Di Franco Presicci:
In via Monte Pertica ad Alberobello, su una lunga mensola, è schierata la
banda dei carabinieri al completo. Non suona, ma fischia. Non è fatta di carne
ed ossa, ma di terracotta. Tutt’attorno, sopra e sotto, di fronte e di fianco, altri
“personaggi” le fanno compagnia: l’innamorato deluso la notte delle nozze; la
famiglia che se ne va in vacanza con un’auto minuscola stracolma di bagagli;
Antonio Di Pietro con la toga e vip dello spettacolo, tra cui Totò, Aldo Fabrizi,
Vittorio De Sica. L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
modellato nell’atto di cucire la bandiera, ha il posto d’onore,
La padrona di casa è una signora simpatica, cordiale, accogliente, che
risponde al nome di Maria Matarrese, conosciuta persino in Giappone. E un
paio di anni fa ha anche ricevuto la visita del principe di Monaco e della sua
scorta. Sorridente Ranieri, e cerimonioso; sorridente e cerimoniosa lei, che non
si perde mai d’animo. Quella volta è rimasta un po’ interdetta, perché lui si è
stagliato all’improvviso sulla soglia del negozio. E’ arrivato come un avventore
qualsiasi, ha conversato, ha chiesto di vedere il cappuccio dei trulli. Maria lo ha
accompagnato, gli ha sintetizzato la secolare vicenda delle case a cono di
gelato, quindi ha guidato l’ospite nel proprio piccolo regno, abitato da ben 8
mila fischietti, rispondendo alle domande sull’origine dei manufatti e sugli
autori. Maria, prendendo più confidenza, gesticolava e citava Lasorella, Moccia
e tanti altri figuli artefici di quei fischietti, che in qualche caso sono autentiche
sculture che arrivano dalla Sagra Nazionale del fischietto in terracotta di
Rutigliano.
Maria è orgogliosa, di quelle opere. Di ognuna sa descrivere i dettagli. Le si
chiede il motivo della presenza del netturbino, del farmacista, del vigile urbano,
del maresciallo dei carabinieri con panza e baffi e occhi fulminanti, il
sindaco…, colti con spirito ironico, e la si trova preparata: l’uomo con la scopa
in mano è al lavoro in ogni borgo che non disponga di mezzi meccanici; gli
altri sono personaggi che non andavano molto a genio ai concittadini per la loro
autorità: per esempio quella della guardia di rilevare le contravvenzioni. E i
figuli, non ignari delle antiche, taciute rivalità, si divertono a giocare con il
sarcasmo. E credo si divertano anche gli stessi soggetti reali coinvolti, anche se
di nuova generazione. Come il prete… sorpreso a fare il bagno con la cotta e il
tricorno in una vasca più piccola della sua stazza. Qualche figulo di Grottaglie,
luogo che vanta il quartiere della ceramica, ha inviato in rappresentanza
“Marche Poll”, la figura caratteristica di Taranto che macinava chilometri di
strade ogni giorno vendendo il giornale satirico “’U panatijdde” e le schedine
della Sisal. “A vuè mò” era la frase ripetuta di fronte all’eventuale acquirente,
anche se donna, ma senza malizia.
Incredibile la capacità della terra coniugata con l’acqua e il fuoco di servire
l’arte. L’uomo la utilizza anche per creare queste sagome, che tra l’altro suscitano tranquillità e armonia con il fischio. Con quelle sagome l’artista fa il
suo racconto delle brevi pause nel lavoro. E crea bellezza. Questi soggetti
attirano anche con la varietà dei loro colori elementari: il bianco, il rosso, il
verde senza sfumature. Non è bello il gallo, superbo, dominatore, con la sua
cresta e i suoi bargigli splendenti? Lo vedi raffigurato anche nei piatti e
girondolare di rame sui camini. Che significato ha il gallo? Di potenza? Di
prevaricazione? Di alterigia? Il gallo che annuncia ai contadini l’ora di alzarsi
per andare nei campi è amato non soltanto perché prima o poi finirà in padella.
Il gallo è bello a vedersi e anche nell’arte del figulo è sempre con il petto in
fuori. Il gallo è il simbolo della Puglia? Chi lo ha scelto per questo compito
dev’essere stato un buontempone. Il gallo è bello anche quando il figulo lo
trasfigura, magari mettendogli in bocca uno stelo d’ulivo.
Tutti questi animali, colti nel loro aspetto normale o negli umori della
fantasia, sono piccoli capolavori. Il gatto acquartierato su un pezzo di muro a
secco smozzicato o nell’atto di compiere un balzo; un vecchio con baffi alla
Charlot; la nonna con il paniere pieno di zucche in testa con il cercine… sono
stralci di vita quotidiana, in caricatura. Maria Matarrese osserva il suo
patrimonio e condivide con l’ospite le sue considerazioni. Sa dire tante cose
sugli autori e sui loro prodotti. Sa dire a memoria l’anno in cui Moccia ha vinto
la prima volta la Sagra di Rutigliano, a un tiro di fionda da Bari. Spiega anche
la storia dei ceramisti ai clienti più curiosi. alle signore giapponesi mette in
evidenza i pregi delle sue biancherie. Insomma Maria Matarrese ha il suo bel
da fare.
Ne ho viste tante di nipponiche da Maria. Con molte di loro lei ha addirittura
rapporti di amicizia. Nel Paese del Sol Levante è stata invitata cinque o sei
volte. In una di queste il sindaco di una città le regalò il kimono che aveva
indossato sua madre; e quando lei per ricambiare la cortesia gli offrì uno dei
suoi “gioielli” più belli, lui si offese, perché loro non hanno l’abitudine di
ricambiare. Maria ha organizzato sulle scale di Monte Pertica festose
manifestazioni con donne nipponiche, in kimono lei e le altre. Televisioni del
Sol Levate sono venute a intervistarla, e anche inviati di giornali, come fosse
una diva. Lei di quel Paese è innamorata. Con quegli abitanti si trova a suo
agio. E’ una donna intelligente. Parlare con lei è un piacere.
I sui fischietti li sceglie con cura e con cura li dispone sulle mensole. Alla
banda dei carabinieri ha riservato un’intera alcova del trullo. Carabinieri con
facce ben definite, fortemente espressive, sia pure carichi di benevola ironia.
La banda dell’Arma in terracotta la vidi per la prima volta nella casa di
campagna del pittore Filippo Alto. Anzi, aveva scovato un doppione e me ne
fece dono. Con il passare del tempo, morto Filippo, un suo amico dovette
rappezzare qualche elemento: il suonatore di trombone, che si ritrovò con il
registro alterato; al tamburino mancava proprio lo strumento e il restauratore,
dilettante, non riuscì a reperire un sostituto. Ho gioito le poche volte che ho
sentito zufolare. Il fischietto porta allegria, spensieratezza, piacere di stare
insieme, di ridere, scherzare. Zufolando si può anche raccontare, creare un
gioco e il gioco fa parte della vita. Il suono del fischietto può diventare una
favola, come la sua storia.
Sono stati in tanti a scrivere del fischietto in terracotta. Il compianto
Giuseppe Francobandiera, persona dalle mille curiosità, che fu direttore del
Circolo Culturale Italsider, a Taranto, andò a vederli ad Ostuni, in una delle
mostre che si tenevano nel palazzo del Comune, e ricevette una bella
impressione, Scrisse che “gli espositori sarebbero tutti da citare. Sono artisti
artigiani bravissimi anche a fingere un’ingenuità di mano che non possono
avere più”. In quella esposizione troneggiavano Giovanni Spadolini in abito da
carabiniere, e Nilde Jotti, oltre ad altri politici esponenti politici. In Puglia si
custodisce un fischietto che risale al IV secolo avanti Cristo, trovato nella
Grotta di Cala Scizzo a Torre a mare e conservato a Rutigliano. Proprio qui il
giorno della festa di Sant’Antonio Abate, che si celebra anche con la
benedizione degli animali, alcune strade vengono invase da bancarelle popolate
di fischietti di ogni tipo, di ogni dimensione. Si vuole uno di quei teatrini di
marionette, da dove Pulcinella diffondeva onde di risate (credo si chiamasse
“San Carlino” e gli spadaccini duellavano con spade di lamiera)? C’è. E c’è il
contadino che rientra a casa sull’asino carico di fascine. E c’è anche la farfalla
con tanti colori (il macaone), magari di fianco a quel simpaticone di Roberto
Benigni. Uno più bello dell’altro, dunque. Metti insieme un po’ di persone con
il fischietto tra le labbra ed ecco un’atmosfera pastorale, dove si dice sia nato il
fischietto, precisamente quello con più canne legate insieme. Il pastore
richiamava le pecore alla disciplina sibilando. E magari qualcuno sapeva anche
suonare.