dalla comprensione del repertorio che nella propria penna diviene anello di congiunzione tra barocco, tardo romanticismo ed espressionismo convivendo nella pluralità delle dimensioni proprie del Novecento. Il trio in la minore è uno di quelle testimonianze ‘sonanti’ che disarmano ogni detrattore: la capacità di tensione emotiva, l’espressività, la proiezione verso una promessa di rinascita mentre si attraversa la difficoltà del tempo presente disarmante non può che essere un augurio per un cammino verso la Pasqua e un mondo migliore.

Si torna agli affetti stabili, quelli debitamente sedimentati. Il quartetto op.47 è manifestazione di uno Schumann nel pieno della sua maturità, dodici umbratili battute aprono il primo movimento in un clima di sospesa attesa che presto sboccia nell’Allegro ma non troppo. È il 1842, l’anno che lo stesso compositore definì “l’anno della musica da camera“, e questo quartetto per pianoforte e archi ne rappresenta uno dei frutti più maturi. Composto a Lipsia, dopo aver studiato approfonditamente i quartetti di Mozart e Beethoven, l’opera mostra uno Schumann in perfetto equilibrio tra la sua anima romantica e la sua devozione alle forme classiche.

Il secondo movimento è un vero gioiello: uno Scherzo in cui l’energia ritmica e l’inventiva melodica si fondono in un vortice di suoni che sembra riflettere la doppia natura dell’autore – Florestan ed Eusebius (Florestano ed Eusebio), impeto e meditazione. L’Andante cantabile che segue è una delle pagine più intime e toccanti del repertorio cameristico romantico, dove il violoncello intona una melodia di struggente bellezza che sembra evocare il canto di Clara, sua amata sposa.

Il Finale, con la sua brillante scrittura pianistica e il sapiente dialogo tra gli strumenti, conclude l’opera con uno slancio vitale che celebra la gioia della creazione artistica condivisa. In questo quartetto, Schumann raggiunge quella perfetta sintesi tra forma e contenuto emotivo che rappresenta l’essenza del suo linguaggio musicale: passione controllata dalla ragione, fantasia incanalata nella tradizione.

Così, dopo l’audace modernità di Reger, il festival ci riporta al cuore pulsante del romanticismo tedesco, in un ideale percorso che abbraccia continuità e rottura, tradizione e innovazione – due facce della stessa, inesauribile ricerca espressiva che anima la grande musica di ogni tempo.

Sabato 19 Aprile ore 19.30


Shostakovich: Energia e Passione

Due pezzi per ottetto d’archi che ti faranno vibrare. E poi, il Quintetto per pianoforte e archi di Schumann con Roberto Prosseda: un evento imperdibile!

Sinfonia da Camera: Un Capolavoro

La trascrizione orchestrale del Quartetto per archi n. 8 di Shostakovich, un’esperienza sonora indimenticabile

Programma

D. Shostakovich Due pezzi per ottetto d’archi, op. 11

Preludio – Adagio

Scherzo: Allegro molto – Moderato – Allegro

R. Schumann Quintetto per pianoforte e archi, op. 44

Allegro brillante

In Modo d’una Marcia. Un poco largamente. Agitato

Scherzo. Molto vivace – Trio I e II

Allegro, ma non troppo

D. Shostakovich Sinfonia da camera, op. 110 a

Trascrizione per orchestra da camera del Quartetto per archi n. 8, op. 110

a cura di Rudolf Barshai

Largo

Allegro molto

Allegretto

Largo

Largo 

Interpreti

Roberto Prosseda, pianoforte

Quartetto Adorno

Riccardo Zamuner, violino 

Annastalla Gibboni, violino

Matteo Mizera, viola

Ludovica Rana, violoncello

Angelo Santo Loisi, contrabbasso

SINOSSI

Il Festival di Pasqua prosegue con un programma che intreccia profondità espressiva e intensità emotiva, attraverso le opere di Dmitrij Shostakovich e Robert Schumann, due compositori che, pur appartenendo a epoche e contesti diversi, condividono una scrittura ricca di pathos e profondità psicologica.

Il concerto si apre con i Due pezzi per ottetto d’archi, op. 11 di Shostakovich, scritti nel 1924, quando il compositore aveva appena 18 anni ed era ancora studente al Conservatorio di Leningrado. Nonostante la giovane età, l’opera mostra già la cifra stilistica che lo avrebbe reso celebre: un equilibrio tra lirismo e tensione drammatica, con echi di Stravinskij e di Čajkovskij. Curiosamente, il giovane Shostakovich era noto per il suo carattere ironico e dissacrante, ma in queste pagine traspare anche la sua vena più introspettiva.

Segue il Quintetto per pianoforte e archi, op. 44 di Schumann, scritto nel 1842, un anno d’oro per la musica da camera del compositore. Questo quintetto è stato dedicato alla moglie Clara, celebre pianista, che lo eseguì in anteprima privata con il Quartetto di Ferdinand David. La leggenda vuole che, durante una prova, Robert si ammalò e Clara lo sostituì al pianoforte, lasciando tutti senza parole per la sua bravura. L’opera è un capolavoro di equilibrio tra energia ritmica, passaggi virtuosistici e lirismo appassionato, caratteristiche tipiche del Romanticismo schumanniano.

A chiudere la serata, la Sinfonia da camera, op. 110a, trascrizione per orchestra d’archi del Quartetto per archi n. 8, op. 110 di Shostakovich, realizzata da Rudolf Barshai. Composto nel 1960 in appena tre giorni, il quartetto è un’opera profondamente autobiografica: scritto a Dresda dopo aver visitato le rovine della città devastata dalla guerra, è pervaso da un senso di tragedia e rassegnazione. Shostakovich inserisce il suo monogramma musicale (D-S-C-H) come firma ossessiva, alternandola a citazioni di sue opere precedenti e motivi ebraici, in un doloroso autoritratto sonoro. Si dice che, dopo averlo composto, abbia scritto a un amico: «Ho pianto come un bambino». La trascrizione di Barshai amplifica il dramma, trasformando il quartetto in una sorta di requiem orchestrale.

Un programma che attraversa epoche e stili, mettendo in luce il dialogo tra classicismo e modernità, intimità e grandezza orchestrale.

Domenica 20 Aprile ore 19.30

Mozart: Genio Classico

Il Quartetto n. 1 per pianoforte e archi K478, un capolavoro che ti farà innamorare della musica classica.

Pärt e Bartók: Innovazione e Tradizione

Un Adagio minimalista e un Divertimento per archi che ti sorprenderanno con la loro bellezza e complessità.


Programma

W.A. Mozart Quartetto n. 1 per pianoforte e archi K478

Allegro

Andante

Rondò

Riccardo Zamuner, violino

MATTEO Mizera, viola

Ludovica Rana, violoncello

Maddalena Giacopuzzi, pianoforte

A. Pärt Mozart – Adagio per Trio

Annastella Gibboni, violino

Ludovica Rana, violoncello

Maddalena Giacopuzzi, pianoforte

B. Bartók Divertimento per archi, BB 118, SZ 113

Allegro non troppo

Molto adagio

Allegro assai

Quartetto Adorno

Riccardo Zamuner, violino 

Annastella Gibboni, violino

Matteo Mizera, viola

Ludovica Rana, violoncello

Angelo Santo Loisi, contrabbasso

SINOSSI – Finale del Festival di Pasqua

Il Festival di Pasqua si conclude con un programma che celebra il dialogo tra epoche e linguaggi musicali, unendo la grazia classica di Mozart, la profondità meditativa di Arvo Pärt e l’energia ritmica di Bartók.

Ad aprire la serata è l’Allegro dal Quartetto per pianoforte e archi n. 1 in sol minore, K. 478 di Wolfgang Amadeus Mozart, scritto nel 1785 su commissione dell’editore viennese Franz Hoffmeister. Quest’ultimo, tuttavia, rimase deluso dall’opera, ritenendola troppo difficile per i dilettanti cui era destinata, tanto da annullare il contratto dopo il primo quartetto. Mozart, mai troppo preoccupato dagli affari, non se ne curò e proseguì con altri progetti. L’opera, con il suo carattere drammatico e brillante, dimostra la maestria del compositore nel fondere il pianoforte con gli archi in un dialogo serrato e coinvolgente.

Segue Mozart – Adagio di Arvo Pärt, scritto nel 1992 come omaggio al compositore salisburghese. Pärt, noto per il suo stile minimalista e spirituale, riprende e trasforma un frammento dal Concerto per pianoforte K. 466, immergendolo in un’atmosfera eterea e sospesa. La musica di Pärt è spesso legata a esperienze personali di profonda riflessione religiosa: dopo una crisi creativa negli anni ’60, il compositore si ritirò in un monastero e sviluppò il suo celebre stile tintinnabuli, basato sulla semplicità e sulla risonanza mistica dei suoni nonché alle risonanze filogenetiche che suscitano nell’animo umano. Questo Adagio, con la sua purezza e la sua malinconia, sembra quasi una meditazione sulla fragilità della bellezza.

A chiudere il concerto e il Festival, il Divertimento per archi, BB 118, SZ 113 di Béla Bartók, composto nel 1939 su commissione del direttore d’orchestra Paul Sacher, poco prima che il compositore lasciasse l’Europa per sfuggire all’avanzata nazista. L’opera, scritta in Svizzera in pochi giorni, è una delle ultime pagine in cui Bartók si concede momenti di spensieratezza, prima del drammatico esilio negli Stati Uniti. Il titolo richiama la tradizione settecentesca del divertimento, ma dietro la vivacità ritmica e le melodie di ispirazione popolare si avverte anche un senso di inquietudine, quasi premonitore dei tempi difficili che stavano per arrivare.

Un finale che intreccia eleganza, introspezione e dinamismo, offrendo un’esperienza musicale intensa e coinvolgente, perfetta per concludere il Festival con un viaggio emozionante attraverso le epoche.

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