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Debutto in teatro per “L’offesa” dal libro dell’avvocato tarantino su un caso di errore giudiziario Anna Maria Manna in carcere per un reato mai commesso

L'Offesa

Di seguito il comunicato:

Grande successo al “Teatro Le Sedie” di Roma delle tre repliche per la prima assoluta de “L’Offesa”, la pièce teatrale tratta dall’omonimo libro dell’avvocato tarantino Rosario Orlando.

È la storia di uno dei più famosi errori giudiziari italiani con protagonista Anna Maria Manna, una donna di Palagiano arrestata con l’accusa infamante di pedofilia, in cella per una foto sbagliata e poi prosciolta dopo 14 mesi!

Lo spettacolo “L’Offesa”, una produzione L’Albatro e Nutrimenti Terrestri con il patrocinio di Errori giudiziari, l’associazione fondata da Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi (www.errorigiudiziari.com), narra la vera storia accaduta a Anna Maria Manna, una donna per bene, arrestata per un reato gravissimo e infamante, ma mai commesso, che ha dovuto sopportare la vergogna del carcere senza alcuna colpa.

L’opera, un adattamento teatrale di Sara Allegrucci e Carlo Fineschi, narra in modo coinvolgente non solo le sue tribolazioni, ma anche le sofferenze della famiglia, la perdita della reputazione con gli amici, sul lavoro e nella vita.

Con la regia di Carlo Fineschi e interpretato da Sara Allegrucci, Matteo Bolognese, Edoardo Ciufoletti e Chiara Della Rossa, lo spettacolo racconta un’ingiustizia enorme, un clamoroso errore giudiziario, una battaglia vissuta attraverso i due protagonisti: Anna Maria Manna e il suo avvocato Rosario Orlando.

La vicenda mette insieme, in un colpo solo, tutte le cause più frequenti di ingiusta detenzione: a causa di errori giudiziari, infatti, ogni anno in Italia vengono arrestati 1.000 innocenti.

È così al termine dello spettacolo ogni spettatore si porrà la domanda: e se domani accadesse a me?

Palagiano, un comune in provincia di Taranto, verso la fine del 1999 finisce sulle prime pagine dei giornali per una brutta storia di pedofilia: alcuni alunni della scuola elementare, tra i 10 e i 12 anni, hanno raccontato alle loro maestre di essere stati adescati per partecipare a festini porno e incontri a sfondo sessuale. I carabinieri, incaricati di far luce sull’accaduto, sospettano il coinvolgimento di una trentina di persone: tra queste, Anna Maria Manna, incensurata.

Le indagini sono condotte in maniera alquanto “empirica”: i carabinieri, dopo aver ascoltato le testimonianze dei bambini, creano una sorta di album in cui vengono messe insieme diverse foto prelevate dall’ufficio anagrafe del Comune, da sottoporre alle piccole vittime per il riconoscimento. Anche la foto di Anna Maria Manna finisce nel fascicolo degli inquirenti: si tratta di uno scatto in cui la donna ha 17 anni ed è molto diversa da come appare all’epoca delle indagini, soprattutto per l’acconciatura.

I bambini, con una procedura confusa, la riconoscono come una delle donne coinvolte in quegli incontri. Ciò basta a farla ritenere colpevole.

Alle 5 del mattino del 25 maggio 2000 i carabinieri si presentano a casa di Anna Maria Manna a Torino. Dopo qualche ora finisce nel carcere “Le Vallette” in isolamento. Il primo interrogatorio davanti al gip, durante il quale spera di poter chiarire tutto, non sortisce effetto. Passa una settimana e viene trasferita nel carcere di Taranto, dove la detenzione si trasforma in un inferno.

Anna Maria Manna non conosce i bambini vittime, né i loro genitori, né tanto meno gli altri indagati.

E soprattutto, nel periodo in cui si sarebbero svolti i fatti non si trovava sul luogo dei fatti, ma a Torino per sostenere il concorso, poi vinto, da impiegata comunale. Il legale della donna, l’avvocato Rosario Orlando, presenta una prima istanza di scarcerazione che il Tribunale di Taranto respinge, disponendo gli arresti domiciliari.

Passeranno altri due mesi prima che della scarcerazione per motivi di salute: Anna è deperita, ha perso moltissimo peso e le sue condizioni continuano a peggiorare. Dopo quattro mesi dall’arresto, si svolge l’incidente probatorio. La donna viene posta dietro un vetro insieme con altre.

Ai bambini viene chiesto di segnalare chi partecipava agli incontri sessuali, ma nessuno di loro la riconosce.

Il 13 luglio 2001, quattordici mesi dopo l’arresto, Anna Maria viene definitivamente riconosciuta innocente: è lo stesso PM a richiedere l’archiviazione al Gip.


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