Di Franco Presicci:
Della Milano Taranto ho ricordi giovanili. Vedevo spuntare i motociclisti da viale Virgilio e mi entusiasmavo. Quando tutti i concorrenti toccavano il traguardo fissato in quel tratto di strada tra il Palazzo del Governo e la Rotonda, me ne tornavo a casa, sognando: avrei voluto sedere sul sellino posteriore di una di quelle moto d’epoca in corsa come il vento dal capoluogo lombardo fino alla Bimare, attraversando città e paesi, ammirando panorami meravigliosi, ampie distese di verde, salite, discese, pianure, colline modulate come il corpo di una donna, montagne, curve, piazze, costeggiando laghi, fiumi, cascine; e ad ogni tappa godere sapori, odori, con la gente che ti accoglie a braccia aperte.
La Milano Taranto è esaltante. In una conversazione con il mio compianto amico Mimmo Vacca, già carabiniere tutto d’un pezzo, dovere, fedeltà, sacrifici anche nella vita di ogni giorno, espressi il desiderio che covavo da tempo. Lui non mi dette tempo di concludere la frase: “Ti porto io. Al prossimo appuntamento vieni a Bologna in treno e poi via per mezza Italia fino alla tua città per circa 1400 chilometri”.
Eravamo in casa di un suo commilitone degli anni giovanili e l’idea tentò anche lui. Mimmo non parlava a vuoto. Era un grottagliese tenace, viveva nella meraviglia felsinea, che ha i portici più lunghi del Naviglio Grande a Milano. Aveva una memoria inossidabile, poteva raccontare le meraviglie di Martina Franca, che conosceva bene, come pochi assidui visitatori, e se faceva una promessa la onorava. Così, quando una notte mi telefonò al giornale per dirmi di preparare il bagaglio, fu grande l’imbarazzo nel dichiarare la mia impossibilità, essendo impegnato su un grosso fatto di cronaca. “Sarà per un’altra volta – mi rispose – Che diavolo proprio il cronista dovevi scegliere come mestiere?”. Già immaginava di divorare la strada con me seduto dietro di lui, manifestando la sua abilità di percorrere la strada sfrecciando. Povero Mimmo, la sua moto, che curava con la passione di un medico al capezzale di un paziente, giace nel box, coperta da un telo. Lui non c’è più.
Se alla Milano Taranto vanno a spulciare in archivio forse lo trovano, il nome di Mimmo Vacca, concorrente appassionato. Mimmo, ripeto, ha cambiato mondo, ma io continuo a vagheggiare la partecipazione a quel grande, seducente, inebriante evento, magari su una moto con sydecar. Ma ormai ho molti anni sul groppone e mi accontenterei di rivedere da viale Virgilio i centauri mentre trafiggono l’aria. Li vedrò palpitando in televisione.
La figura di Mimmo balugina: rieccolo a Bologna o nella mia campagna di Martina Franca, mentre mi parla delle tavolate con piatti locali, delle allegre conversazioni, delle risate, della gioia di stare insieme
nelle soste e del momento in cui ruggiscono i motori.
“Parti e raggiungi Piacenza, Parma. Reggio Emilia, Modena, Pistoia, Firenze, Poggibonsi…” e celebrava l’equilibrio architettonico delle facciate di alcuni edifici, aggiungendo l’Acquedotto Romano, il canale navigabile, la Concattedrale, la città vecchia, il Mar Piccolo della mia culla, con le lampare e le paranze, piazza Fontana, la ringhiera, il castello araganese… gioielli, che dalla sua Grottaglie e dalla mia Martina distano un volo di uccello.
La Milano Taranto si svolge da quasi 90 anni. Fu sospesa e ripresa più volte. L’itinerario subì delle modifiche con l’intervento del tarantino Mario D’Eintrona, 1400 chilometri da coprire in una notte.
Grande fatica? Ma no. Questi piloti hanno le ali e sono in grado di affrontare qualunque tipo di strada, larga o stretta, sentieri fiancheggiati da ulivi saraceni dal tronco scolpito da un artista anonimo proveniente dall’Olimpo della categoria, cipressi, pini; strade soleggiate o bagnate di pioggia: una benedizione.
La Milano Taranto è unica. Mi rispecchio nei niei vent’anni fermo all’ombra delle palme in viale Virgilio ad attendere la prima moto. Ecco una Guzzi fiammante, mamma come corre, una saetta, la vedo rimpicciolisci, ridursi a libellula, è già sotto il fascione con la scritta “Arrivo”. Segue una Gilera, un mito. Che emozione! Sì emozionante è la Milano Taranto, già “Freccia del Sud”. Irrompe una moto guidata da un tarantino. Moltissimi urlano il nome: “E’ lui, è lui, ce l’ha fatta. Che bella moto, la cura più della moglie”. L’urlo si moltiplica, si diffonde. Un tarantino che corre dà onore alla città e la città lo osanna. Nella mia immaginazione, scorgo Benvenuto Messia, velocista martinese, che segue i centauri come un fulmine in sella alla sua eroica bici.
“Corri, Ben, non otterrai il traguardo, ma farai la tua bella figura”.
Per Mimmo Vacca le figliolanze non contavano: bolognese o anconetano, modenese o fiorentino, pugliese o calabrese erano tutti uguali. Contava lo sport, la Milano Taranto. Aveva fatto servizio in divisa (pantaloni con
striscia rossa) anche a Cento di Ferrara, e viveva a Bologna, che vanta il pasticcio di maccheroni con pasta frolle dolce, le lasagne verdi, i tortellini, e ha avuto cittadini illustri, tra pittori, scultori, docenti, inventori, da Guglielmo Marconi a un papà, Benedetto XIV, a Lucio Dalla. “Credi che io la esalterei soltanto perché un felsineo ha vinto la Milano Taranto, che pure adoro?”.
La Milano Taranto è anche cultura. Ti offre l’occasione di percorrere località nuove; di assorbire panorami suggestivi che danno gioia, di conoscere persone che rimarranno amici per la vita; fette di bellezze, armonie festose; di rallegrarti nel vedere qua e là persone in attesa con la voglia di applaudire, di gridare “Corri, corri, centauro, sotto il vessillo della Milano Taranto”. Tripudio di battimano e di belle vedute, un modo diverso di osservare il nostro Paese. La Milano Taranto è allegria, libertà, sport, velocità inebriante, ristoro per il corpo e per lo spirito. È tante cose messe insieme. La si aspetta con ansia. Mimmo Vacca teneva a lucido la sua moto, che gli aveva procurato qualche coppa, che custodiva bene in vista su una mensola del soggiorno di casa.
Adesso si è in attesa del segnale dello “starter”, il 7 luglio la corsa prende il via dal Parco Esposizioni di Novegro Il 14 io come altre volte sarò a Taranto per le vacanze estive e potrò ancora una volta spellarmi le mani alla vista di quei razzi. Sarò sulla rotonda spero in prima fila e vivrò i miei brividi in silenzio, senza farmi contagiare nemmeno per un attimo dal fermento del pubblico, riuscendo a contenere la palpitazione. Se la rotonda non avrà uno spiraglio, allora mi accontenterò di un posto vicino alla fontana multicolori, oppure mi aggrapperò, se possibile, al cancello dei Salesiani, dove spero arrivi ancora il profumo del mare, Sarà una bellissima giornata di festa, magari baciata dal sole.
La Milano Taranto è una leggenda Se una persona abile con la penna decidesse di scrivere un racconto su questa manifestazione, tratteggiando le figure dei vincitori, degli organizzatori, dei concorrenti, animati da un profondo
spirito sportivo, che li induce a divorare chilometri e chilometri senza cedere alla stanchezza, leggeremo pagine stupende. Mimmo Vacca, che fremeva per la
Milano Taranto, quando si lasciava andare ai ricordi, ripescava, sì, gli anni di carabiniere inflessibile e ligio ai comandi, ma pensava anche a tenere desta l’attenzione della comitiva sui momenti più belli della corsa, che fra l’altro offriva al suo sguardo ori paesaggistico indimenticabili e al suo cuore di uomo affabile e leale amicizie intramontabili.
Un ragazzo sveglio e curioso mi chiede notizie sugli albori della Milano Taranto, io prendo tempo, m’informo e faccio qualche accenno, ricavandolo da ciò che l’ufficio stampa ha diffuso. Sorse nel 1919 ed è passata alla storia come “Freccia del Sud”, percorso Milano Caserta, palma a Luigi Girardi, a cavallo di una Garelli 350cc. alla media di 38,96 chilometri orari. Fu sospesa dal 1925 al 1932, anno in cui nacque la Milano Napoli, con partenza notturna dall’idroscalo del capoluogo lombardo. Poi ecco la Milano Roma Taranto. Nel ‘50 prese il nome attuale. In quell’anno nessuno aveva ancora dimenticato la guerra, i suoi disastri, le ferite che aveva lasciato in chi l’aveva combattuta e in chi l’aveva vissuta stando a casa con la trepidazione per la sorte di un un figlio, del marito al fronte. Quindi si avvertiva il bisogno di rinascere, allontanando da sé ogni ricordo delle bombe, della sirena, che le annunciava, dei palazzi polverizzati, delle navi affondate, come a Taranto la notte dell’11 novembre del ‘40.
Per una settimana mettiamo da parte i ricordi. Ci vediamo a luglio, quando la Milano-Taranto partirà.
Festosa, con concorrenti provenienti da 11 regioni.