Le quattro condanne di ieri a funzionari pubblici ed esponenti dell’imprenditoria (tre anni ciascuno; un’assoluzione) chiudono il processo di primo grado “Matite d’oro”. Ovvero, secondo l’accusa e secondo la condanna, spese di denaro pubblico gonfiate, un rapporto scorretto nell’assegnare lavori ai privati, negli anni scorsi al Comune di Taranto.
Sempre ieri, la denuncia ai carabinieri: rubati dalla sede comunale tarantina di via Plinio, sei computer. Quelli in cui sono custoditi i dati degli appalti.
E da alcune settimane fa paure una serie di intimidazioni nei confronti di Confindustria Taranto, apertamente schieratasi contro la scorrettezza negli appalti. Questo il clima a Taranto. Gli episodi citati sono tutti scollegati fra loro, c’è da esserne certi. Ma il clima complessivo è questo: scorrettezza e paura.