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Meridionalista liberale Elezioni europee: Alessandra Senatore, +Europa

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Alessandra Senatore, quarantacinque anni, salernitana, funzionaria della partecipata Capitale e Lavoro della Città metropolitana di Roma, è candidata al Parlamento europeo per +Europa. Presidente del Consiglio comunale di Pellezzano, comune in provincia di Salerno, si definisce «meridionalista liberale».

Perché servirebbe più Europa?
«Il futuro ci porterà sempre più ad affrontare sfide legate alla globalizzazione, a cui dovremo rispondere con soluzioni per la difesa comune, l’immigrazione, il commercio internazionale. Il confronto avverrà tra realtà geopolitiche grandi rispetto alle quali i rapporti di forza dei singoli stati avranno uno scarso peso specifco. Solo un’Europa unita e integrata potrà avere la forza di garantire solidarietà e pace ai popoli europei. E anche così com’è l’Europa è stata la migliore risposta possibile, fino a oggi, rispetto alle guerre e alle divisioni del passato. Perciò più Europa: più politiche sovranazionali per l’energia, l’ambiente, le relazioni internazionali, in uno scenario sempre più globalizzato da affrontare in maniera organica a livello comunitario».

Non teme che questo tentativo d’integrazione possa essere messo in discussione dalle politiche aggressive degli Stati Uniti, in particolare nello scenario mediteraneo, come sta avvenendo facendo perno su Israele e sull’Arabia Saudita?
«Temere è una parola non mi piace. Preferisco che si diventi più consapevoli della necessità di agire a livello comunitario rafforzando la capacità di governo dell’Europa. Va rivista la governance politica dell’Unione europea per renderla più sovrana nella politica estera e in quella commerciale. Va inoltre considerata la componente strategica dell’Europa rispetto alla possibilità di valorizzare gli accordi economici nel Mediterraneo, uno spazio geopolitico al quale guardano tutte le grandi potenze. E questo discorso, come Mezzogiorno, ci riguarda particolarmente. Perciò, per tornare al discorso precedente, serve più Europa: per contare rispetto alle opportunità che si manifestano sui mercati che attraversano il Mediterraneo. In questo senso le prossime elezioni saranno uno spartiacque. I sovranisti non dovranno prevalere, e io credo che non avverrà, perché un’Europa disunita porterebbe a perdere molta dell’influenza che oggi possiamo esercitare».

Non crede che un’Europa dei popoli che sia una federazione di nazioni sovrane rispetto all’attuale Europa, ritenuta eccessivamente schiacciata sulla burocrazia e sulla finanza, un tema che ricorre in alcune argomentazioni di partiti sovranisti, possa essere più indipendente e autorevole?
«Si tratta d’un discorso sicuramente positivo. Però non mi sembra che sia questa la proposta dei sovranisti. La loro richiesta di maggiore sovranità va invece nella direzione di amplificare gli opportunismi di ciascuno stato, con la conseguenza di avere una minore sovranità europea in cambio d’una maggiore capacità decisionale interna. Ad esempio, sui flussi migratori, rigettando così l’intero problema sui Paesi di prima accoglienza. Nella burocrazia tutto è migliorabile. Più Europa significa anche riforme in favore d’una maggiore efficienza e fluidità nella gestione delle risorse. Servono però delle regole comuni a tutti gli stati, altrimenti il progetto europeo diventa ingovernabile invece che assicurare maggiore coesione. Se puntiamo a una confederazione, servono strumenti di governance integrati. Ad esempio, una guardia costiera comune centralizzata. In altri ambiti ci può essere maggiore libertà d’azione dei singoli stati. Ma sempre secondo regole comuni, non di chiusura nazionalistica».


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