
Un sindaco, e parlamentare, della metà del secolo scorso, di bottò non poté essere ricandidato al parlamento. Alfonso Motolese, di Martina Franca, si giocò il seggio per un motivo che oggi farebbe sorridere. Ma all’epoca fece scandalo: venne trovato con un’altra donna, in un albergo a Brindisi. Scandalo nazionale, alcuni testimoni ora piuttosto in là con gli anni, riferiscono perfino che se ne occuparono le altissime sfere della democrazia cristiana, tanto per fare due nomi Gronchi e Scalfaro (in epoche diverse sono stati presidenti della Repubblica) mentre c’è anche chi attribuisce ad Alcide De Gasperi, nientemeno, il veto assoluto alla candidatura di Alfonso Motolese. E si dovette ricorrere al fratello Alberico: stesso cognome, iniziale del nome uguale, fu un successone lo stesso.
A distanza di una settantina abbondante di anni, progresso tecnologico che ha stravolto il mondo, possibilità di attribuire una paternità (o almeno di dare una compatibilità). E così, nelle scorse settimane, al cimitero di Martina Franca è stata riaperta una bara: quella del parlamentare e sindaco. Una donna ne chiede il riconoscimento della paternità, che naturalmente può solo essere postumo e con il contributo della scienza, oltre che con un ricorso di tipo giudiziario. La scienza chiamata a dire se il dna della signora e quello dell’uomo che lei ritiene essere suo padre naturale, siano quelli di due congiunti.