Martina Franca è nota, in tema di agroalimentare, per il suo capocollo. Un prodotto che però non ha mai “blindato” la sua tipicità completamente. Può dunque capitare di assistere, com’è accaduto al Vinitaly di Verona, alla presentazione di altro capocollo, pienamente legittimato non essendoci le citate tutele. Es capocollo, produttore vinicolo di Sava e laboratorio di salumi di Cisternino, “benedizione” dell’assessore regionale all’Agricoltura per la bella idea (la signora Santoro, del salumificio, è fra l’altro vicepresidente del gruppo di azione locale Gal della valle d’Itria). E così, il capocollo è servito. E anche Martina Franca.
“Povera Martina” segnala un visitatore, attentissimo alle questioni dell’agroalimentare e del marketing. A meno di qualche impegno diretto di produttori martinesi, che peraltro non è stato notato a Verona se non in un altro stand (quello del celebre ceramista grottagliese Cosimo Vestita) con il capocollo Cervellera, Martina Franca da questa storia del capocollo nell’elegante confezione in legno è esclusa.
Ho già posto la domanda: ma al Comune di Martina Franca è in carica un assessore alle attività produttive? Se si, oltre a percepire – penso – il compenso, cosa fa? Questi sono i risultati!?
il Capocollo di Martina Franca non è un prodotto tutelato dal marchio DOP (denominazione di origine protetta). Quindi qualunque macelleria italiana (e non) puó produrre il Capocollo di Martina Franca e chiamarlo così.
Sulle motivazioni per la quali non abbia il marchio credo che ci siano grosse responsabilitá da parte del consorzio del capocollo e degli assessori attuali e delle passate amministrazioni.
Gentile Direttore,
ci tengo a chiarire che il produttore Santoro è socio dell’Associazione Produttori Capocollo di Martina Franca, il cui disciplinare di produzione prevede appunto che si possa produrre nel territorio di Martina Franca, Locorotondo e Cisternino, ossia i tre paesi che si affacciano sulla Valle ditria, territorio omogeneo e che ci fa conoscere ormai nel mondo.
(Per info il pecorino Toscano comprende, oltre alla Toscana, altre regioni nel disciplinare, ossia Lazio e Umbria)
La tipicità della nostra tradizione, della lavorazione, della materia prima utilizzata, sono inseriti nel disciplinare di produzione applicato dalle aziende socie.
L’Associazione, inoltre, negli ultimi mesi, sta verificando diverse strade per la tutela del prodotto, si parla di IGP e Marchio Prodotti di Qualità Puglia, per cui è stato già presentato il disciplinare in Regione, senza dimenticare che il capocollo di Martina Franca è presidio Slow Food, garanzia di tipicità e tradizione.
In un caso e nell’altro occorre creare Associazioni di Scopo o Consorzi tra “produttori” nelle quali non può assolutamente
entratre la Pubblica Amministrazione che può solo sostenere l’idea dei produttori, non sostituendosi a loro in alcun modo, e credo che questo
sia sempre stato fatto dall’Amministrazione, i produttori ce ne daranno atto.
Vorrei poi ricordare che il nostro Capocollo di Martina Franca ha sempre trovato un posto speciale al Vinitaly: nel 2013 Salumi Martina srl presente nello stand di Paniere di Puglia, all’interno del padiglione Sol&Agrifood del Vinitaly si è classifcato al primo posto per la categoria Carni e Salumi; oggi, edizione 2015, troviamo i salumi e il capocollo dell’azienda Salumi Martina nello stand dell’azienda I Pastini, che per chi non lo sapesse opera tra Locorotondo e Martina Franca; Cantine Miali, che quest’anno accompagna i suoi vini con il pesce maestralmente lavorato da una pescheria martinese, ha sempre portato il capocollo di Martina Franca delle nostre macellerie, così come le altre cantine.
Infine devo sempre ringraziare le aziende, le cui scelte imprenditoriali sono libere, naturalmente, che attuando joint-venture con altre produzioni, portano fuori dalla Puglia la nostra tradizione, il nostro sapere, il nostro nome
Nunzia Convertini
Grazie per il suo intervento e per la cortesia di avere risposto (il capo, ad esempio, non lo fa da 518 giorni). Chissà che chi ha datto povera Martina non abbia viste chiarite le sue perplessità. Il che, ovviamente, non è scontato (aggiornamento: infatti, non è stata una valutazione all’insegna dell’entusiasmo, diciamo così). Infine, buon onomastico. (agostino quero)
Gentile Assessore,
grazie per l’intervento ma approfitto della discussione per chiarire:
La differenza fra prodotti DOP e prodotti IGP sta nel fatto che, per i prodotti DOP, tutto ciò che concerne l’elaborazione e la commercializzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato; mentre per il prodotto IGP, il territorio dichiarato conferisce al prodotto, attraverso alcune fasi o componenti della sua elaborazione, ma non tutti i fattori che concorrono all’ottenimento del prodotto provengono dal territorio dichiarato.
Così, ad esempio, la Bresaola della Valtellina è IGP e non DOP perché ottenuta da carni di animali che non sono allevati in Valtellina, pur seguendo i metodi di produzione tradizionali e beneficiando,nel corso della stagionatura, del clima particolarmente favorevole della zona.
Più semplicemente ancora, il marchio DOP certifica esclusivamente prodotti integralmente ottenuti e confezionati nel territorio d’origine dichiarato, mentre il marchio IGP certifica che non tutto il processo produttivo è legato alla zona d’origine dichiarata, ma lo sono le fasi più importanti, ossia quelle che danno al prodotto il suo carattere peculiare.
Sbaglio o si omette di dire che c’è una volontá specifica nel non richiere un marchio DOP?
Il marchio DOP costringerebbe i produttori a controlli più rigidi e ad utilizzare solo carni locali cosa che ora non avviene e chissá da quale nazione vengono i maiali.
Resta il fatto che il marchio DOP sarebbe l’unica reale tutela legale.
Invito il direttore di questo notiziario ad approfondire l’argomento prima di ritrovarci gli scaffali dei supermercati (commento moderato in questa parte) con il capocollo di Martina made in China.
C’è da registrare l’assenza delle istituzioni quando bisognerebbe coordinare le partecipazioni alla fiere nazionali ed internazionali a Verona per i nostri prodotti alimentari, in Germania per il nostri cavalli murgesi, nel mondo per il nostro settore tessile. Queste assenze sono un dato di fatto.
Nella situazione prospettata dall’articolo l’unico dato di fatto incontrovertibile è quello che sono stati pubblicizzati due paesi: Sava e Cisternino. Martina Franca, come in altre circostanze anche più rilevanti, non menzionata ma, soprattutto, non pervenuta.