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Martina Franca: supermercati, la norma va cambiata ma in consiglio comunale il provvedimento ancora non arriva Richiesta dirigenziale risalente a più di due mesi fa

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Di Francesco Mastrovito:

Sono passati ormai inutilmente più di sessanta giorni da quando portammo alla luce del sole il caso del Documento strategico del commercio del Comune di Martina Franca, che tra le proprie righe contiene una forzatura ritenuta illegale perfino dall’avvocato Giuseppe Sciscioli il tecnico chiamato e pagato dall’amministrazione comunale per esprimere un pare in merito.

Forse dire inutilmente non è completamente esatto poiché, sicuramente per pura coincidenza, in data 16 marzo (subito dopo il nostro precedente articolo) il dirigente del IV settore, l’ingegnere Giuseppe Mandina e il responsabile del servizio, l’architetto Orazio Soleti, comunicavano di aver inviato al presidente del consiglio comunale e al presidente della competente commissione consiliare “la proposta di modifica all’art. 5 del Documento Strategico del commercio – Regolamento per le medie strutture di vendita, approvato con D.C.C. n. 140 del 28/12/2018, relativa allo stralcio della “nota” richiamata”.

In sostanza il dirigente e il responsabile del servizio, facendo proprio il parere dell’avvocato Sciscioli, riconoscono l’illegittimità di quella “nota” a margine dell’art. 5 del documento strategico del commercio che, ricordiamo, con un fantasioso esercizio di pensiero, stabilisce che le aperture delle medie strutture M2 del tipo alimentare/misto “sono autorizzabili a condizione che almeno il 60% della superficie di vendita sia occupata da prodotti non alimentare”.

A questo punto l’evoluzione più giusta, logica e prevedibile sarebbe stata l’approdo del provvedimento in consiglio comunale, per porre rimedio a una stortura che potrebbe costare molto cara alla collettività. Ma nonostante previsioni e attese, tutto tace.

Un nuovo punto vendita di prodotti alimentari, magari un discount, è un concorrente per attività esistenti. Analizzando la composizione del consiglio comunale in carica, c’è chi direttamente o indirettamente, è impegnato in attività esistenti. Lungi dal pensare a conflitti di interesse bisogna dunque auspicare che proprio gli impegnati in quel settore, capendo i problemi e le esigenze gestionali, si adoperino per il superamento dell’irregolarità tuttora esistente. D’altronde, chiudere la strada a una nuova attività con nuovi posti di lavoro solo per garantire una eventuale rendita di posizione sarebbe una irregolarità gravissima da non ipotizzare neanche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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