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Ilva: sentenza che lascia perplessi Corte di Strasburgo, attuare quanto prima il piano ambientale. Ma viene negato il risarcimento alle vittime

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Di Benedetta Dentamaro:

La sentenza di ieri della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso ILVA lascia perplessi.

Di positivo, vi è che i giudici di Strasburgo abbiano rilevato una violazione prolungata della salute pubblica e indicato alle autorità italiane (sebbene in un passaggio non vincolante della decisione) l’urgenza di attuare il nuovo piano ambientale e procedere alla bonifica del sito, il più grande impianto siderurgico d’Europa.

La sentenza ricorda che studi scientifici avevano rilevato sin dagli anni ’70 un nesso di causalità tra le emissioni dell’ILVA e l’insorgenza di diverse patologie tumorali e cardiovascolari nella popolazione residente. L’elevato rischio ambientale nel tarantino era stato denunciato dal Consiglio dei Ministri già dal 1990 ma l’attuazione di misure di bonifica era stata rinviata a più riprese fino al 2023, circostanza gravissima denunciata da Regione Puglia e Comune di Taranto e tuttora pendente dinanzi alla giustizia amministrativa e costituzionale. La Corte menziona anche le numerose condanne penali a carico della dirigenza ILVA e la procedura d’infrazione europea contro l’Italia per violazione della direttiva sulle emissioni industriali.

I giudici di Strasburgo deplorano l’indifferenza delle autorità italiane verso questa costante minaccia per la salute e l’ambiente, di fronte alla quale hanno preferito tenere in attività l’impianto in barba all’evidenza scientifica, a colpi di misure “salva-ILVA” e immunità concesse agli amministratori provvisori. La Corte in sostanza conclude che, nella ponderazione degli interessi in gioco, la tutela dell’ambiente e della salute sia stata sottovalutata.

Dopo queste premesse, delude la decisione di riconoscere ai ricorrenti soltanto il rimborso delle spese processuali nell’importo irrisorio di 5.000 euro ciascuno, a fronte delle loro richieste per il risarcimento del danno morale rispettivamente di 100.000 e 20.000 euro. Secondo la Corte, i ricorrenti (cioè le vittime di continue esalazioni) dovrebbero ritenersi soddisfatte già solo per il fatto che sia stata riconosciuta una violazione del loro diritto alla salute.

Con buona pace delle spese mediche sostenute nel corso degli anni dai ricorrenti.

Al di là di considerazioni prettamente giuridiche, si possono trarre alcune conclusioni. Innanzi tutto, la comprovata necessità e urgenza di procedere alla bonifica del sito e all’attuazione del piano ambientale da parte del nuovo proprietario, in stretta collaborazione con le autorità competenti. In secondo luogo, l’opportunità e imperatività di avere una normativa europea a tutela della salute e dell’ambiente, e procedure d’infrazione a sanzionarne le violazioni da parte degli Stati membri. Inoltre, l’improrogabilità di rivedere la ponderazione tra interessi della produzione e beni pubblici quali la salute e l’ambiente, e di scindere i primi dal finanziamento della politica.


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