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Terrorismo: condannato a cinque anni e due mesi l’imam di Andria Chiuso il processo, cinque condanne

sentenza

Si e’ concluso con 5 condanne, a pene varianti tra i 5 e i 3 anni di reclusione, il processo con rito abbreviato davanti al gup del Tribunale di Bari a carico di 5 imputati per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo internazionale di matrice islamista. La condanna maggiore, 5 anni e 2 mesi, ha riguardato Hachemi Ben Hassen Hosni, gia’ Imam della Moschea di Andria, mentre tutti gli altri sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi di carcere. Al centro delle indagini della Procura della Repubblica di Bari e dei carabinieri del Ros una cellula terroristica di matrice islamista con base logistica ad Andria, all’interno di un call center, gestito dal capo del gruppo. L’indagine denominata “Masrah” (teatro), ha consentito di documentare come, a partire dal 2008, gli indagati si fossero associati tra loro allo scopo di compiere atti di violenza con finalita’ di terrorismo internazionale in Italia e all’estero, secondo i dettami di un’organizzazione transnazionale, operante sulla base di un complessivo programma criminoso politico-militare, caratterizzato da sentimenti di acceso antisemitismo e antioccidentalismo e dall’aspirazione alla preparazione ed esecuzione di azioni terroristiche da attuarsi contro governi, forze militari, istituzioni, organizzazioni internazionali, cittadini civili ed altri obiettivi – ovunque collocati – riconducibili agli Stati ritenuti “infedeli” e nemici; il tutto nel quadro di un progetto di “guerra santa” (“jihad”). In particolare – secondo gli investigatori – centrale nella attivita’ del sodalizio e’ il proselitismo, la formazione e l’addestramento finalizzati a formare in ciascun adepto un potenziale autore di iniziative terroristiche anche al di fuori di una rigida preordinazione organizzata da parte dell’intero nucleo associativo. Nel corso del processo e’ stato documentato il ruolo apicale rivestito, all’interno della “cellula”, dal tunisino Hachemi Ben Hassen Hosni, gia’ imam della moschea di Andria e gestore di un call center sito in quel centro abitato, non solo riguardo alla sua costante e continua opera di proselitismo e indottrinamento finalizzata a formare “nuovi” adepti e consentire loro di raggiungere i territori della “jihad”, con una preparazione, anche psicologica e ideologica, tale da permetterne l’immissione nel circuito terrorista, ma anche per i suoi collegamenti e rapporti con personaggi di rilievo del terrorismo internazionale. In tale quadro e’ emersa l’attivita’ di raccolta di fondi e di finanziamento operato dal capo della “cellula” indagata in favore dei congiunti di alcuni terroristi, effettuato attraverso canali alternativi rispetto a quelli classici, e compiuto sulla spinta dell’ideale jihadista, in relazione al quale anteporre sempre la causa comune rispetto alla soddisfazione dei bisogni personali. E’ stato accertato che all’interno del call center andriese si cercavano sul web e visionavano i video pubblicati nei forum jihadisti, al fine di acquisire le necessarie cognizioni delle procedure per il confezionamento di ordigni esplosivi, per l’uso delle armi da fuoco e per il reclutamento di volontari mujaheddin da avviare ai campi di battaglia in Afghanistan, Yemen, Iraq, e Cecenia. I membri del gruppo formavano una micro-comunita’ isolata e al riparo da qualsiasi “richiamo” o condizionamento esterno, in cui potere praticare la propria versione dell’Islam secondo i dettami imposti da Al Qaeda. Le attivita’ investigative, che hanno trovato puntuale conferma nella sentenza emessa dal gup avevano, altresi’, evidenziato l’assoluta avversione della “cellula” nei confronti non solo delle religioni diverse dall’Islam, ma anche verso l’Occidente, e, in particolare, gli Usa, Israele e l’Italia. Gli imputati, in occasione del terremoto che colpiva l’Abruzzo, il 7 aprile 2009, oltre a manifestare la gioia per quanto accaduto, avevano criticato aspramente, ritenendolo inopportuno, il proposito della comunita’ musulmana residente in Italia di contribuire agli aiuti per i terremotati con i fondi raccolti per il sostegno della comune causa islamica. Il capo della cellula nutriva e manifestava radicati e incondizionati sentimenti antisionisti che, sulla base di detti sentimenti, diffondeva a livello ideologico non solo ai suoi sodali, istigandoli, in particolare, alla violenza contro gli ebrei, ma anche ad altri individui che per motivi culturali, sociali o religiosi si relazionavano con lui. (AGI)


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