Di seguito un comunicato diffuso dal senatore Dario Stefàno:
“Non esiste pezzo di storia del nostro Paese che non incroci vicende legate all’uva e al vino. Dobbiamo iniziare a raccontare l’Italia anche attraverso le peculiarità identitarie che hanno accompagnato tutti i passaggi della storia più importanti. E’ venuto il momento che l’Italia introduca come disciplina obbligatoria, e quindi a pieno titolo, “Storia e la Civiltà del Vino” nel patrimonio di conoscenze basilari dei nostri ragazzi”. Sono le parole del senatore Dario Stefàno, componente della Commissione Agricoltura del Senato, che ha presentato questa mattina, in conferenza stampa a Palazzo Madama il suo disegno di legge per introdurre l’insegnamento obbligatorio di “Storia e Civiltà” del vino nelle scuole primarie e secondarie, di primo e secondo grado.
L’Italia, dopo lo storico sorpasso sulla Francia, è oggi il primo produttore al mondo ed è tempo che recuperi anche il gap culturale, formando i propri ragazzi attraverso uno dei suoi principali tratti identitari.
“Non si tratta – ha sottolineato il senatore – di irrobustire la formazione tecnica nelle scuole professionali, che pure è necessario fare e con tempestività, ma di contribuire a formare il patrimonio di cultura generale e del sapere delle nuove generazioni, attraverso il racconto del ruolo del vino e dell’uva nelle pagine di storia del nostro Paese. Elementi che oggi sono senza dubbio ambasciatori della nostra cultura nel mondo. Mi auguro che già dal prossimo anno si possano avviare dei progetti pilota coinvolgendo due o tre regioni in Italia, penso ad esempio anche alla Puglia”.
“La consapevolezza nasce dalla conoscenza, dal sapere che – ha proseguito Stefàno – si apprende già da piccoli. L’Italia vitivinicola è un giacimento inestimabile, a livello ampelografico e paesaggistico, così come culturale e di tradizioni popolari, da conoscere e imparare a difendere e valorizzare, sin da bambini. Centinaia di differenti vitigni autoctoni, vigneti storici, veri monumenti naturali e culturali, costituiscono il cuore di una biodiversità unica al mondo, di un patrimonio che è fonte di lavoro, occupazione e reddito che si presta in modo mirabile all’innovazione, ad essere potente fonte di investimento per le giovani generazioni”.
Alla conferenza stampa, nella Sala Nassyria di Palazzo Madama, con il senatore sono intervenuti Attilio Scienza, professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi, Paolo Castelletti, segretario generale Unione Italiana Vini e Isabella Marinucci, responsabile Area Vini di Federvini.
“Si è persa l’abitudine – ha detto Scienza – di consumare vino in famiglia, i ragazzi attorno ai 15 anni consumano alcol almeno 1 volta a settimana, ma fuori casa. E lo fanno con la logica dello sballo. Riportiamo il vino nelle case, nelle scuole, nell’alveo della cultura mediterranea perché il vino non si beve per ubriacarsi, è origine dell’identità e dell’appartenenza. Facciamolo ritornare ad essere una bevanda popolare. Oltre a raccontare il vino come elemento pregnante della nostra storia, dobbiamo comunicare l’idea che il vino è un elemento fondamentale dei popoli mediterranei. Bere non deve essere una gratificazione fisica, ma culturale e quindi occorre scoprire la storia che c’è dietro al vino. Questo abbiamo smesso di trasmetterlo ai giovani, tornare a farlo a scuola è una prima tappa di un processo che deve essere sviluppato”.
“Il vino italiano rappresenta, come nessun altro prodotto, il nostro Paese nel mondo- ha sottolineato Cotarella -. In Italia ci sono più vini che campanili, è una ricchezza tipicamente italiana, una trasversalità territoriale e varietale unica al mondo. Attualmente si riscontra un aumento del livello culturale di chi si avvicina al vino. Il vino si approccia prima con la mente e poi con i sensi. Occorre bere con intelligenza, nonché sapere del vino. E’ il mezzo attraverso il quale si soddisfano, con la cultura, i sensi e la mente. Insegnare il vino nelle scuole significa anche insegnare il valore di bere con intelligenza e moderazione”.
“E’ una iniziativa – è intervenuta Marinucci – che già da queste primissime battute ha raccolto il plauso del mondo dei produttori e un sostegno totale e trasversale, perché consentirà di trasmettere ai più giovani il valore del consumo culturale del vino. Bene la sperimentazione di progetti pilota, utile anche perché propedeutica a un eventuale adattamento dei programmi nazionali”.
“Questo disegno di legge – ha detto Castelletti – è un testo importate dalla doppia valenza. Alla promozione del patrimonio storico e sociale associa una possibile rilevante azione. Come riportato nella relazione sui problemi collegati all’alcol, predisposta dal Ministero della Salute, l’età del primo “sballo” è vertiginosamente scesa a 12/13 anni e questo disegno di legge può contribuire in modo significativo a contrastare e ridurre fenomeni distorsivi già in atto”.
A fronte dei disastri provocati nella popolazione giovanile dal bere, una Legge, sacrosanta, proibisce la vendita e la somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Sono proprio quelli che vanno nelle scuole primarie e secondarie, che, quindi, secondo questa bizzarra proposta di legge, si vedrebbero promuovere a scuola, dallo Stato, quella stessa bevanda che lo stesso Stato proibisce loro di acquistare. Mi pare educativo mandarli in confusione già da giovani: si devono abituare prima possibile alle schizofrenie del mondo adulto.
Il vino contiene alcol, potente cancerogeno di gruppo 1 IARC (aumenta in maniera significativa il rischio di diversi tumori già con il famoso buon bicchiere al pasto), particolarmente tossico – per motivi enzimatici – proprio per i minori di 18 anni, quelli che frequentano le scuole. Renderli consapevoli significa insegnare loro a non bere affatto. Dopo tutte le smentite alla storica bufala del vino rosso che farebbe bene perché contiene resveratrolo, pochi giorni fa è stata definitivamente demolita anche la teoria secondo la quale un consumo moderato avrebbe qualche effetto protettivo rispetto al non bere affatto http://www.jsad.com/doi/10.15288/jsad.2016.77.185 . Ai produttori di vino conviene tenere i cittadini nell’ignoranza, perché, se cominceranno ad informarsi davvero, i consumi interni andranno ancora più a picco di quanto già stanno andando da qualche decennio a questa parte.