Oggi a Roma il vertice convocato dal ministero del Lavoro. Devono sedersi al tavolo i sindacati e Teleperformance, colosso del call center. La sede di Fiumicino, dall’azienda, è considerata in modo positivo e non ha problemi: le sedi di Roma e Taranto rischiano grosso. L’azienda, che per esempio ritiene il call center pugliese portare perdite per otto milioni di euro, ha annunciato che di fatto dismette i due insediamenti, della capitale e ionico. A meno che i lavoratori non accettino una pesante riduzione dell’orario di lavoro, da 33 a 20-24 ore settimanali, con la conseduenza della pesante riduzione retributiva. L’azienda vuole anche una riduzione dei contratti a tempo indeterminato. I sindacati, e anche un crescente movimento di protesta nei confronti di Teleperformance, rammentano che il colosso del call center ha incassato fior di contributi dalla Regione Puglia, per l’insediamento di Taranto, e che non può ora comportarsi così. Quello odierno, a ridosso della scadenza dell’accordo biennale fra le parti, è considerato un vertice da ultima spiaggia. Numerosi lavoratori sono partiti da Taranto alla volta di Roma.
Oggi, nella capitale, manifestano i poliziotti. Anche dalla Puglia, partiti alla volta di Roma per esserci, alla protesta indetta dal sindacato Sap. Le nuove norme fanno ipotizzare il reato di tortura nei confronti delle forze dell’ordine, in determinate modalità di arresto. I poliziotti ritengono inaccettabile questo e lo fanno comprendere in un malessere complessivo che riguarda anche le ristrettezze economiche, tali da dover svolgere il servizio in modo talvolta grottesco, addirittura.
Oggi anche la protesta di ottomila docenti delle università italiane: a mezzogiorno, contemporaneamente, nelle varie sedi gli insegnanti incontreranno 65 rettori per chiedere loro di sostenere la battaglia per gli scatti salariali: di ieri, al riguardo, è peraltro la notizia di una sentenza della Corte costituzionale.
Di seguito un comunicato diffuso dal deputato Gianfranco Chiarelli sulla vertenza Teleperformance:
La vicenda della multinazionale Teleperformance, che a Taranto ha un insediamento che occupa, con modalità contrattuali diverse, circa tremila addetti, va valutata sotto due profili: quello locale-regionale e quello nazionale. Sul piano nazionale vengono al pettine i nodi di una legislazione carente, insufficiente a garantire alle aziende che investono in Italia le migliori condizioni per operare e produrre utili, obiettivo di qualunque impresa sana, e quindi occupazione. Se non si definiscono per legge i valori minimi retributivi, non si vietano le gare al massimo ribasso, criterio spesso adottato anche da aziende a capitale pubblico, e non si penalizzano le delocalizzazioni, effettuando i necessari controlli, difficilmente si uscirà da un sistema che finisce con il privilegiare i cosiddetti call-center da sottoscala. Ben vengano le mediazioni governative, e auspico che l’incontro di oggi si concluda con una soluzione della ennesima crisi, ma senza un intervento strutturale che modifichi il quadro normativo generale, non si uscirà da quello che appare un circolo vizioso. Peraltro è noto che la questione call center riguarda anche altri importanti gruppi che operano in Italia. A livello locale non si può non riflettere su una gestione della vicenda Teleperformance, da sempre attenzionata dalla regione Puglia, che ha indirizzato anche cospicui contributi pubblici per facilitare la stabilizzazione dei lavoratori e la loro formazione. Interventi che hanno risolto solo temporaneamente le criticità, che di volta in volta si sono presentate, senza affrontare alla radice i problemi. Necessario ora affrontare la attuale emergenza, ma subito dopo il governo si attivi per sanare le lacune normative.