Quattro pugliesi si sono visti bollare come impresentabili. Gente che, stando a un codice varato dalla commissione parlamentare Antimafia, non poteva essere candidata. I quattro pugliesi sono andati a finire in un elenco che ancora non esce e i cui unici nomi venuti fuori sono i loro, grazie agli spifferi fuoriusciti dalla riunione della commissione parlamentare Antimafia ieri. I quattro hanno detto che non si ritirano dalle elezioni, c’è chi fra loro ha pronta la querela per chissà quanta gente, data la gogna anche mediatica che si è sviluppata da ieri pomeriggio (dal loro punto di vista: per i giornalisti, fra cui chi scrive, varrà come discrimine fra informazione e gogna il rispetto dell criterio-principe della verità putativa e quello, primo fra i primi, del rispetto della dignità della persona). C’è chi ha dovuto far vedere il certificato del casellario giudiziale, c’è chi ha dovuto raccontare tutti i fatti suoi, eccetera. Chissà se lo fossero, impresentabili davvero: chissà. Ma a scorgere quello pseudo-stralcio di lista di impresentabili, per la parte riguardante la Puglia (l’unica spuntata fuori) non c’era per esempio un candidato dei Verdi, condannato, come abbiamo raccontato otto giorni fa. Candidato che poi si è ritirato, a causa di quella condanna. Chissà se all’Antimafia lo sapessero. Ovvero: con che criteri è stata fatta, o almeno abbozzata, questa lista degli impresentabili? Inoltre: ve ne venite, con la lista degli impresentabili, a cinque giorni dalle elezioni e poi rinviate pure la riunione, tanto da diffondere questa lista, nei programmi e se tutto va bene, proprio l’ultimo giorno di campagna elettorale? Inoltre ancora: quelli che, a partire dal presidente del Consiglio nella veste di segretario Pd, si sono affrettati a dire che gente del loro partito, nella lista degli impresentabili, non c’è, che serietà conferiscono a questo lavoro che avrebbe dovuto essere di tipo istituzionale e che si è risolto in una cosa, per qualcuno, forse, ingiusta?
Alla fine, i quattro pugliesi bollati come impresentabili finiti in quello pseudo-stralcio di lista, sono fra i meno impresentabili, in questa storia. Perché una commissione parlamentare che dà una prova del genere di sé, è ad esempio impresentabile, molto impresentabile. Ci vorrebbero dimissioni di massa ma è difficile che arrivino. E non riesce a turare la falla enorme, la comunicazione della presidente della commissione, Rosy Bindi (la cui serietà non è in discussione, ma lei è la presidente ovvero la responsabile principale) che se la prende con chi ha diramato le indiscrezioni. Nella corsa a voler vedere chi siano i delinquenti presenti nelle liste, perché oggi va di moda così, c’è stato un inciampo. Brutto. Un elemento di ulteriore mancanza di chiarezza, rispetto a un elettorato che già di voglia di votare ne ha poca (ad essere buoni). Con un’aggravante: il nome stesso della commissione, Antimafia, porta con sé la delicatezza estrema del compito di quella commissione. Altro che qualche nome esce, qualcun altro no. Ma che è questa roba.
Che poi, le regole del gioco ovvero delle candidature, sempre loro parlamentari fra cui i frequentatori dell’Antimafia, le fanno: e se le regole del gioco hanno permesso a tutti i candidati in lizza di esserci, che andate cercando a cinque giorni dal voto, con gli elenchi, i pezzi di elenchi, composti poi con quali criteri chissà? Potevate fare meglio le leggi e gli impresentabili non sarebbero stati presentati, sin dall’inizio. Adesso, invece, ci ritroviamo con un’altra bella mazzata alla credibilità del sistema politico, grazie a questo nuovo vergognoso episodio: siccome ce n’era bisogno.
Agostino Quero
La Bindi si deve dimettere.