Concludiamo la giornata, in cui le analisi sono state molteplici ovunque, con un messaggio di incoraggiamento alle donne che subiscono violenza. Viene da una donna, capitano dei carabinieri. Silvana Fabbricatore è da alcuni mesi comandante la Compagnia di Martina Franca. Parla dell’Arma nello specifico, nell’ambito di un sistema istituzionale e della sicurezza pubblica nel nostro Paese che ha capacità e sensibilità di tutelare le vittime di violenza.
La sua esperienza personale si è sviluppata in un contesto di rispetto della sua personalità. Quanto facilita, questo, il raggiungimento di un obiettivo? O c’è speranza anche per le donne che vivono disagi?
Ho deciso di concorrere per diventare Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri da giovanissima, in un contesto familiare che mi ha sostenuta ed aiutata nel perseguire una scelta di vita certamente impegnativa e, a tratti, singolare. Ma, oltre al supporto di chi mi è stato accanto, decisivo è stato proprio il rispetto che io per prima ho avuto nei confronti delle mie capacità: perseveranza, studio e una buona dose di autostima sono state sicuramente le chiavi di una crescita, graduale, professionale ed umana, nell’ambito del contesto lavorativo e professionale in cui oggi sono inserita. Ecco perché ritengo che la donna vittima di disagio debba riconoscere a se stessa il diritto di scegliere chi voler essere “da grande”, il diritto di perseguire i propri sogni, fissandosi obiettivi che solo con costanza e tenacia potrà soddisfare.
Il suo ruolo istituzionale le dà il potere, inteso come possibilità, di aiutare le persone in difficoltà e nel caso specifico, le donne. Ha degli esempi al riguardo?
L’Arma dei Carabinieri è da sempre molto attenta al fenomeno, impegnata a schierarsi dalla parte delle donne per far emergere tutti quei soprusi che spesso, per vergogna o spirito di sacrificio verso i figli, tendono a trattenere nel proprio intimo.
Nella mia esperienza territoriale ho potuto, in diverse occasioni, fornire un supporto istituzionale e morale alle vittime del fenomeno, ascoltandole in quell’ambiente “protetto”, “La Stanza tutta per sé”, che, fornito di arredi e strumenti che poco ricordano una caserma dell’Arma, contribuisce a mettere ancor più a proprio agio chi ha il coraggio di denunciare, e che deve trovare nelle Istituzioni un competente ed umano supporto.
Di certo, nelle mie esperienze a contatto con donne vittime di violenza, mi ha aiutata l’esser io stessa una donna, il che ha contribuito ad abbattere quel muro che alle volte l’uniforme innalza tra noi e il cittadino, e rendere più fluido, sereno ed empatico il momento di ricezione della denuncia.
Come si incoraggiano le persone vittime di soprusi, nel caso che trattiamo oggi le donne vittime di violenza, a fidarsi delle istituzioni?
Dimostrando competenza, affidabilità e capacità di ascolto: noi Carabinieri sappiamo benissimo che le donne che decidono di varcare la soglia della caserma per raccontare quanto hanno subìto o stanno subendo, hanno già fatto un grande atto di coraggio, passo che noi rispettiamo e cui diamo un grande valore. Da quel momento, sta a noi saper raccogliere da uno sguardo, da una frase, tutto ciò che il non detto comunica, sta a noi riuscire a tradurre quel grido di aiuto in una risposta competente, concreta e condivisa. La conoscenza del fenomeno, in linea con il senso profondo da sempre assegnato all’aggiornamento del personale militare dell’Arma, ha ancor più incoraggiato la funzione di sostegno dei Carabinieri alle donne vittime di violenza, sostegno che si declina in termini preventivi, con l’organizzazione di numerosi incontri per diffondere proprio la conoscenza degli strumenti specifici di cui l’Arma dei Carabinieri è dotata, ed in termini repressivi, con tutte le attività investigative che immediatamente partono dal momento della ricezione della denuncia, dopo aver garantito la sicurezza di donna e figli in strutture protette, a loro dedicate.