Di seguito un comunicato del politecnico di Bari:
Le ricerche e le proposte contenute in tre tesi di laurea in architettura di 18 neo laureati del Politecnico di Bari sono state premiate a Camerino (MC), presso l’Università, in occasione dell’edizione 2017 del Premio internazionale SACU nell’ambito XXVII Seminario internazionale di Architettura e Cultura Urbana.
Le tesi che hanno partecipato al concorso, “Ricostruzione e Innovazione” con le sezioni “Trasformazione e riuso dell’esistente. Nuovi paesaggi urbani. Materiali e tecniche costruttive”, hanno focalizzato le loro attenzioni sui centri pugliesi di Locorotondo e Canosa e, in ambito europeo, sui borghi rurali andalusi (Spagna). I lavori presentati a Camerino dai neo laureati Poliba, si sono distinti nell’ambito delle 48 proposte progettuali giunte in finale da tutta Italia.
“Ricostruzione e innovazione” (tema dell’edizione 2017), sono i due aspetti salienti del progetto dell’esistente e segnano la ricorrente disputa fra conservazione e trasformazione. In realtà l’architettura trova le sue ragioni nella lettura critica dell’esistente e delle sue sedimentazioni storiche, nella comprensione dei luoghi e della multiforme società in evoluzione. Trasformare l’esistente vuol dire anche migliorarne le qualità in termini di sicurezza, salubrità, efficienza energetica, risparmio delle risorse naturali; il che richiede una stretta collaborazione architettonica-ingegneristica e un gran numero di altre competenze per le molteplici implicazioni che un progetto innovativo, partecipato e consapevole dei valori in gioco presuppone.
In questo solco si sono mossi i concorrenti del Politecnico. Ogni tesi di laurea ha raggruppato il lavoro di sei studenti, coordinati dal docente-coordinatore-relatore, nell’ambito del laboratorio di tesi.
La tesi premiata su Locorotondo. Il centro antico di Locorotondo è uno degli insediamenti della Valle d’Itria dal forte carattere identitario. L’immagine del centro antico sedimentata nella memoria collettiva è affidata alla coralità dell’edilizia minuta rappresentata da case a pseudo-schiera a più piani. Queste, realizzate con lo stesso materiale del luogo impiegato nella costruzione dei muretti a secco, assumono una particolare connotazione. Le scale, gli sporti di gronda, gli apparati decorativi a corredo delle aperture, gli infissi tradizionali, le ringhiere, le ferrate, sono altrettanti elementi che concorrono a caratterizzare l’aspetto di Locorotondo che, per la sua singolarità, impone misure di salvaguardia. “Locorotondo però – sostengono gli autori della tesi: Roberta Quaranta (Bari Palese), Antonio De Liddo (Bari), Annalisa Cascione (Bitetto), Caterina Anelli (Rutigliano), Giorgio Maria Bevilacqua (Foggia), Serena Cellie (Brindisi), Coordinatore/Relatore: prof. Rossella de Cadilhac – è un insediamento solo apparentemente ben conservato, in realtà a rischio di progressivo degrado per l’inadeguatezza dell’edilizia di base e soggetto a interventi e riusi spesso impropri che rischiano di compromettere irreversibilmente l’elevata qualità architettonica e ambientale dell’organismo urbano. Si pongono perciò delicati problemi di tutela e utilizzo che impongono un mirato recupero finalizzato ad una corretta fruizione attenta a preservare quei caratteri che fanno di Locorotondo un unicum irripetibile”. La formulazione di linee-guida messe a punto nel loro lavoro dal titolo: “Centri storici minori fra conservazione e rivitalizzazione: il caso di Locorotondo”, crea le premesse per un’appropriata conservazione, ma anche per la valorizzazione del nucleo antico, attraverso interventi di manutenzione (ordinaria e straordinaria), di restauro e risanamento conservativo, di recupero del centro antico, ponendo come condizione di base l’indispensabilità di un’approfondita conoscenza dei singoli manufatti, che rappresenta il momento preliminare ad ogni azione conservativa.
Lo studio rivolge una particolare attenzione, oltre ad aspetti strettamente architettonici, alla problematica del riuso e dell’attribuzione di funzioni compatibili, che si pone soprattutto per manufatti caduti in disuso, o sottoposti a cambi incongrui di destinazione funzionale proponendo – attraverso casi esemplificativi – soluzioni rispettose delle caratteristiche architettoniche e costruttive dei manufatti nel loro ineliminabile rapporto con l’aggregato di appartenenza. L’obiettivo è quello di fornire linee d’indirizzo che propongano un’idea di recupero intesa come conoscenza, conservazione, valorizzazione, fruizione, promozione del patrimonio architettonico tradizionale concepito anche come risorsa per perseguire obiettivi di sviluppo territoriale.
La tesi premiata su Canosa. Canosa, l’antica romana Canusium deve la sua importanza alla sua collocazione geografica, al confine tra il tavoliere e la murgia. Nodo di passaggio da nord a sud (via Traiana) la sua fortuna fu legata soprattutto ai fasti di Roma. Con essa strinse un’alleanza a cui si mantenne fedele anche dopo la sconfitta di Canne ad opera di Annibale. Ancor prima greca, fu sin dai secoli IV e III a. C. città fiorente di commerci. Nei pressi del suo porto sul mare, alla foce dell’Ofanto, allora navigabile, sorse più tardi Barletta. Le invasioni barbariche e il medioevo segnarono il declino della città e un lento abbandono dell’antico insediamento urbano tuttora evidente. La tesi, “Canosa. Studio dei caratteri dell’architettura pugliese. Lettura comparata dell’organismo edilizio e aggregativo di Canosa di Puglia con altri centri dell’intorno territoriale nord barese”, elaborata da Alessio Giulio Greco (Lecce), Federica Mazza (Oria), Vito Antonio Parlante (Gioia del Colle), Marcello Pedone (Corato), Pietro Enzo Andrea Petruzzella (Molfetta), Nicola Sarcina (Giovinazzo), Coordinatore/Relatore: prof. Matteo Ieva, propone uno studio dei fenomeni urbani, dall’età medioevale alla contemporaneità, con lo scopo di provare a ricostruire le criticità che connotano la Canosa odierna. Obiettivo dello studio è anche la ricerca delle cause che hanno determinato l’attuale decadenza (soprattutto del nucleo antico) e, allo stesso tempo, quello di stabilire la possibilità concreta per costruire realisticamente la rinascita etico-civile e culturale della comunità.
La città medioevale è presentata attraverso una sintesi che giunge a proporre una ricostruzione dei tipi edilizi presenti nel borgo. A tal proposito si osserva una eccessiva “consunzione” del costruito, analoga a quei luoghi degradati; l’assenza di servizi collettivi e di attività ordinarie, che l’ha relegato al ruolo di quartiere dormitorio; un progressivo depauperamento del luogo che è stato presto considerato “rifugio” per le classi sociali meno agiate, le quali hanno intrapreso iniziative personali di modificazione dell’esistente. Per il recupero dell’antico borgo medioevale – si sostiene nella ricerca – occorre avviare un processo graduale ma sistematico che provi a invertire l’odierna tendenza restituendo al centro storico di Canosa di Puglia una significatività autentica, vera. Le azioni da promuovere: costruire un quadro programmatico che tenga conto delle “virtù” specifiche che la città mostra nella sua totalità favorendo le opportunità di recupero a fini collettivi attraverso la valorizzazione del patrimonio archeologico-monumentale con la risposta che si potrebbe generare non solo in forma turistica ma, potenzialmente, come migrazione permanente o semi-stanziale, di popolazione interessata a occupare, recuperandolo, il costruito storico. Realizzazione di un museo archeologico nazionale. A tal proposito, è stato proposto, nell’area del battistero di S. Giovanni del VI secolo, destinata dal PUG a museo archeologico, un complesso di organismi speciali in cui emerge proprio l’edificio del museo.
La tesi premiata sui “Borghi Rurali Andalusi”. Il tema di ricerca condotto nel Laboratorio di Laurea “Borghi Rurali Andalusi” ha avuto come oggetto i tracciati e i sistemi insediativi realizzati dall’Instituto Nacional de Colonización (INC) tra gli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta del XX secolo sotto la dominazione franchista in Spagna. In questo periodo, si realizzarono circa trecento nuove città, di piccole dimensioni e di bassa densità, denominate “pueblos”, con l’intento di colonizzare il territorio, trasformandolo in un primo momento con opere di irrigazione forzata e, successivamente, permettendo l’insediamento stabile dei coloni.
Il lavoro, “I borghi rurali andalusi: progetto di valorizzazione per la definizione di una rete territoriale”, elaborato da Maria Rosa Abbondanza (Bitonto), Margherita De Luca (San Severo), Olga Maria Germinario (Santeramo in Colle), Anastasia Padovano (Mola di Bari), Giacomo Carlo Palmieri (Cassano Murge), Nicola Sinisi (Andria), Coordinatore/Relatore: prof. Loredana Ficarelli, si è concentrato nella regione andalusa, studiando 13 pueblos accomunati dal rapporto di vicinanza con il fiume Guadalquivir e caratterizzati da una diversificazione degli impianti urbani. L’indagine dei casi studio, nelle loro varianti formali e funzionali, ha permesso l’elaborazione di modelli insediativi territoriali ed abitativi ed una catalogazione morfologica, tipologica ed aggregativa dei pueblos.
L’obiettivo del progetto di valorizzazione di questi borghi, il cui uso attuale è rimasto strettamente legato ad una produzione agricola ormai troppo spesso infruttifera, è finalizzato alla rimodulazione del rapporto con la campagna ed il territorio. Quest’ultima ricerca, in particolare, ha ottenuto il premio della critica.
Tutti i Lavori premiati e segnalati saranno prossimamente pubblicati sul magazine di architettura, “ARCHITETTURAeCITTÀ”, Di Baio Editore.