Ippazio Stefàno, sindaco di Taranto, ha scritto al presidente del consiglio comunale. Ha chiesto la convocazione di una seduta urgente del consiglio comunale. Da tenersi, però, non aTaranto ma a Roma, nei pressi di palazzo Chigi, sede del governo. Così Stefàno intende protestare contro la decisione contenuta nella legge di stabilità, che fra l’altro sblocca il progetto Tempa Rossa, quello che convoglierebbe a Taranto il petrolio estratto nella località lucana di Tempa Rossa. Per stoccare il carburante dovrebbero essere costruiti due nuovi giganteschi silos nella città ionica. Il territorio si è opposto fortemente, però il governo va avanti con il progetto. Stefàno, nella sua lettera, parla anche della necessità di chiarezza sulla drammatica situazione dell’Ilva (ieri peraltro Renzi ha detto che il decreto sarà varato il 24 dicembre). Il sindaco di Taranto ha inviato la lettera per conoscenza anche al presidente del Consiglio, al ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, al prefetto di Taranto (Umberto Guidato) e alle organizzazioni sindacali.
Di seguito un comunicato diffuso dal parlamentare Gianfranco Chiarelli:
L’emendamento alla legge di stabilità, che di fatto spiana la strada alla realizzazione del progetto Tempa Rossa, ignorando completamente la volontà della comunità tarantina, conferma ancora una volta come il governo, nonostante le tante dichiarazioni sulla centralità di Taranto e la sua presunta rilevanza nazionale, in realtà consideri il territorio ionico una sorta di colonia.
E’ evidente che, vuoi nel caso Ilva, vuoi per l’Eni, si stiano adottando provvedimenti che tutelano solo interessi economici, mascherati da ragion di Stato, ignorando la volontà dei tarantini e negando qualsiasi forma di dialogo.
Rispetto alle questioni di fondo, che riguardano il rapporto lavoro-ambiente-salute, è bene chiarire che da parte di Forza Italia non vi è alcuna posizione precostituita, nè si intende opporre un no preconcetto a qualunque iniziativa; anche per Tempa Rossa l’attuale valutazione negativa può cambiare se si verificassero due condizioni irrinunciabili: garanzia assoluta sull’impatto ambientale e adeguate compensazioni. Non si può pensare di liquidare la questione con poche decine di posti di lavoro o qualche mancia.
Basta con le decisioni calate da Roma senza confronto con il territorio. In Parlamento daremo sicuramente battaglia.